Governo, Giuseppe Valditara: "Contrastare il globalismo con il sovranismo"
La rivoluzione delle elezioni del 4 marzo 2018: Affaritaliani intervista Giuseppe Valditara, autore del libro “Sovranismo, una speranza per la democrazia”.
Abbiamo intervistato per Affaritaliani.it il professor Giuseppe Valditara, ordinario di diritto privato romano presso l’Università degli Studi di Torino, da tempo uno degli intellettuali più eminenti vicini alla Lega e a Salvini, su temi estremamente attuali alla luce della vittoria giallo-verde dello scorso 4 marzo. Dal sovranismo, al globalismo, dall’identità nazionale a come ora l’Europa vede l’Italia, a quello che può fare il nuovo governo e al ruolo dell’intellettuale nell’interpretare e gestire il “politicamente scorretto”.
D: Lei ha da poco pubblicato un libro: “Sovranismo, una speranza per la democrazia”. Come sono collegati i concetti di “sovranismo” e quello di “democrazia”?
R: Oggi è in crisi la sovranità popolare e questo comporta una crisi della democrazia. In altre parole la volontà dei cittadini conta sempre di meno.Si pensi ad esempio alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea che tende a imporsi sulle leggi nazionali dialogando direttamente con i tribunali nazionali e mettendo in secondo piano persino le corti costituzionali, giungendo ad invitare i tribunali ordinari a disapplicare leggi votate dai Parlamenti. Un esempio? La celebre sentenza El Dridi che impose ai tribunali italiani di non applicare la legge italiana che prevedeva il carcere per i clandestini che non avessero ubbidito ai provvedimenti di espulsione legittimamente presi dalle autorità nazionali. Le istituzioni europee, ancorché non adeguatamente rappresentative, come il Consiglio dell'Unione, emanano direttive o regolamenti che incidono sulla vita di ciascuno di noi e che i Parlamenti non possono disapplicare. Il paventato Ministro del Tesoro europeo con poteri sostitutivi a quelli di Governi e Parlamenti costituirebbe il commissariamento della democrazia. Il Meccanismo Europeo di Stabilità prevede decisioni obbligatorie per tutti gli Stati, tranne a onor del vero per la Germania, la cui Corte costituzionale ha salvaguardato la sovranità tedesca. Anche la giurisprudenza italiana tende peraltro a sostituirsi al legislatore proclamandosi autonoma fonte del diritto, come ha fatto per esempio la Cassazione in una nota sentenza del 2009. Giganteschi fondi di investimento decidono le sorti di governi liberamente eletti. Il ruolo di istituzioni come l'Onu o lo stesso WTO è andato ben al di là degli scopi originari e incide sempre più sulle scelte dei singoli governi.Dobbiamo innanzitutto recuperare lo spirito e la lettera del primo articolo della Costituzione italiana in cui si dice che la sovranità appartiene al popolo.Nel mio libro analizzo appunto la possibilità che il sovranismo “salvi” la democrazia facendo recuperare il valore della volontà popolare. Indico anche, al riguardo, proposte e riforme concrete.
D: Ha fatto molto scalpore una dichiarazione di qualche giorno fa del finanziere George Soros su Matteo Salvini che sarebbe, a suo dire, “al soldo di Mosca”. Lei che ne pensa?
R: Penso che si tratti di inammissibili ingerenze nella politica di una nazione sovrana da parte di chi, come Soros, finanzia le Ong che contribuiscono alla "invasione" dell'Europa e finanzia uomini politici italiani non certo per difendere gli interessi nazionali.Persino Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, uomo politico a cui importa la sovranità del suo Paese, ha accusato il finanziere di voler destabilizzare Israele.Soros rappresenta la quint'essenza del globalismo mondialista. È il globalismo caro alla finanza speculativa, che teorizza una “società liquida”, in cui ad un popolo di produttori si è sostituito un popolo di consumatori, come ben analizzava il sociologo Zygmunt Bauman e di cui parlo nel mio libro. Una società di consumatori è una società che presuppone l'indebolimento dei centri che possono opporre una "resistenza" ragionata ai messaggi spersonalizzanti, da qui l'attacco ai valori identitari, l'esaltazione dell'individualismo e la crisi della famiglia.Il globalismo e la sinistra hanno utilizzato la “mitologia dei diritti umani” per travolgere gli Stati.Intendiamoci, la lotta a favore dei diritti umani è stata non solo sacrosanta, ma necessaria, all'indomani della seconda guerra mondiale e dei drammatici totalitarismi del '900. Poi vi è stata tuttavia una deriva che ha portato ad una iperfetazione dei diritti umani, ad una ideologizzazione dei diritti umani.In nome di questa "mitologia" si è arrivati a proporre addirittura un “diritto umano ad immigrare”, ma così facendo salterebbero gli Stati, si negherebbe legittimità ai confini e ancora una volta si indebolirebbe la sovranità dei popoli.
D: Sui termini c’è spesso confusione. C’è differenza tra globalizzazione e globalismo?
