Politica
Governo, “Il rimpasto si fa in 48-72 ore. La maggioranza rimane questa”
Federico Fornaro di Liberi e uguali ad Affari: "Se la necessità è apportare dei correttivi alla squadra lo si può fare senza aprire una crisi" - L'intervista
Neppure l’Epifania è riuscita a portarsi via lo spettro della crisi. Col risultato che tutto il mondo politico, la maggioranza come l’opposizione, vive da tempo ormai in un limbo e col fiato sospeso. Cosa accadrà e come finirà? Italia viva e Matteo Renzi andranno fino in fondo o ci sarà in extremis una ricomposizione della frattura con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte? Affaritaliani.it ha interpellato in proposito Federico Fornaro, capogruppo di Liberi e uguali alla Camera: “Se si rimane sul merito delle questioni poste - ha detto al nostro giornale - credo che i passi in avanti siano riconoscibili e da riconoscere. Poi, se dietro c’è dell’altro è una questione che verificheremo e che rimane in capo a chi ha, di fatto, manifestato sfiducia nei confronti dell’attuale maggioranza”.
Fornaro, ma non pensa che questa fase di crisi annunciata si stia trascinando un po’ troppo?
Alcune domande sulle ragioni di un’apertura della crisi andrebbero fatte a chi la vuole aprire. Noi siamo dell’avviso che tale fase vada chiusa rapidamente. In merito al confronto sul Recovery, per esempio, giudichiamo positivamente i passi avanti che ci sono stati illustrati ieri dal ministro Gualtieri rispetto a una nuova versione del documento. E, quindi, confidiamo che, successivamente a un’auspicabile condivisione della maggioranza, si velocizzino i passaggi di approvazione in Consiglio dei ministri e di ascolto fattivo delle parti sociali per un rapido arrivo in Parlamento.
La sensazione, tuttavia, è che la nuova versione del Recovery non basti a Matteo Renzi. Italia viva continua ad alzare la posta con altre richieste: segno di debolezza perché la situazione gli è un po’ sfuggita di mano oppure l’ex premier, ribandendo a spron battuto che non ci saranno nuove elezioni, ha qualche asso nella manica?
In questo momento, analisti, commentatori e gli stessi protagonisti della politica si stanno interrogando su quali siano le reali intenzioni di Renzi. Credo che, con il suo stile, stia giocando l’intera partita sul presupposto che alle elezioni non si possa andare, ma credo anche che sia un presupposto fallace.
Per quale ragione?
E’ semplice: lo scenario, che sarebbe disastroso per il Paese, di una lunga campagna elettorale e di elezioni, in piena emergenza sanitaria e dentro una crisi economica molto profonda, rimane una possibilità. E Renzi deve farsene una ragione. Deve farsi una ragione soprattutto del fatto che l’unica maggioranza che c’è in questa legislatura è quella attuale.
Nessun governo tecnico è fattibile?
Le scorciatoie dei tecnici le abbiamo provate in passato. Non sempre rispondono agli obiettivi e soprattutto rischierebbero di aprire un divario tra gli elettori e il mondo politico. Sarebbe, insomma, l’ennesima certificazione del fallimento della politica.
Renzi sbaglia, secondo lei?
Noi abbiamo riconosciuto che rispetto al Recovery, dai contenuti alla governance, Renzi stesse ponendo problemi reali. Nel momento in cui vengono date delle risposte, però, continuare ad alzare l’asticella non aiuta, una crisi al buio non servirebbe al Paese, ma neanche a Renzi e ai suoi legittimi progetti politici.
Intanto, il termometro politico segnala l’impasse. Come se ne esce?
Il nostro auspicio è che prevalga il senso di responsabilità e di coesione, che si riconoscano i passi avanti fatti e che possa riprendere anche un dialogo più fattivo. Un confronto che, peraltro, sulla legge di Bilancio c’è stato pure con le opposizioni. Avendo ben chiaro cosa abbiamo davanti.
A cosa si riferisce?
Al Recovery. Che non è una sfida del governo o di Giuseppe Conte, ma di tutto il sistema Paese, se falliamo questa straordinaria occasione fallisce la politica nel suo complesso.
La soluzione migliore sarebbe parlamentarizzare la crisi?
Io continuo ad auspicare che non si apra nessuna crisi. Anche perché non sarebbe compresa dalla stragrande maggioranza degli elettori. Per tacere del messaggio negativo che verrebbe dato all’esterno. Non dimentichiamo, infatti, il segnale straordinario arrivato da Bruxelles: quasi un terzo delle risorse del Recovery vengono indirizzate all’Italia e, nel momento in cui bisogna arrivare alla stesura del piano, il nostro Paese che fa, apre una crisi di governo? Sarebbe imperdonabile. Ecco perché eviterei una contrapposizione frontale e cercherei fino all’ultimo di riportare tutto all’interno di un confronto di maggioranza, nel tentativo di risolvere e dare risposta alle questioni poste. Poi, siamo in una democrazia parlamentare ed è corretto che le crisi si aprono e chiudano in Parlamento.
Un tagliando alla squadra di governo è ormai quasi certo. L’ipotesi di un Conte ter, tuttavia, rimane una strada insidiosa. Lei che ne pensa?
Se si rivela tutti assieme la necessità di apportare dei correttivi nella squadra lo si può fare senza aprire una crisi di governo, è una questione che nel giro di 48- 72 ore si risolve, se si vuole.
Nessuna possibilità per un governo altro, insomma?
Non è che non siano possibili altre maggioranze. Noi però siamo fermi sostenitori che sia nell’attuale legislatura e sia in prospettiva occorra continuare a lavorare sul rapporto tra centrosinistra e Movimento cinque stelle. Per quanto ci riguarda, un’altra maggioranza non c’è, l’unica rimane questa. Penso, inoltre, che la situazione attuale abbia analogie con quella dell’estate 2019. Allora l’alternativa alle urne è stata, appunto, costruire un’alleanza tra Pd, M5s e la sinistra di Liberi e uguali. Poi è intervenuta la scissione nel Partito democratico e la nascita di Italia viva, ma vorrei ricordare che l’esecutivo è nato sull’asse di tre, e non quattro, forze politiche. Per Liberi e uguali era l’unica strada già del 2018, quando eravamo i soli a sostenerlo.
Se si riuscisse a sanare la frattura con Italia viva, non ritiene che il governo ne uscirebbe ammaccato o, comunque, più debole, esposto al rischio di future “minacce” da parte dei renziani?
Io penso che Renzi non possa avere interesse ad apparire come il leader del partito della fibrillazione. Dopo aver posto questioni di merito e metodo, se portasse a casa dei risultati, non vedo ragioni per riaprire, dopo poco tempo e con la stessa logica, una nuova tensione. E poi c’è anche una questione legata alla tempistica da tenere presente: siamo entrati nell’anno che prepara l’elezione del presidente della Repubblica. Da questo punto di vista, insomma, si entra in una dimensione nuova.
Secondo lei, allora, non serve, neppure un apporto, anche di riserva, di parlamentari responsabili, soprattutto al Senato, per puntellare la maggioranza di governo?
Io sto alla politica: se questa maggioranza dovesse allargarsi con altri soggetti, fermo restando, però, l’asse centrosinistra-M5s – che rimane la condizione imprescindibile -, saremmo dentro il perimetro di una democrazia parlamentare.