Politica
Elezioni regionali, comunisti in campo dalle Marche alla Toscana
Intervista al segretario generale del PC Marco Rizzo
Rizzo, tra poco si riparlerà di MES, ma allora, com’è finita la partita tra Italia e Olanda?
Messa così si corre il rischio di non far capire niente a chi ci segue. Serve proprio evitare di alzare un polverone in cui le classi popolari non capiscano nulla mentre banche e multinazionali (di ogni nazione) si accordano per spartirsi il bottino. Guardiamo ai fatti e poi ai numeri. Il Recovery Fund è un fondo che si alimenterà con prestiti che l’Unione accenderà direttamente sul mercato e che poi girerà agli stati, secondo diverse proporzioni, in parte in forma di prestiti, che i singoli stati dovranno restituire direttamente, e in parte a “fondo perduto”.
Ma cosa significa “a fondo perduto”? Che non dovranno essere restituiti?
Se qualcuno si indebita è chiaro che prima o poi quei soldi vanno restituiti, cioè dovranno saltar fuori da qualche parte. Infatti i soldi a fondo perduto dovranno essere attinti dal bilancio europeo a cui i paesi contribuiscono in proporzione al proprio PIL. Non c’è nulla di diverso -in questa partita di giro- rispetto al passato, cambiano solo le proporzioni relative e solo per questo periodo. Nel passato l’Italia è stata contributrice netta, ossia ha messo nel pozzo comune più di quanto poi ha preso. Mentre altri paesi ovviamente ne hanno beneficiato. Ci si potrebbe chiedere; ma perché un meccanismo così stupido, allora? È semplice, si prendono soldi dalle tasse dei contribuenti e si concentrano in programmi che i singoli stati non avrebbero avuto la forza politica di fare, perché impastoiati nelle piccole beghe. In una parola, è il modo come il grande capitale europeo può spremere i contribuenti e investire i soldi a proprio piacimento senza dovere passare da tanti ostacoli nazionali. Più grande è la stazza della azienda, più forza ha per ottenere quello che le serve. Il capolavoro che corona questo furto sta nel far credere ai cittadini che sia l’“Europa” a regalarci questi fondi, facendo dimenticare che sono invece soldi nostri.
A questo giro sembra che all’Italia toccheranno più soldi di quanto ci ha messo, anche se ciò non è per nulla sicuro. Su il Sole 24 Ore (Confindustria) abbiamo letto che nel breve periodo l’Italia alla fine continuerà a essere un contribuente netto.
I soldi sono condizionati alla redazione di grandi (?) progetti che ogni governo dovrà presentare in autunno. Ogni paese potrà alzare un “cartellino giallo” sui progetti degli altri che poi la Commissione Europea potrà tramutare in “cartellino rosso” respingendo il progetto.
Perché i governi accettano queste condizioni?
È chiaro. Ciò consentirà di “dover” convogliare i fondi su progetti che converranno anche agli altri partner. Ovviamente tali progetti non potranno mai servire a rilanciare le piccole attività: artigianato, turismo, attività familiari; ma progetti che saranno utili alle concentrazioni monopolistiche: reti, ristrutturazioni di grandi imprese, grandi infrastrutture.
Perché banche e grande capitale vengono in “soccorso” dei paesi come Italia e Spagna?
I grandi paesi del nord hanno bisogno che il mercato italiano non tracolli. Per esempio la Germania è un grande esportatore in Italia. Se non si vendono più le auto tedesche in Italia, i consumatori italiani ci restano male, ma le aziende automobilistiche tedesche chiudono. Se il sistema delle grandi aziende che trasferiscono le sedi in Olanda tracolla, il sistema di gestione finanziaria olandese o le banche francesi perdono un cliente strategico importantissimo.
Il termometro sullo spread, ossia la differenza che si paga per il debito pubblico rispetto agli altri paesi e in particolare la Germania, è il vero punto. Nei prossimi mesi l’Italia sarà chiamata a rinnovare la cifra enorme di 500 miliardi di €, cioè molte volte di più delle cifre in ballo con il Recovery Fund. Molti assicurano che esso contribuirà a tenere basso questo spread, come sta succedendo in queste settimane, ma la preoccupazione è che nel prossimo futuro i fondi presi in prestito, accumulatisi sugli altri debiti, possano sbilanciarli e provocare un terremoto. Tutto questo quindi è frutto del fatto che il nostro Paese come tutti nell’Europa dell’euro, deve andare a soldi prestati a strozzo, invece di poter esercitare una politica indipendente dal punto di vista finanziario.
Rizzo, ma allora, se questo è il quadro, voi cosa proponete? La stessa soluzione della destra, di Salvini?
Niente affatto. Primo la destra in Italia in questi giorni si sta dividendo profondamente. Berlusconi sembra voler andare in direzione del PD e entrare in una coalizione filoeuropea, Salvini critica le scelte di Conte ma non riesce – e non potrebbe – articolare una critica efficace e si limita a parlare a vanvera dopo che nel recentissimo passato ha proferito parole di fedeltà all’Unione Europea. Meloni non pervenuta. Noi siamo l’unica e sola opposizione a questo governo, alle sue politiche, siamo gli unici che con coerenza si battono per l’uscita dall’Unione Europea e dalla NATO. Per le nazionalizzazioni che non siano buone uscite e finanziamenti miliardari ai vecchi proprietari, così come alla fine è andata la vicenda Benetton, per chi ha lasciato nell’incuria il patrimonio pubblico che gli era stato dato in concessione. Noi siamo per una politica di socializzazione dei grandi mezzi di produzione con affidamento ai lavoratori della gestione, per evitare che le nazionalizzazioni si trasformino nel solito pozzo senza fondo come la vicenda Alitalia, in cui i fondi pubblici servono solo per tappare i buchi di gestioni precedenti che hanno fatto di tutto per far vincere la concorrenza. Per soluzioni che contemperino diritto alla salute e diritto al lavoro e non operazioni squallide come la vicenda dell’ILVA di Taranto.