R: Certamente. La globalizzazione è un fenomeno oggettivo, determinato dalla tecnologia, è un fenomeno "economico". La globalizzazione è come la rivoluzione industriale causata da telaio meccanico e macchina a vapore. Internet ci mette nella possibilità pratica di spostare, ad esempio, grandi quantità di denaro con un solo clic, ha reso immateriale il denaro, ha reso interdipendenti le economie. La globalizzazione è un fenomeno che non può essere fermato, non si può tornare indietro a scenari novecenteschi, faremmo come i luddisti duecento anni fa. Diverso è invece il globalismo che è una visione ideologica, fondata su astrazioni e speculazioni concettuali, che dimentica i bisogni concreti dei cittadini, che rifugge dal realismo e dalla concretezza.
D: Lei ha scritto che non hanno più senso le tradizionali distinzioni destra-sinistra.
R: La sinistra è nata per difendere operai e contadini contro lo sfruttamento del Capitale. Ora la sinistra ha sposato le istanze del grande Capitale finanziario, dei grandi gruppi oligopolistici, delle grandi istituzioni internazionali che amano leges mercatoriae sovrannazionali, dettate alla lettera dai detentori di grandi interessi, a danno della sovranità dei Parlamenti e degli interessi minuti dei cittadini e dei piccoli e medi produttori. Non è un caso che i partiti "sovranisti" vincano nelle periferie e i partiti di sinistra lib lab vincano nei centri storici. Oggi i ceti popolari così come la piccola borghesia sono difesi dai partiti sovranisti non dai partiti di sinistra.
D: Quanto l’Europa ha paura di questo governo giallo-verde?
R: La Ue sta facendo aperture importanti, direi che dopo aver cercato in diversi modi di opporsi a questa nuova maggioranza sta scendendo a "più miti consigli". Per anni ha considerato l’Italia un terreno di conquista perché c’era una classe politica che andava a genuflettersi a Bruxelles per assecondare, per compiacere interessi che non erano gli interessi nazionali, come nel caso del governo Renzi e dello stesso governo Gentiloni. Non si sono tutelati gli interessi della nostra produzione nazionale sul made in, non si sono tutelati gli interessi dei nostri agricoltori, si è stati arrendevoli ed impotenti sulla gestione dei fenomeni migratori. Invece è bastato che Salvini facesse la voce grossa sull’immigrazione che la Merkel ha fatto subito dichiarazioni oneste riconoscendo che l’Italia è stata lasciata sola nei confronti del problema e che molto deve essere rivisto per difendere i confini dei Paesi europei.
D: L’attuale governo che si è da poco costituito può portare veramente ad un cambiamento epocale?
R: Il 4 marzo non c’è stato solo un voto politico, ma è cambiato un intero mondo. Questa data è per l’Italia uguale per importanza storica e politica a quello che è stato il 1989 con la caduta del Muro di Berlino per i Paesi dell'est. Si apre un mondo nuovo, si avvia una navigazione dagli esiti ancora in parte sconosciuti, ma in cui vi è una nuova attenzione al realismo, agli interessi concreti del cittadino comune a cui poco interessa di astratti "diritti umani", ma molto interessa non imbattersi nella criminalità da strada, nel degrado, nella insicurezza. Il popolo minuto si confronta con la difficoltà a trovare un lavoro o a conservare un lavoro, con salari che sono fra i più bassi in termini reali d'Europa, con una povertà che rispetto a trenta anni fa è senz'altro più diffusa, con una società in cui le distanze in termini di ricchezza posseduta e di retribuzione percepita fra la gran parte dei cittadini e le élites si sono accresciute. Questa è la chiave di lettura del voto del 4 marzo.
D: L’immigrazione può fare abbassare la soglia dei diritti dei lavoratori?
R: Sì. È l’effetto più noto, tanto che già Carlo Marx nella sua lunga lettera del 1870 a Siegfried Meyer e August Vogt, un vero e proprio saggio sulla immigrazione irlandese, aveva denunciato gli effetti negativi della immigrazione sui salari degli operai inglesi. Diversi studi italiani, inglesi, americani che cito nel mio libro confermano questi effetti sul breve-medio periodo.
D: Quale può essere il ruolo dell’intellettuale nella gestione di questo fenomeno mondiale, cioè di quello che viene chiamato “populismo”?
R: L’intellettuale deve prendere atto dei cambiamenti della società, possibilmente anticiparli e offrire gli strumenti per governarli. Non è un intellettuale serio chi si comporta come quei giapponesi nella giungla dopo il 1945. Non deve vivere nemmeno sulle nuvole. Dobbiamo rispondere coerentemente all’esigenza di cambiamento. Intellettuali sono innanzitutto i docenti universitari, i ricercatori, i tecnici della conoscenza che devono dare risposte coerenti e coraggiose alla richiesta di cambiamento che c’è stata il 4 marzo. Senza questo contributo c'è il rischio che tutto resti come prima.L’intellettuale deve dare alta dignità culturale, e spessore programmatico al “politicamente scorretto”.