Quando i disperati sono di serie B - Affaritaliani.it

Politica

Quando i disperati sono di serie B


Di Adriana Santacroce


Ho visto un profugo scendere da una nave della marina militare al porto di Catania. Essere numerato, schedato e poi inginocchiarsi a terra per ringraziare Dio per averlo salvato dalla guerra, dagli scafisti e dal mare. Mi sono commossa. E poi ho pensato. Da quell'esatto momento ce ne stiamo occupando noi. Come di migliaia di altri. Vanno nelle tendopoli, nei centri di accoglienza, negli alberghi. A volte vengono stipati uno accanto all'altro in camerate. I più fortunati finiscono in alberghi con lenzuola fresche e aria condizionata. Ma sempre e comunque sotto la nostra protezione. Lo Stato se ne prende cura come può. Li veste, provvede al loro viaggio, li nutre, li mette al caldo. Li accudisce. A decine di migliaia.

Per colpa di Dublino III, perché siamo in un Paese di buonisti e anche perché, ricordiamocelo, c'è chi ci guadagna. Ma tutti quegli stranieri che arrivano dal Sud del mondo vengono accolti qui, una sorta di parcheggio a colori diversi che ha in comune, in tutti i casi, la cura e l'accudimento.

Poi mi è venuta in mente la signora Maria. Che, a Milano, con un marito e quattro figli è stata sfrattata ed è finita in mezzo alla strada. Ha trovato una sistemazione temporanea per i bambini e con il marito si è trasferita in un furgone. Un camioncino giallo dove per settimane ha dormito, mangiato, pianto, perso la speranza per poi ritrovarla. Perché il Comune le diceva che la lista d'attesa per una casa era di sei-sette mesi. Sette mesi in un furgone. Poi grazie alla pressione dei Media la casa l'ha trovata. Ma quanti invece no? Ho pensato a quella pensionata che, pur venendo sbattuta fuori casa, non perdeva la sua dignità e non voleva piangere davanti all'ufficiale giudiziario. Gli occhi rossi, certo, e nulla più. O a una mamma che, invece, piangeva perché non aveva più un tetto per se e la sua bambina. O a una signora che aveva lavorato nel cinema e che ora, per la crisi, non poteva più permettersi un affitto. E finiva in strada, anche lei, tra le sue cose portate via in fretta e senza un posto sicuro dove andare. Storie da far commuovere, anche queste.

Ma l'accostamento, tra i drammi di colore diverso, sapeva di amarognolo. E ho capito il perché. Questi, gli sfrattati che ho conosciuto, come altri migliaia uguali a loro, non sono accuditi. Non c'è nessuno che li curi, che gli dia una strada da percorrere, una soluzione da cercare. Che gli dica cosa fare, dove andare, con chi parlare. Ecco. Il Comune non ha soldi. Le case non ci sono. Ma uno Stato non può abbandonare un pensionato, una mamma, una famiglia. E tutti gli altri, come loro. Non è civile un Paese dove gente che ha lavorato, a causa della crisi, rimane senza casa e non viene aiutata. Non sto parlando di assistenzialismo. Ma di percorsi di accompagnamento. Di aiuti mirati. Lo stato ci deve essere.

Non voglio fare una guerra tra poveri. O mettere il profugo contro il 'nostro' rimasto senza casa e lavoro. Ma come si fa a non pensarlo? Ci sono i nostri disperati, senza speranza. Prodotto della crisi e dell'economia che premia il più forte. E ci sono gli altri. Figli del terzo millennio, delle guerre di un continente che sta collassando. E non si può pensare a un trattamento diverso. Lo stato non può non occuparsi dei nostri. Cameron non vuole profughi in Inghilterra. La Merkel pensa di dare qualche soldo in più perché le coste vengano pattugliate meglio e poi se ne lava le mani. Ma l'ondata di disperati arriverà qui. E qui solo. Non è un'emergenza temporanea. Ma un passaggio epocale che va affrontato con i mezzi adeguati. E da tutta l'Europa. Perché non possiamo diventare noi il bacino di tutti i disperati, accolti, ma senza futuro.

La Boldrini ha detto che i profughi sono i nuovi partigiani. A parte che i partigiani restavano a combattere per il proprio Paese e non scappavano, che cosa ha voluto dire 'la' presidente della Camera? Che sono loro la nostra priorità? Che dobbiamo risolvere noi il dramma di un milione di persone pronte a partire dalla Libia? No. Lo Stato deve concentrarsi sulle vere emergenze. Noi abbiamo, solo a Milano, ventimila persone senza casa. Cominciamo da lì. Sabato era il 25 aprile, inizia Expo tra meno di una settimana. Mi sono sentita un po' in colpa a festeggiare.

@AdriSantacroce