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Politica
Elezioni 2022: strategie comunicative e tic dei leader in campagna elettorale
Enrico Letta, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Carlo Calenda: ognuno fa campagna elettorale con il proprio stile personale 

 

Calenda Carfagna Gelmini AzioneMaria Stella Gelmini, Carlo Calenda e Mara Carfagna (Lapresse)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carlo Calenda
Senza mezzi termini, pretende da Letta che metta in un angolo l'alleanza già sancita (da tempo) con il duo Fratoianni-Bonelli, sebbene Azione vanti appena un punto percentuale in più nei sondaggi rispetto a Sinistra Italiana/Europa Verde. Prima ancora, aveva avanzato l'ipotesi di una doppia leadership del centrosinistra: Letta e, ovviamente, Calenda stesso. Alla fine, l'accordo sottoscritto sul Pd è un capolavoro di negoziazione efficace, pur avendo sulla carta scarsa forza contrattuale. Da studiare nelle università.

Piaccia o meno, Carletto è fatto così. Gli va riconosciuta la coerenza: con Fratoianni ce l'ha per non aver sostenuto l'agenda Draghi e perché contrario ai rigassificatori, mentre con il M5S ce l'ha da sempre, tant'è che uscì dal Pd per non avallare l'alleanza giallorossa. Bisogna essere seri, direbbe Maurizio Crozza, che fa un'imitazione davvero esilarante dell'ex candidato sindaco a Roma (finì terzo), al quale l'autostima non fa certo difetto e che esibisce con orgoglio la sua autocertificata competenza. A voler essere cattivi, però, gli si potrebbe contestare che anche lui è stato eletto col Pd e oggi ha arruolato le ex forziste Gelmini e Carfagna. D'altra parte, omnia mutantur, nihil interit. Vale soprattutto in politica: tutto cambia, niente muore

 

Matteo RenziMatteo Renzi
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Matteo Renzi
Nel bene e nel male, Italia Viva è lui, come dimostra anche il recente cambio di simbolo. Il nome del partito si è fatto piccolo piccolo, sormontato da un'enorme R che, chissà per quale fantasia del grafico, viene presentata al contrario, come se fosse riflessa da uno specchio.

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Anche questa volta, inevitabilmente, il voto si trasformerà in un referendum (absit iniuria verbis) sul senatore fiorentino, che, un po' come Calenda, metti veti a tutto spiano, da Di Maio a Fratoianni. E alla fine si ritrova sostanzialmente solo, un po' per scelta e un po' per necessità.

È la strada giusta? Saranno i numeri a dirlo: in uno scenario del genere, non sarà facile nemmeno rientrare in Parlamento, ma Renzi ha già dimostrato di poter essere molto influente anche con uno sparuto manipolo di deputati e senatori. Quindi, non prendetelo sottogamba, perché sarebbe un grave errore.

 

 

 

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