Politica
Lettera a Grillo contro Di Maio?. Voci insistenti. 'Showdown' nel M5S
Che cosa accade nel Movimento dopo la votazione su Rousseau
All'indomani della votazione sulla piattaforma Rousseau che ha sconfessato la linea di Luigi Di Maio sulle elezioni regionali in Calabria e in Emilia Romagna è un proliferare di distinguo e di attacchi sempre più espliciti verso il ministro degli Esteri. Sono in molti, tra i quali una grillina della prima ora come Roberta Lombardi, a chiedere che ora gli iscritti a Rousseau votino anche su un'eventuale alleanza con il Pd il prossimo 26 gennaio. Il problema è sempre lo stesso: la leadership di Di Maio è ormai palesemente in discussione e una fetta sempre più ampia di parlamentari ha messo nel mirino il responsabile della Farnesina.
La sostanziale assenza di meccanismi di democrazia interna fa sì che il capo politico abbia tranquillamente dichiarato che gli stati generali dei 5 Stelle - dove si sarebbe dovuto fare il punto della situazione per uscire dalla crisi con una gestione più collegiale del Movimento - verranno rimandati molto probabilmente a marzo in quanto ora occorre concentrarsi sulle liste in Calabria ed Emilia Romagna e sulla campagna elettorale. In un partito normale e con una collaudata classe dirigente - fanno notare fonti pentastellate - i due processi andrebbero avanti in parallelo e invece l'accentramento di tutti i poteri su una sola persona, di fatto, rischia anche di paralizzare il processo di rinnovamento del M5S.
Nelle ultime ore circolano con sempre maggiore insistenza voci che parlano di una lettera firmata da un certo numero di deputati e senatori dei 5 Stelle che nei prossimi giorni potrebbe arrivare sul tavolo di Beppe Grillo per chiedere esplicitamente e nero su bianco la rimozione di Di Maio da capo politico del Movimento. La fronda contro il ministro degli Esteri si è ulteriormente allargata dopo la votazione su Rousseau e oltre a chi è rimasto fuori dal Conte II e governava con la Lega - da Barbara Lezzi a Danilo Toninelli, da Giulia Grillo a Mattia Fantinati - ora c'è anche un numero sempre maggiore di 'peones', i quali temono fortemente che la strategia di Di Maio porti il Pd e Nicola Zingaretti a staccare la spina all'esecutivo con la conseguenza inevitabile delle elezioni anticipate e, quindi, della loro quasi certa uscita definitiva dal Parlamento.
Ecco perché ora chiedono in molti di provare comunque a formare un'alleanza con i Dem per il 26 gennaio e a evitare di creare ulteriori tensioni nella maggioranza. La cartina di tornasole di quanto sta accadendo in casa M5S è l'incredibile empasse sull'elezione del capogruppo alla Camera, che va avanti ormai da settimane a colpi di fumate nere. Tutti i nomi usciti finora per il ruolo di presidente del gruppo a Montecitorio si iscrivono o tra i pesantemente contro Di Maio o tra i mediamente anti-Di Maio e più passano i giorni e più la situazione si ingarbuglia.
In questo quadro si attendono le mosse di Grillo, soprattutto se davvero dovesse ricevere la lettera di una parte dei parlamentari per far decadere il capo politico del Movimento. Davide Casaleggio anche lui non sa bene che fare e - spiegano fonti M5S - certamente non voleva un partito costola del Pd, ovvero quello che di fatto sono diventati i 5 Stelle soprattutto se accettassaro la richiesta che arriva in queste ora di alleanza in Calabria ed Emilia Romagna. Giuseppe Conte è sicuramente una 'creatura politica' di Grillo e Casaleggio ma in questa fase di confusione e con il Movimento lacerato e in rivolta contro Di Maio è difficile capire anche la strategia del premier.