Politica

Governo, rimpasto ai supplementari. Orlando vicepremier, tre new entry Pd

di Paola Alagia

In attesa del finale di partita al Senato, nei Palazzi va in scena il toto-nomi. E spuntano i dem Miccoli, Bordo e Felice. Ascani verso l’Istruzione

Mentre al Senato è in corso il secondo tempo della delicata partita sulla fiducia all’esecutivo, nei Palazzi si è già proiettati ai tempi supplementari, brevi nella durata, ma al tempo stesso decisivi. E cioè al nuovo patto di legislatura e al tanto atteso e temuto rimpasto di governo. In entrambe le Camere, però, il sentire comune è che molto dipenderà anche dai consensi che arriveranno oggi dopo il discorso del premier Giuseppe Conte: “Dai 156 voti in su - raccontano ad Affariitaliani.it – è un buon viatico per lavorare a come puntellare il governo. Con 151-152 sì, invece, è chiaro che il percorso diventa molto più in salita”. Ma fatta questa premessa, proprio perché il tempo stringe, il lavoro per dare eventualmente nuova linfa all’esecutivo è in corso. Anche se, come sottolineano fonti di maggioranza, “la situazione è ancora troppo fluida. E’ presto per definire schemi e proporre soluzioni. Bisognerà, infatti, prima vedere in che modo verrà a configurarsi l’‘aiuto’ chiesto dal presidente del Consiglio. E, quindi, se con gruppi coordinati o solo con l’apporto di singoli”.

Eppure, qualcosa si muove. Come, per esempio, l’ipotesi di spacchettare i ministeri (Infrastrutture e Trasporti, Sport e Politiche giovanili e Beni culturali e Turismo), di cui Affari ha dato notizia. Tutto, comunque, dipenderà dalla piega che prenderà il rimpasto, visto che i principali alleati di governo, e cioè M5s e Pd, hanno un diverso sentire al riguardo. Se per il Movimento, infatti, la soluzione migliore sarebbe un aggiustamento chirurgico, il Pd, come spiega al nostro giornale una fonte parlamentare, “pensa che la squadra vada rafforzata nel suo complesso. In sostanza, il partito non ha lesinato critiche sul percorso seguito fino a ora e questo è un fatto che non potrà essere ignorato. Insomma, non è che si può liquidare il tutto dicendo che se alcune cose non sono venute bene è stata colpa della fatalità. Le variabili sono tante: in alcuni casi incompetenza, in altri sovraccarico di lavoro e competenze”. Tradotto, continua la fonte, “ora serve coraggio. Non è che se si incassano 161 voti, da domani si governa come se nulla fosse successo”.

E in tale ottica i ministeri del Lavoro, dell’Istruzione e dei Trasporti sono quelli maggiormente oggetto di riflessione. Per occupare la casella del Lavoro, al posto della M5s Nunzia Catalfo continua a farsi il nome dell’attuale presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci. Sebbene diverse fonti di maggioranza avanzino dubbi su tale ipotesi: “Se l’intento dovesse essere quello di togliere un esponente di Base riformista dai vertici di una delle due Camere, allora l’operazione sarebbe percepita come ostile. Si vedrà. Non è da escludere comunque che da quest’area arrivi un apporto al governo”. Proprio sul Lavoro, in effetti, c’è un altro nome “attenzionato” ed è quello di Marco Miccoli: “Soprattutto in vista della delicata partita sui licenziamenti – ragiona ad alta voce con Affari un insider - potrebbe essere una risorsa spendibile. D’altronde, nella segreteria del Partito democratico è il responsabile Lavoro”.

All’Istruzione, invece? “Una promozione del viceministro al MI Anna Ascani sarebbe la strada più indicata. Anche perché servono persone competenti e al tempo stesso che conoscano i dossier. Persone, in estrema sintesi, che entrano in ufficio e sanno già cosa fare”. Pure uno switch tra Ascani e Gaetano Manfredi, attuale ministro dell’Università, però, è un’ipotesi sul tavolo, “ma l’operazione sarebbe più complicata”. Non è del tutto accantonata, inoltre, neppure l’opzione di due vicepremier per caratterizzare ancor più politicamente il governo. Ed è in tale veste che, raccontano ad Affari, il vicesegretario dem Andrea Orlando “potrebbe trovare una giusta collocazione”. Più che in un ministero di merito, quale potrebbe essere l’Ambiente, dove pure è accreditato in queste ore: “La statura politica di Orlando è molto cresciuta – spiegano al nostro giornale –. Per cui se dovesse farsi largo l’ipotesi dei vicepremier, quel ruolo sarebbe più adatto a lui. Magari, chissà, pure con una delega al Recovery”.

Proprio sul Recovery, soprattutto alla luce dell’apporto dato anche dal responsabile Economia del Pd Emanuele Felice, il suo è un nome che sta circolando. Perché, si argomenta, “è vero che il Pd esprime il ministro dell’Economia, che tra l’altro ha tenuto i rapporti con l’Europa, ma Gualtieri non è un economista. Misiani poi è un tecnico. Perciò, se si vuole dare una svolta sul Recovery nella direzione di una rivoluzione per il Paese, allora Felice è una risorsa importante. D’altronde, nella prima bozza del Piano mancava un pezzo di visione che poi è arrivato pure grazie al suo contributo”. Nel rimettere mano alla squadra di ministri e sottosegretari, però, potrebbero esserci ulteriori new entry. E un nome che si fa, per esempio, è quello del dem Michele Bordo: “Se capicorrente come Orlando decidessero di rimanere defilati - si vocifera - magari potrebbero indicare i vice e in quel caso ci sarebbe Bordo che è vicecapogruppo alla Camera, oltre che suo braccio destro”.