Politica

Elezioni 2022: strategie comunicative e tic dei leader in campagna elettorale

Di Lorenzo Zacchetti

Meloni che per la prima volta parte da favorita, Berlusconi carico a pallettoni come negli anni '90, Letta impegnato nel difficile equilibrio con gli alleati...

 

 

 

 

 

 

m5s, giuseppe conte, governo, draghi
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Conte
L'ex Premier si trova di fronte a un bivio dal quale dipende il futuro politico sia suo che del Movimento Cinque Stelle. Al termine di un quadriennio davvero rocambolesco, quello che nel 2018 era il partito più votato dagli italiani ha perso la metà dei suoi deputati, tra espulsioni e fughe per vari motivi. Ed è solo l'inizio.

L'ultima emorragia è stata anche la più dolorosa, con big come Di Maio, Azzolina, Spadadora, D'Incà e Crippa che hanno dato via a una vera e propria diaspora. L'alleanza col Pd, a lungo coltivata, è tramontata per via della scelta che Conte ha compiuto sul governo Draghi, nel chiaro tentativo di ridare un'anima più barricadera al Movimento. Una sfida comunicativa complicata per l'avvocato del popolo, che dovrà – metaforicamente - togliersi cravatta e pochette per indossare giubbotto di pelle e foulard, un po' nello stile di Alessandro Di Battista.

Già, perché Dibba, Er Che Guevara de noantri, per il momento non torna, ma continua ad aleggiare nelle considerazioni sul futuro del M5S. E c'è chi lo vorrebbe candidare subito, anche in barba al regolamento (non è stato iscritto alla piattaforma negli ultimi sei mesi). A proposito di regole e ritorno alle origini, ha fatto bene Beppe Grillo a imporre il mantenimento del vincolo dei due mandati: così si sono persi alcuni pezzi grossi (Fico, Bonafede, Taverna e Crimi), ma in caso contrario sarebbe stato veramente difficile riconoscere nel M5S lo spirito delle origini.

 

 

 

 

 

Gianluigi ParagoneLapresse
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli outsider
C'è un discreto manipolo di forze politiche che non sono in Parlamento, ma che sperano di esserci dopo il 25 settembre. Tra i "cespugli", la forza più rilevante (secondo i sondaggi Swg) è Italexit, che varrebbe intorno al 3,2% (e quindi già oggi più di Italia Viva, al 2,8%). Gianluigi Paragone fa squadra con un altro (ex) giornalista: Pino Cabras e la sua  Alternativa.

Simile nel nome e nella scelta dell'accoppiata il cartello Alternativa per l'Italia, formato da Mario Adinolfi e dall'ex Casapound Simone Di Stefano con una chiara ispirazione al tedesco Alternative für Deutschland. Poi c'è Marco Cappato con la sua neonata lista Referendum & Democrazia, che invoca l'utilizzo dello Spid per vincere la sfida comune a tutti coloro che non sono già in Parlamento: raccogliere almeno 70.000 firme per potersi presentare alle elezioni.

Un compito non facile, soprattutto perché per la prima volta nella storia bisogna andarle a chiederle sotto gli ombrelloni, con l'elevato rischio di farsi mandare a quel paese.