Politica

Lega, Bossi e Salvini ai ferri corti. Cartellino giallo per il Senatùr

Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)

Lega, c'è chi parla di espulsione di Bossi. Ma tra i secessionisti (non solo delle valli) ha ancora un certo seguito

"Umberto è riuscito nel capolavoro di prendersi gli applausi di Cicchitto" afferma con ironia uno dei massimi esponenti del Carroccio. Ed effettivamente questa volta le parole di Bossi sono state particolarmente pesanti. Il Senatùr ha attacco a testa bassa Matteo Salvini con una veemenza mai vista prima: "Sono io che tengo alta la bandiera. Se andiamo avanti così, la Lega non si salverà. La Lega nazionale? Una roba da cogl...". Parole durissime soprattutto sul comizio a Napoli di sabato scorso: "Che cosa vai lì a fare? A portare soldi? A promettere una nuova Cassa per il Mezzogiorno? Di voti non ne prenderà. Al Sud la gente non dice: guarda come è cambiata la Lega. Dirà: guarda che casino quando viene la Lega, meglio che se ne resti lassù". Però, la Lega 'nazionale' è a livelli di consenso fino a poco prima imprevedibili. "A me pare abbastanza malridotta. Rischia di non salvarsi. Prima il Nord votava la Lega perché era il partito del Nord. La votava anche se non era d’accordo su qualche mia sortita, ma questa identità c’era. Ora, quale è?", afferma il fondatore del Carroccio.

Ufficialmente Salvini risponde ancora in modo soft ("Mi dispiace che coincidano le analisi di Bossi e di Forza Italia, ma io vado avanti per la mia strada"), dietro le quinte però monta la rabbia dei fedelissimi del segretario. Tanto che qualcuno si spinge ad affermare, ovviamente a microfono spento, "che bisognorebbe avere le palle per buttarlo fuori". In realtà è molto difficile che il fondatore della Lega venga accompagnato alla porta visto che, soprattutto nelle valli della Lombardia e del Veneto, Bossi ha ancora un certo seguito tra i duri e puri secessionisti e tra i nostalgici del sogno della Padania. Tanto che qualcuno, anche tra i colonnelli, parla di "malumori" di una fetta della base e della militanza per lo sbarco al Sud e a Napoli (e non solo nelle culle della Lega come la Bergamasca e il Varesotto).

Il timore in Via Bellerio, che praticamente è una certezza, è che dietro le "sparate" dell'Umberto ci sia Silvio Berlusconi, che - come ha scritto Affaritaliani.it - vede spesso a cena ad Arcore Bossi. Insomma, l'ex Cavaliere starebbe cercando di indebolire Salvini, che si candida alla guida del Centrodestra e premier alle prossime elezioni politiche, colpendolo dall'interno del movimento ormai ex padano. Da registrare però le affermazioni di Roberto Maroni che, almeno per ora, si allontana dal Senatùr e si riavvicina al segretario. Il Governatore lombardo ha infatti affermato: con l'allargamento della propria sfera d'influenza al centro e al sud "non perde niente la Lega, ci siamo noi a difendere il Nord. Ci siamo io, Zaia e tanti altri. La sfida è fare una Lega che va oltre i confini del nord, mantenendo però la nostra battaglia per il nord, per l'autonomia, per il federalismo. Si può fare? io dico di sì, è una bella sfida ma io dico di sì".

Parole che fanno tirare un sospiro di sollievo ai salviniani anche se resta aperto il "nodo Bossi". Le elezioni sono lontante (quasi certamente si voterà tra dodici mesi) e anche la minaccia-quasi certezza di non ricandidare il Senatùr non basta. Come si può andare avanti con il fondatore che spara un giorno sì e l'altro pure sul segretario federale? L'ipotesi allo studio sarebbe quella di un Consiglio federale - massimo organo della Lega - ad hoc per affrontare il "caso Bossi". In quell'occasione Salvini potrebbe chiedere un voto che isoli il Senatùr e che lo richiami alla fedeltà alla linea del segretario politico. Una sorta di cartellino giallo che potrebbe essere il preludio a provvedimenti anche più duri nel caso in cui Bossi dovesse continuare con gli attacchi a Salvini. Il leader leghista in questa partita interna può contare sul sostegno totale e incondizionato di Giancarlo Giorgetti, vera mente leghista in passato fedelissimo di Bossi ma oggi assolutamente al fianco del giovane leader.