Politica
L’abolizione dell’abuso d’ufficio e la questione socratica
L'attenzione sulla abolizione dell'abuso di ufficio ha fatto trascurare le altre disposizioni innovative del Codice di Procedura Penale
Abuso d'ufficio e riforma della giustizia
L'art. 323 del Codice Penale, che prescrive e punisce il reato di “abuso di ufficio” è stato abrogato; il reato era già disciplinato dall'art. 175 del Codice Penale del 1898 (Codice Zanardelli) e confermato, con modifiche, dal Codice Penale 19.10.1930, n. 1398, G. U. 26.10.1930, n. 251 (Codice Rocco), attualmente in vigore nel suo impianto originario.
L'art. 323 del Codice Penale conteneva la norma più travagliata, tormentata e rivisitata, normativamente e giurisprudenzialmente, rispetto ai reati che prevedono condotte illecite adottate da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio; si sono succedute modifiche e integrazioni con la Legge 86/1990; con la Legge 334/1997; con il D. L. 76/2020.
L'abolizione ha suscitato varie reazioni, negative, provenienti dalla parte politica di opposizione da quella al governo della Nazione; dalle associazioni della Magistratura; e persino da qualche religioso; positive, da parte dei politici appartenenti al governo e altri che si sono associati; dalle associazioni delle categorie forensi; la “stampa” ha assunto le rispettive posizioni secondo l'orientamento “politico” che la ispira.
Per gli oppugnatori della abrogazione, vengono a mancare i presupposti e gli strumenti per indagare su fatti e reati più gravi, lasciando i cittadini scoperti di tutela verso le pubbliche amministrazioni, lasciate libere di agire impunemente.
Per i sostenitori della abolizione viene soppressa una norma evanescente e di mero “fumo”, una disposizione “in bianco” che consente alla magistratura di colmarla discrezionalmente, sostituendosi agli amministratori e suggerendo criteri con cui devono operare, effettuando una supplenza alla funzione e al procedimento amministrativo, e inibendo agli indagati l'accesso alle cariche pubbliche e vietando agli elettori la possibilità di scelte politiche.
Il senso di queste note, secondo la linea di questo Quotidiano online, non è di prendere posizione in maniera partigiana dell'una o dell'altra valutazione, ed esprime soltanto la necessità, per l'utilità sociale, della informativa che la stampa libera deve perseguire, senza “orientare” i lettori; al proposito resta da affermare soltanto, di prendere e dare atto, della abrogazione della Legge con una norma che è socraticamente Legge, senza considerare le tribolazioni politiche da cui è nata la Legge, anche perchè, ordinariamente i commenti sugli effetti della legislazione innovativa, sono più adatte alla introduzione di leggi nuove e non alla scomparsa di leggi che non sono più tali.
L'attenzione riposta sulla abolizione del reato di “abuso di ufficio” ha fatto trascurare le altre disposizioni innovative del Codice di Procedura Penale approvate dal Parlamento - delle quali si attende, dopo la sottoscrizione del Presidente della Repubblica, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – importantissime e rilevanti per una giustizia più giusta.
La nuova disciplina vieta la pubblicazione delle conversazioni captate da sistemi di intercettazione, e i dati relativi a soggetti terzi non coinvolti nelle indagini; l'informazione di garanzia, a chiarimento, per la effettiva tutela e la possibilità di allestimento della difesa, dal primo momento, dell'indagato, deve contenere la descrizione sommaria del fatto su cui sono svolte indagini; il giudice è tenuto, prima di disporre la misura cautelare in carcere, all'osservanza dell'obbligo di procedere all'interrogatorio di garanzia dell'indagato nel corso del quale potrà offrire elementi per chiarire la propria posizione; è stato introdotto, in luogo del giudice monocratico, un organo collegiale, composto da tre giudici, per adottare l'ordinanza di custodia cautelare in carcere: la collegialità è garanzia di equilibrio e imparzialità; infine le sentenze che pronunciano l'assoluzione degli imputati non possono e non devono essere più impugnate dal Pubblico Ministero, tenendo l'imputato sotto l'incubo della pendenza permanente dell'accusa e del processo in appello, e ancora più mantenere la tensione angosciante (lo stesso processo è una pena) quando l'impugnazione avviene mediante ricorso per Cassazione della sentenza assolutoria in grado di appello.
*Avvocato