Politica
Di Maio annuncia che il salario minimo orario sarà legge ad agosto
Di Maio e la "fase 2" del Movimento. L'impegno nel sociale
Luigi Di Maio procede come un treno nella “fase 2” che da qualche tempo è la parola d’ordine (forse suggerita da qualcuno dei suoi consiglieri) che regna tra i pentastellati.
Con questo termine si intende una fase del tutto nuova e fino a poco tempo fa imprevedibile e cioè una chiara svolta “a sinistra” del Movimento. Svolta strategica perché così facendo ottiene due obiettivi: contrasta decisamente la Lega di Matteo Salvini spostata sempre più a destra e insidia da vicino l’elettorato del Pd.
Ieri a Monterotondo, in un comizio che ha registrato un pienone oceanico, Di Maio ha detto che il salario minimo orario sarà legge entro agosto. Un tassello fondamentale questo nel proseguimento del suo pacchetto sociale a favore dei lavoratori che fa seguito al decreto dignità, al reddito di cittadinanza e a quota 100.
Tutte misure sociali che avrebbe dovuto fare il Partito democratico e colpevolmente non ha fatto. Anzi, il Jobs Act voluto strenuamente da Matteo Renzi, con l’abolizione dell’articolo 18, è andato proprio in senso inverso dando la possibilità agli imprenditori di licenziare facilmente.
I progressi fatti sul salario minimo sono frutto del tavolo tecnico convocato proprio dal ministro del Lavoro Di Maio e che vede la partecipazione fondamentale dei sindacati.
Un punto fondamentale del provvedimento riguarda la contrattazione collettiva in modo da estendere i minimi tabellari -non inferiori a 9 € l’ora-a tutti, smantellando le cosiddette gabbie salariali.
Questo metterà fine allo sfruttamento dei lavoratori da parte di datori di lavoro senza scrupoli e permetterà di innalzare la qualità della vita di chi lavora dalla mattina alla sera.
La misura del salario minimo sarà riproposta anche in Europa nella nuova formazione politica composta da 8 movimenti e che potrebbe diventare l’”ago della bilancia” per la formazione del nuovo esecutivo.
La fase 2 segna propone quindi il M5S come un valido sostituto di un Partito Democratico che negli anni ha abbandonato il proprio vasto elettorato a sé stesso.