Politica

Lucia Azzolina: "Mi batto per la scuola, anche se hanno tentato di ammazzarmi"

Di Lorenzo Zacchetti

Per la prima volta l'ex ministra parla dell'attentato subito ad Agrigento, ma anche della sua vita privata e di un amore iniziato da poco

L'intervista di affaritaliani.it a Lucia Azzolina, tra passione politica, questione di genere e rivelazioni anche sulla vita personale
 


"Amo la scuola, ma soprattutto amo gli studenti. I ricordi che mi hanno lasciato della mia esperienza didattica mi sono davvero molto cari”. Così Lucia Azzolina, 39enne deputata del Movimento Cinque Stelle, inizia a parlare con affaritaliani.it del suo libro “La vita insegna”, uscito lo scorso 18 novembre per Baldini & Castoldi. Dalla Sicilia al Piemonte, per poi trasferirsi a Roma dopo le elezioni politiche del 2018, che videro il trionfo del Movimento Cinque Stelle e il suo ingresso in Parlamento. In una legislatura decisamente ricca di colpi di scena, la nascita del Governo Conte II l'ha vista diventare prima Sottosegretaria e poi ministra dell'Istruzione, ruolo nel quale non è stata confermata dal successivo Governo Draghi. In questi cinque anni, anche a causa della pandemia è cambiato davvero tutto, ma non la sua attenzione nei confronti della scuola. Da qui inizia la lunga intervista nella quale esprime giudizi non scontati nei confronti del suo successore Patrizio Bianchi, ma anche di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. E, oltre ad analizzare il quadro politico e la corsa al Quirinale, per la prima volta parla anche della sua vita privata, compreso un amore iniziato da poco.

Onorevole Azzolina, l'allarme suscitato dalla variante Omicron riguarda in particolare le scuole e, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, c'è chi teme che dopo le vacanze di Natale le classi non riaprano nemmeno, passando direttamente alla didattica a distanza. Lei che cosa ne pensa?

“Ho fatto molte battaglie per tenere le scuole aperte, quasi da sola. Giuseppe Conte mi ha sempre sostenuta in questo, ma diciamo che era il sistema-Paese che invece credeva che le scuole andassero chiuse. Chiudere ancora le scuole non significherebbe soltanto creare problemi dal punto di vista dell'apprendimento, bensì intervenire ancora una volta brutalmente sulla socialità dei bambini. Già oggi abbiamo dei dati molto gravi rispetto a fenomeni come bulimia e anoressia. La deprivazione della socialità ha creato notevoli problemi, specialmente ai più grandi, tra cui la cosiddetta 'sindrome della capanna' (la paura di uscire da un luogo sicuro, ndr). Ne abbiamo parlato spesso con Locatelli, Miozzo e diversi psicologi: la situazione è preoccupante, quindi non credo che chiudere le scuole possa essere la soluzione”. 

E quale potrebbe essere, invece?

“Si potrebbe ad esempio garantire il metro di distanziamento, che invece dallo scorso settembre è solo raccomandato, ma non obbligatorio. E poi rimettere al loro posto tutti gli insegnanti e gli ATA che l'anno scorso servivano proprio a sdoppiare le classi, riducendo quindi il numero di alunni per classe. E poi si potrebbe fare quel tracciamento che io ho avuto grandissima difficoltà a realizzare, perché non mi venivano dietro. E' fondamentale, ma ci vuole collaborazione da parte delle Regioni. Solo pochi giorni fa ho sentito qualcuno dire che servirebbe l'intervento dell'esercito, ma qui allora stiamo rivivendo lo stesso film dell'anno scorso! Con l'esperienza che abbiamo alle spalle, credo che si sarebbe potuto fare di più. L'anno scorso era l'anno-zero e abbiamo fatto tutto dal nulla: abbiamo ricavato 40.000 aule in più, gli arredi nuovi, il personale... L'altro problema che abbiamo avuto lo scorso anno è stato quello dei trasporti, ma non mi pare di vedere grandi miglioramenti".

Proprio su affaritaliani.it abbiamo evidenziato come l'incertezza tra Bianchi e Draghi sui criteri da osservare per la dad (con un solo alunno positivo o almeno tre) abbia creato confusione e fatto arrabbiare i dirigenti scolastici. Si può dire che è stata una brutta figura del Governo?