E quindi quale sarebbe concretamente la soluzione per voi?
Qui dobbiamo distinguere. Quello che dovrebbe fare un governo con un cambio di sistema (per cui noi lavoriamo) da quello che potrebbe fare un normale governo borghese se non volesse interpretare gli interessi degli strati più alti della borghesia monopolistica globalizzata. Cominciamo da quest’ultima. Preciso, a scanso di equivoci, che è una mera ipotesi teorica perché ad essa manca un requisito essenziale: la coesione degli interessi della classe che dovrebbe portarla avanti. Una soluzione che potremmo definire keynesiana, ma che oggi non può essere attuata non perché tecnicamente non fattibile, ma perché la borghesia europeista che ha in mano le leve del potere non ha nessun interesse a portarla avanti e del resto la piccola borghesia non ha rappresentanza politica né forza economica per metterla al centro di una politica nazionale anche perchè la sua parte più debole sta vivendo un duro processo di proletarizzazione. La soluzione sarebbe quella di basare tutto il debito pubblico sulla base del risparmio nazionale, assicurando ai risparmiatori reddito certo, basso ma sicuro al riparo dalle forti oscillazioni di mercato che i titoli pubblici possono avere a causa delle emissioni successive. I risparmi italiani accumulati nei conti correnti e che non sanno dove allocarsi equivalgono a molto di più del debito pubblico italiano. L’Italia potrebbe svincolarsi dalla morsa dei ricatti europei facendo leva sul proprio risparmio. In realtà questo risparmio è proprio quello che fa gola agli squali italiani e stranieri che vorrebbero metterci sopra le mani, non per risanare il debito italiano, ma per derubare i risparmiatori. Ripeto, soluzione meramente scolastica a causa dell’impraticabilità politica. In una parola, come diciamo noi: i margini per il riformismo, per le politiche socialdemocratiche, per lo statalismo borghese sono finiti. La grande borghesia globalizzata non lo vuole.Un esempio. Perché mai non si sarebbe potuto portare avanti la finta “guerra” ai Benetton fino alla revoca e al tracollo delle azioni (che a quel punto sarebbero potute essere acquistate a prezzi da saldo dallo stato)? Perché dietro i Benetton in cordata con loro ci sono anche forti poteri internazionali, assicurazioni, investitori finanziari internazionali. Gli intrecci sono così inestricabili che o si taglia il nodo con un colpo secco o non ci si libererà mai dai tentacoli della piovra del capitalismo globalizzato.La nostra soluzione invece è di segno totalmente opposto. Un vero e proprio rivolgimento politico ed economico. In particolare significherebbe esproprio senza indennizzo, rinnegare il debito iniquo garantendo il piccolo risparmio, impossessarsi della gestione dei grandi mezzi di produzione. I grandi capitali fuggirebbero? Glielo impediremmo in ogni modo. Dovrebbero lasciar stare qui mura, macchinari e marchi, ma soprattutto quello che fa andare avanti le aziende e cioè il lavoro che risiede nelle braccia e nelle intelligenze dei lavoratori. Poi un Italia indipendente e libera dal giogo capitalistico non avrebbe difficoltà a trovare ben altri partner nel resto del mondo.
E per concludere, con queste progettualità vi presenterete alle elezioni amministrative del 20 e 21 settembre prossimi?
Premesso che le elezioni sono per noi uno degli strumenti per cambiare i rapporti di forza nella società (e neanche il fondamentale), ci presenteremo come Partito Comunista in Toscana ,in alcune importanti città come Arezzo ed Albano e poi vediamo con interesse una situazione che si è creata nelle Marche, dove comunisti provenienti da diverse esperienze politiche hanno costruito una lista Comunista che pone al centro i temi del lavoro ed una netta opposizione all’Unione Europea e alla Nato. In quella regione noi abbiamo costituito da poco un attivo gruppo di simpatizzanti che si sono fatti anch’essi promotori di questa interessante esperienza. Noi siamo il Partito Comunista in Italia ma è chiaro se il glorioso simbolo della falce martello e stella non è nella nostra esclusiva disponibilità è anche vero che nessuno -e sottolineo nessuno- può impedire a dei comunisti di organizzarsi in una lista che può divenire un importante percorso unitario. A tal fine vorrei aggiungere che, se invitato, sarei ben disponibile a fare un comizio per dare una mano a ricostituire una presenza comunista in una regione così importante per la storia del movimento operaio in Italia. Concludo ricordando la nostra mobilitazione nazionale a Roma sabato 10 ottobre per far sentire la nostra voce tutti insieme, contro l’Unione Europea, contro la NATO e contro questo Governo schiavo della borghesia monopolistica globalizzata, nonchè contro una destra che è l’altra faccia di questa stessa medaglia.L’opposizione vera, unica, chiara fino in fondo all’intero sistema siamo solo noi: il Partito Comunista.