Politica

Grillo-Conte, le schegge dello scontro nel M5S non toccano Draghi

Di Massimo Falcioni

Comunque finirà, lo scontro fra Grillo e Conte, darà il colpo di grazia al M5Stelle, da tempo in crisi ideologica, politica e di consensi e che già nelle elezioni amministrative del dopo estate pagherà un conto salato alle urne. Va in scena uno scontro di potere interno in un movimento-partito che in tre anni si è sfarinato dopo il cambio di alleanze di governo (prima con la Lega e poi con l Pd), incapace di una proposta politica di fronte alla pandemia e alla crisi economica, entrambe tutt’altro che superate. Mentre il M5S è chiuso nel proprio caos, fuori, già in molti Paesi europei ed extra europei, avanza la terza ondata della pandemia, o per meglio dire, la prima ondata di endemia perché le varianti del Covid sono sempre più presenti e circolano anche in Italia obbligando tutti alla convivenza con il virus, forse meno aggressivo, ma tutt’altro che sconfitto. Ciò avrà conseguenze, anche in Italia, al di là di nuovi problemi sanitari, sul piano produttivo ed economico. Le stesse riforme del governo per supportare e rendere operativo il Recovery Fund sono ancora fumose e inconsistenti, con i partiti impegnati nella spartizione del “bottino” per uso elettorale e di potere e con gli italiani convinti che questo nuovo Piano Marshall sia “gratuito”.

Nei talk-show televisivi di discute di aria fritta fingendo di non sentire quanto detto da Draghi (“si è dovuto scegliere fra recessione e depressione da Covid e l’aver portato giustamente per la prima ha portato in dote il debito. Che proseguirà. Ma che prima o poi va ripagato”) sulla falsariga di quanto già ripete da tempo Christine Lagarde. Così si scioglie come neve al sole la teoria del debito che non esiste, del denaro che si può stampare all’infinito, della ricchezza che è un furto, che lo sviluppo è un inutile orpello, che la via giusta è quella della elargizione dei “ristori”  e del reddito di cittadinanza su cui ha puntato il M5S per tentare di arginare lo smottamento politico-elettorale. In questo quadro, passata la bufera acuta della pandemia e dovendo conviverci non si sa per quanto tempo ancora, si andrà a una ristrutturazione di un mondo post globalizzato con il rischio che l’Europa, e l’Italia in particolare, paghino il conto più salato. Da qui l’esigenza di un premier e di un governo autorevoli, autonomi e decisi, di partiti responsabili e attivi, di un parlamento rappresentativo, qualificato, presente, riconosciuto dai cittadini. Grillo - al di là dello scontro burocratico-politico sul nuovo statuto, sui poteri del garante (cioè i poteri dello stesso Grillo), sulle nomine, su chi rappresenta i 5Stelle nel mondo,  sul doppio mandato, sul sostegno al governo Draghi - vuol mantenere il “suo” partito personale tornando alle origini dell’”uno vale uno”, come se la sbornia del movimento anti-partito e anti-casta non fosse passata tra gli italiani.

Conte, all’opposto, vuole chiudere con il passato, portando i 5Stelle fuori dall’ingombrante eredità e presenza del suo fondatore, da movimento a partito con un nuovo progetto politico e alleanze tutte da definire, comunque da ridisegnare. Tutto ciò – con il M5S preso dalle sue beghe interne e con il PD osservatore preoccupato di essere trascinato nel gorgo dell’alleato anche se Letta tifa Conte per una alleanza strategica Pd-5Stelle - mentre l’Italia, l’Europa e il mondo navigano nel mare in tempesta della pandemia non sconfitta e della crisi economica generale. Così, per adesso, mentre non sono pochi i partiti convinti di spartirsi l’elettorato che abbandonerà i 5Stelle perché tradito da un “partito-baraccone”, ha buon gioco Matteo Salvini che si fa principale paladino del premier Draghi. Secondo il leader leghista Draghi dovrebbe rimanere a Palazzo Chigi fino al 2024, candidato poi al ruolo di Ursula von der Leyen. Perché no? Nel match Grillo-Conte, che comunque lascerà non poche vittime sul campo pentastellato, Draghi resta spettatore interessato, ma super partes. Qualche scheggia può arrivare fino a Palazzo Chigi, ma senza danni per l’esecutivo. Oggi è Draghi e solo Draghi ad avere le chiavi del potere. Se Draghi cade, tutta l’impalcatura crolla: nel fuggi fuggi della politica, nessuno avrebbe scampo.