Politica
Governo e Coronavirus. E' l'ora del premier-leader. Conte "balla da solo"?
Sotto i duri colpi dei primi nove mesi dell’emergenza Covid l’Italia arranca, in crisi sanitaria, economica, sociale, politica. Non è vero, come si dice, che anche stavolta la classe politica è lo specchio del Paese. Perché, al di là di frange minoritarie ideologizzate, incoscienti e/o ottuse, più o meno strumentalizzate, gli italiani, pagando prezzi altissimi, nella stragrande maggioranza hanno retto e reggono l’urto dello tsunami della pandemia con senso di responsabilità e grande dignità: mordono il freno, stringono la cinta all’ultimo buco, provano in tutti i modi a rimboccarsi le maniche.
Gli italiani sono il vero capitale della nazione. L’opposto della politica, miope come mai prima e animata da esigenze particolaristiche, per regolare conti dentro i partiti e fra i partiti, per mantenere o conquistare potere. Perdurando l’emergenza, senza una svolta politica, che spetta per primo al governo dare, il Paese ripiegherà su se stesso e aumenteranno le divisioni: sempre più indignati da una parte e sempre più rassegnati dall’altra, con rischi per la stessa stabilità democratica. Serve, innanzi tutto, una “operazione verità” dicendo forte e chiaro (in modo più forte e più chiaro di quanto è stato fatto in questi mesi) che dalla pandemia non si uscirà in modo indolore e che niente sarà più come prima.
Operazione di verità difficile, impossibile con questa politica congelata,tesa a mantenere le posizioni. Non basta certo il pur positivo voto unitario in Parlamento sullo scostamento di bilancio per dimostrare il cambio di passo, addirittura la svolta, nei rapporti fra governo e opposizione. Una scelta “dovuta” imposta dall’emergenza, intesa dai più – in primis da Berlusconi – non come il primo passo per nuove convergenze fino a un esecutivo di “larghe intese” bensì come tasselli per tatticismi e manovre di palazzo ad usum Delphini. Di fatto,un atto utile al premier Conte per dimostrare apertura e tirare avanti comunque, con il rischio che il governo sprofondi nel pantano, sempre più debole e privo di spinta propulsiva, condannato all’agonia e – mai dire mai! – a saltare, magari per un incidente di percorso. Così, la premiership di Conte rischia di consumarsi come una candela lasciando il governo in fibrillazione e il Paese in apnea. Non tocca al premier perdersi nelle giravolte dei colori – rosso, giallo, arancione - delle regioni rimpallandosi responsabilità con i governatori-rais o seguire quotidianamente la curva dei contagi parlandone in tv, idem per il conteggio attorno ai tavoli del cenone di Natale prossimo venturo o per le vacanze sugli sci diventati “affare di Stato”. A Palazzo Chigi non serve uno speaker vanitoso e bulimico di videopparizioni. All’Italia serve un leader politico capace di affrontare l’emergenza considerata non come punizione divina ma come occasione di svolta per ripensare il Paese, una sfida per rimetterlo in corsa, su vie nuove. Così come è stato nel ’48 e nella fase della ricostruzione del dopoguerra con De Gasperi, così come è oggi in Germania con Angela Merkel e in Francia con Emmanuel Macron, capaci – non senza limiti e contraddizioni – di parlare forte e chiaro sul presente del dramma indicando una via d’uscita, prospettando un domani, mettendo tutti ai remi. Così Merkel e Macron travalicano i rispettivi confini nazionali imponendosi come leader europei e internazionali. Così Germania e Francia, da locomotive, trainano e guidano il treno Europa, dove l’Italia rischia di diventare l’ultimo traballante vagoncino.
Il Covid continua ad aggredire e non se ne andrà a breve, con un “amen”, farà ancora gravi danni, specie se il governo procede a zig-zag, con superficialità, supponenza, arroganza. E’ l’ora delle grandi responsabilità: le scelte immediate vanno prese con uno sguardo lungo, dentro una strategia che se c’è, è ora che tutti gli italiani sappiano qual è.
Anche per Conte è l’ultimo treno. Per quel Conte che “balla da solo”, con Pd e 5Stelle senza identità e leadership, per lo più zavorre legate alla ingannevole logica paternalistica dello stato piovra e assistenziale. E con le opposizioni di destra tenute insieme col cerotto che – al di là dei bla-bla quotidiani – non hanno nessuna voglia di sporcarsi le mani nel pieno della bufera. In questo quadro, non servono patti, tanto meno patti pasticciati pensati e gestiti dentro il palazzo. Tirate le somme, la risorsa politica resta Conte: l’unica per adesso, forte anche di una significativa legittimazione europea e mondiale.
Tocca a lui, liberandosi dei lacci e lacciuoli della sua maggioranza, volare da solo rivolgendosi direttamente agli italiani, ridisegnando un Paese “nuovo”, non assistenzialista, un Paese più giusto se produce meglio e di più, se sa investire sul capitale umano, sui giovani, sulla formazione, sul nuovo. Pd e 5Stelle, ob torto collo, non possono far altro che prendere atto e dire “obbedisco!”: la fine di Conte sarebbe anche la loro fine. Il tempo sta per scadere. Anzi è scaduto.