Politica

Europee, ufficiale: esclusa la lista "Democrazia Sovrana Popolare" di Rizzo

di Redazione

Il Tar del Lazio conferma l'esclusione della Lista "Democrazia Sovrana Popolare" dalla partecipazione alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo

Europee, il Tar conferma l'esclusione della lista Democrazia Sovrana Popolare

Resta confermata l'esclusione della Lista "Democrazia Sovrana Popolare" coordinata da Marco Rizzo dalla partecipazione alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo indette dell'8 e 9 giugno prossimi. L'ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto da Dsp per chiedere l'annullamento del "Verbale di verifica delle liste dei candidati" redatto dall'Ufficio elettorale della IV Circoscrizione-Italia Meridionale giovedì scorso.

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La ricorrente, dopo aver esposto di avere avviato da oltre un anno consultazioni politiche internazionali volte a sottoscrivere accordi elettorali utili a godere dell'esonero dall'obbligo di raccolta firme, si doleva del fatto che a fine marzo scorso è entrata in vigore una modifica della normativa riguardo i presupposti e le condizioni di candidabilità per le elezioni europee. Più precisamente, è stata soppressa la possibilità di fruire dell'esonero dalla raccolta delle firme in precedenza riconosciuto a coloro i quali avessero presentato un segno composito contenente quello di un partito di per sé esonerato in quanto in possesso di un parlamentare europeo nella legislatura in corso.

Dopo aver raccolto le firme, Dsp è stata comunque esclusa sulla base del calcolo delle sottoscrizioni, ritenute insufficienti. Il Tar ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso incentrato sulla illegittimità della disciplina "perché la parte ricorrente si limita a solo affermare di avere intrapreso accordi politici con formazioni di altri Stati dell'Unione, senza alcuna allegazione circostanziata, né tantomeno prova, dell'avvenuto raggiungimento di tali accordi".

Quanto al secondo articolato motivo di ricorso (incentrato sulla ritenuta irragionevolezza della disciplina) "La censura è manifestamente infondata perché, in primo luogo, la tesi secondo la quale il legislatore avrebbe dovuto operare una riduzione delle firme richieste in maniera proporzionale al tempo reso disponibile per la loro raccolta dalla tempistica della modifica legislativa, implica con ogni evidenza un giudizio di opportunità politica appartenente in tutto alla discrezionalità del legislatore".