Politica

I cattolici e il ritorno del grande centro: il convitato di pietra del voto

Di Giuseppe Vatinno

Si potrebbe dire parafrasando del Terzo Polo l’Araba Fenice: che ci sia ciascun lo dice ove sia nessuno lo sa

L'area moderata sempre più orfana

Grande amico di Papa Paolo VI, tenne però un atteggiamento guardingo quando vestiva il doppio ruolo di cattolico e uomo delle Istituzioni, proprio perché aveva paura di essere tacciato di contaminazioni. Un po’ come fece il Partito comunista Italiano con le Brigate rosse. Eccesso di realismo? Forse. Recentemente il dibattito si è riacceso quando il politologo gesuita padre Francesco Occhetta, già consigliere comunale e giornalista professionista a Civiltà Cattolica e a Famiglia Cristiana ha dichiarato: "Il dato politico più incerto è il destino dell'area moderata, sempre più orfana di appartenenza, di rappresentanti e di riferimenti culturali. Eppure, questo bacino di consenso che ha storicamente nutrito la democrazia italiana include ancora milioni di voti provenienti in gran parte dal mondo cattolico ma anche da chi si astiene".

Le parole del gesuita (come Papa Francesco) sono state una specie di scossa elettrica che ha attraversato il Vaticano perché con Papa Francesco la linea di non ingerenza è stata abbastanza chiara: “Non voglio immischiarmi nella politica interna italiana», mentre il politologo parla espressamente di “milioni di voti” a disposizione. Posizione quella del Papa ovviamente si attesta quella del cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato del Vaticano. Ma se l’attento Parolin, per cui il Papa ha recentemente avuto parole di grande stima per la difficile trattativa dei cattolici cinesi, ha un compito istituzionale a cui tener fede diverso è il ruolo di un’altra figura fondamentale in questo dibattito, e cioè quella del cardinal Matteo Maria Zuppi, numero uno della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) e nipote del cardinal Carlo Confalonieri che dice all’Osservatore Romano: "Il mondo va da un'altra parte. Vuol dire certo che non dobbiamo omologarci o dire quello che il mondo vuole sentirsi dire ma sapere dire le verità di sempre nella cultura o nelle categorie di oggi. Questa è la sfida ed è tutt'altro che cedevolezza ma responsabilità, altrimenti ripetiamo una verità diventata dura da accettare".

E poi ancora: "Non abbiamo ancora saputo fare qualcosa di meglio di quanto proposto dalla secolarizzazione. Paolo VI e Mazzolari lo dicevano già ai loro tempi: tanti sono lontani e il problema non sono loro, siamo noi! C'è in loro una domanda, implicita, di una Chiesa più evangelica, più madre e per questo esigente e coinvolgente, che non fa la matrigna e dice: Te lo avevo detto io". Tuttavia, il vescovo di Bologna, parla ancora di dottrina, se vogliamo di catechesi e non di politica, rispettando il cordone sanitario che il Papa ha voluto stendere intorno al delicato tema. Siamo davanti ad un atteggiamento chiaramente post – conciliare e le citazioni di Paolo VI il Papa che ha chiuso il Concilio Vaticano II e di Don Primo Mazzolari che scrisse nel 1937 un importante saggio, “Lettera sulla parrocchia. Invito alla discussione”, sono rivelatrici di una spinta all’azione sociale ma senza dare indicazioni politiche. Il recente episodio del Vescovo “monsignor” Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia della Vita, che è passato per “fan dell’aborto” ha riacceso prepotentemente i riflettori del rapporto tra Chiesa e Società. Per questo le parole di Occhetta non sono passate affatto inosservate in Vaticano.