Politica
Fratelli d’Italia mette radici a Bruxelles. Così l'Italia di Meloni lavora alla svolta verso destra della Commissione europea
Ue, il racconto esclusivo dell'evento del partito della premier
Fratelli d’Italia si organizza e mette radici a Bruxelles. Hotel Thon, a due passi dal Parlamento europeo. Risuona l’inno di Mameli, circostanza piuttosto irrituale nella bolla bruxellese; un presepe artigianale della tradizione napoletana si appoggia su una bandiera tricolore. Di fronte, trecento e più partecipanti in rappresentanza del “sistema Italia” di stanza in Europa. Associazioni di categoria, aziende italiane, lobbisti italiani di associazioni o aziende europee e internazionali, funzionari delle istituzioni comunitarie… tutti chiamati a raccolta per ascoltare contenuti e programmi per una “via italiana per una nuova Europa”.
Non uno dei tanti aperitivi pre-natalizi per addetti ai lavori ma una vera e propria prova di forza politica. Così l’aveva pensata il capodelegazione meloniano a Bruxelles, Carlo Fidanza, e così è stata percepita dai partecipanti. Un appuntamento fissato non a caso al termine del percorso che ha portato all’insediamento della nuova Commissione europea con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo.
“Una scommessa vinta da Giorgia Meloni”, la definisce con orgoglio Fidanza ad Affaritaliani.it. “Un risultato straordinario, che non era scontato all’inizio di questo percorso, e che abbiamo perseguito con grande determinazione”, rimarca proprio Meloni, intervenuta all’evento con un video saluto. E proprio Fitto sarebbe dovuto essere l’ospite a sorpresa della serata, ma gli incontri romani con il presidente Mattarella e la premier Meloni ne hanno resa impossibile la partecipazione.
“Poco male, ci sarà tempo”, sembra dire sornione Fidanza mentre rivendica con orgoglio i numeri di FdI in questa nuova legislatura e snocciola i punti programmatici della “via italiana”: ripensare il Green Deal, sostenere la competitività delle imprese italiane ed europee, continuare a contrastare l’immigrazione irregolare, modernizzare le politiche di coesione, sostenere famiglia e natalità.
E soprattutto l’idea di non giocare più di rimessa, nella mera difesa dell’Italia e del governo Meloni dagli attacchi esterni, ma utilizzare le aule ovattate di Bruxelles per dare visibilità alle buone pratiche e al buon governo di Giorgia. Certo i problemi non mancano, nei capannelli si discute delle possibili difficoltà che l’Italia avrà nel rapportarsi con il gabinetto della potente vicepresidente spagnola Teresa Ribera, che per contrapposizione ideologica col governo Meloni non ha voluto italiani in squadra. Scosse di assestamento inevitabili a cui bisognerà “trovare soluzioni”, nuovo mantra del sovranismo pragmatico meloniano. Un menu che sembra non dispiacere ai portatori di interesse italiani presenti, le cui aziende lamentano in coro gli eccessi ideologici della scorsa legislatura e si augurano un cambio di passo.
“L’Italia ha il governo più stabile. Qui danno l’impressione di voler fare sul serio, al contrario di altri nel passato. Stiamo a vedere”, è un po’ questo il commento prevalente tra i lobbisti italiani piacevolmente incuriositi. In fondo, a quelle latitudini, a destra non si era mai visto nulla di simile. E basta guardarli i ventiquattro eurodeputati meloniani mentre sfilano uno a uno sul palco: compatti, affiatati, uniti nel nome della loro leader, ma anche consapevoli delle responsabilità e delle aspettative. Del resto, fa notare il Co-Presidente del gruppo ECR Nicola Procaccini, “il quadro politico è profondamente mutato e i Conservatori europei, di cui FdI è il perno, sono pronti a giocare da protagonisti”.
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