Politica

Fedez in politica, pesca tra i voti Cinque stelle e spaventa Di Battista

di Paola Alagia

Fedez in politica, quanto varrebbe un suo partito? A chi toglierebbe voti? L’opinione di Vento, Gigliuto, Mannheimer e Pessato

Fedez in politica, l’idea fa discutere e i sondaggisti scaldano i motori

Magari quella di Fedez è soltanto un’abile operazione di marketing. Chi lo sa. Potrebbe invece essere anche un primo passo verso una discesa in politica. Sta di fatto che la notizia dell’acquisizione del dominio fedezelezioni2023.it da parte della società del noto rapper milanese fa discutere e desta curiosità. Non solo tra gli attuali attori politici che, in forme e modi diversi, in questi anni hanno già avuto a che fare con il famoso influencer o ospitandolo sul palco di proprie iniziative – è il caso del Movimento cinque stelle – o scontrandosi con lui, come è accaduto con il leader della Lega Matteo Salvini. L’operazione dell’artista meneghino intriga pure gli esperti di sondaggi. A cominciare da Pietro Vento. Il direttore dell’Istituto Demopolis, raggiunto da Affaritaliani, dice subito che “sarà interessante da testare per vedere le reazioni dell’opinione pubblica anche rispetto a quella che ancora è solo un’ipotesi vaga”. Vento non si sbilancia al momento, per esempio, rispetto all’effetto che un’eventuale iniziativa politica di Fedez potrebbe avere sull’astensionismo, sempre molto alto nel nostro Paese: “E’ troppo presto. Di sicuro, però, andrebbe misurato tra le fasce giovanili, che poi, sono quelle più soggette all’astensione”. E’ prudente pure Livio Gigliuto, vicepresidente dell’Istituto Piepoli: “E’ molto difficile dare un peso a questa offerta che al momento non sappiamo neanche se esista”, dice al nostro giornale. Per poi spiegare: “In generale, quando nasce un’idea e la si propone all’opinione pubblica quest’ultima esprime sempre un certo gradimento. Però, poi, bisogna andare a votare e la capacità di trasformare quel consenso dichiarato in un voto nelle urne è complicato. C’è sempre un tasso di caduta molto importante: succede sempre che si parta alti e in seguito si cali. Lo abbiamo visto, ad esempio, con il partito di Mario Monti o con quello di Matteo Renzi”.

Un’iniziativa politica targata Fedez quali elettori potrebbe sedurre? In pole position ci sono i giovani

Secondo Gigliuto, comunque, “la vera domanda che dovremmo porci non è quanti voti può prendere Fedez, non conoscendo al momento le sue reali intenzioni”. Bensì “perché nasce un’ipotesi del genere”. Su tale aspetto, l’esperto una sua idea ce l’ha: “L’offerta di Fedez può diventare seduttiva in quella parte di elettorato che attualmente non va al voto, soprattutto presso i giovani. Il valore non lo conosciamo, ma è un target, come dimostrano le recenti elezioni amministrative, sul quale la politica sta mostrando dei limiti, fatica anche solo a parlare con loro”.

Dibba versus Fedez, una bella sfida

Pure per il sondaggista e sociologo Renato Mannheimer, se il famoso cantante decidesse di scendere in campo pescherebbe nella sacca dell’astensionismo. Un po’ tra i delusi di tutti i partiti, ma soprattutto tra quelli del Movimento cinque stelle: “Premesso che è difficile al momento ‘pesare’ il valore politico di Fedez perché molto dipende da cosa deciderà di fare, quello che possiamo dire è che in questi anni ha cavalcato dei contenuti politici semplici, popolari, anche populisti. Un po’ sul genere del primo M5s. E questo bacino di elettori, delusi dai Cinque stelle diventati governativi, che adesso si astiene - spiega ad Affaritaliani -  è sul mercato. Potenzialmente, dunque, una quota significativa potrebbe votarlo”.
Può rivelarsi un elemento di disturbo, ad esempio, per Alessandro Di Battista, qualora anche lui lanciasse una nuova iniziativa politica? “Sì. E credo che avrebbe più successo di Di Battista perché - argomenta Mannheimer - è più comunicativo dell’esponente pentastellato e sa lanciare gli slogan giusti. Da un punto di vista tecnico, Fedez è bravo. Sul piano della conquista dei consensi potrebbe avere un buon successo.  Altra cosa, poi, è governare. E l’abbiamo visto con i Cinque stelle, tanto bravi a protestare”.

Per Gigliuti, invece, soprattutto guardano agli under 34, “non è scontato che sarebbero monoliticamente appassionati all’offerta politica del rapper”. Lui e Di Battista potrebbero incarnare due offerte diverse. Non solo, ma Dibba “ha un forte legame con la base del Movimento che non è detto sia giovanile. Il suo target è meno generazionale, si caratterizza per un atteggiamento alternativo al sistema tradizionale”. Tirando le somme, “Fedez divide più da un punto di vista dell’età, mentre Di Battista divide di più per orientamento politico”.

Tornando all’astensionismo, come evidenzia Maurizio Pessato, vicepresidente di Swg, c’è da considerare inoltre quanto sia variegata quest’area: “Al suo interno c’è di tutto. C’è la non fiducia, per esempio. E c’è una parte di elettorato che è più tradizionalista e che magari vivrebbe come un colpo di teatro” un’iniziativa targata Fedez. Per il numero due di Swg, comunque, al momento “è impossibile” calcolare il peso specifico del rapper: “Sono tante le varianti e non sappiamo bene cosa voglia fare. Potrebbe voler continuare ad essere un influencer e quindi presente nel dibattito, ma non come candidato”. E se invece si candidasse? “In tal caso, per prima cosa dovrà chiarire in quale campo si colloca, se in un’area più conservatrice o, ipotesi plausibile, in una più progressista. Tuttavia, c’è un altro elemento di fondo che non sempre viene valutato: è vero che siamo nell’era delle leadership, ma nessun leader da solo, incluso Fedez, è sufficiente. Soprattutto a livello nazionale, occorre avere alle spalle una forza credibile, servono le ‘truppe’”.

Da non sottovalutare infine la forte disillusione degli elettori che negli anni hanno fatto incetta di promesse non mantenute. Un handicap che eventualmente l’influencer potrebbe scontare. Secondo Gigliuto, “è una dinamica possibile” ed è legata alla nascita continua di offerte politiche: “Più volte accade e meno ci si crede.  Ogni nuovo movimento, in qualche modo, dopo qualche anno finisce col non riuscire ad accontentare del tutto la propria base, missione ancor più difficile se si presenta con una visione rivoluzionaria”. Ecco che allora “l’opinione pubblica tende a credere un po’ meno a messaggi eccessivamente dirompenti. Del resto, anche questo è alla base del grande successo di consenso del governo Draghi”.  Comunque, si tratta di un fenomeno diffuso maggiormente tra i giovani: “In questi anni - conclude l’esperto dell’Istituto Piepoli - abbiamo notato proprio come siano molto disillusi non rispetto alla politica, ma in generale rispetto alle cose del mondo. Sono molto concreti e realisti, soprattutto la generazione Zeta, che è meno idealista delle precedenti”.