“Secondo me il Governo Draghi su alcune cose sta facendo davvero molto bene, ma sulla scuola non altrettanto. Si è perso del tempo. Sulle regole per la dad, specifichiamo che dipende dal grado di istruzione. Draghi ha deciso che nella scuola dell'infanzia e in quella primaria si vada in dad con un caso di positività, mentre nella secondaria di primo grado ci vogliono due positivi e nella secondaria di secondo grado invece ce ne vogliono tre. Comunque sicuramente quel pasticcio sul protocollo non ha aiutato, così come non hanno aiutato le dichiarazioni roboanti dello scorso settembre, quando si era detto 'mai più dad', come se l'anno passato non avesse insegnato nulla. Si era anche detto che per la prima volta nella storia della Repubblica tutti gli insegnanti sarebbero subito stati in classe, invece sappiamo che non è andata così”. 

Appare piuttosto evidente il fatto che lei abbia una posizione critica nei confronti del suo successore al ministero dell'Istruzione...

“Non sono io a dover giudicare il ministro Bianchi, lo faranno le famiglie, gli studenti, il personale scolastico, il Paese. Io dico soltanto che nella comunicazione bisogna essere molto, molto prudenti quando si parla di scuola, perché è un sistema complesso e difficile da governare già in tempi di pace... figuriamoci in una pandemia! Tante volte mi sono chiesta il perché di certe dichiarazioni e chi le avesse suggerite, perché non era proprio pensabile dire a settembre 'mai più dad'. Significava non aver capito cosa fosse successo l'anno precedente o illudersi che fosse tutto finito. È lo stesso errore che Salvini ha commesso nell'estate dello scorso anno, quando mi accusava di voler costruire una scuola modello lager, per via del metro di distanza e delle mascherine. La mia era semplicemente la consapevolezza della presenza del virus e dei rischi che avremmo corso nel periodo autunno-inverno! E non è che quest'anno sia cambiato qualcosa. Ci sono i vaccini che stanno aiutando molto a ridurre gli ingressi nelle terapie intensive, ma secondo me l'errore relativo alla scuola è stato puntare tutto solo sui vaccini, dimenticando le altre misure di prevenzione. Conosco dirigenti scolastici che, nonostante le dichiarazioni del ministro, hanno continuato a fare la dad per uno o due giorni alla settimana”. 

Cosa pensa delle critiche dell'UE al Governo Draghi, in merito alla decisione di richiedere il tampone anche ai cittadini comunitari che entrano in Italia da vaccinati?

“Sono assolutamente d'accordo con Draghi. Noi italiani abbiamo fatto grandi sacrifici per arrivare al punto in cui siamo oggi. Le decisioni su restrizioni, Green Pass e Super Green Pass hanno provocato alcuni malumori nella popolazione, però al momento i numeri ci stanno dando ragione. Pensiamo ad esempio alla situazione dell'Inghilterra... Draghi sta proteggendo il nostro Paese, anche per non vanificare tutti gli sforzi fatti”. 

A proposito di protezione, lei da ministra è stata messa sotto scorta per aver “cercato di portare la meritocrazia” all'interno della scuola: ci spiega bene che cosa è successo?

“Il mio desiderio di fare i concorsi nelle scuole (cosa che peraltro è prevista dalla Costituzione) mi ha tirato addosso molto, molto odio. Ci sono state tante proteste da parte dei sindacati e continui attacchi furibondi anche sui social, dove i toni si sono alzati oltre misura. Ho ricevuto vari video, fatti anche da docenti, di questo tenore. Dopo una serie di situazioni di questo tipo, hanno deciso di assegnarmi la scorta”.

Perché era così importante fare i concorsi?

“Perché la scuola deve fare da ascensore sociale e i concorsi servono a garantire la giustizia sociale. Chi sta bene economicamente, anche se ha in classe un professore che non fa bene il proprio lavoro può tranquillamente pagarsi le lezioni private. Invece chi vive in famiglie più fragili sul piano socioeconomico ha bisogno di professori preparati, che vanno selezionati coi concorsi. E, guarda caso, i commenti più violenti su questa scelta arrivavano proprio da docenti. Ne va del futuro del Paese, se si pensa che la scuola abbia un ruolo centrale nella formazione dei cittadini. Se invece si pensa che non ce l'abbia, allora a scuola può insegnare chiunque, ma allora dobbiamo dircelo e farci qualche domanda”.

Nonostante la presenza della scorta, ad Agrigento nell'autunno del 2020 hanno persino cercato di ucciderla, speronando l'auto sulla quale viaggiava. Ci racconta come è successo?

“Quello di Agrigento è stato un episodio non solo sconfortante, ma davvero terribile, perché appunto provarono a buttare fuori strada la macchina sulla quale viaggiavamo. Per fortuna la scorta ha schiacciato il piede sull'acceleratore ed è riuscita a seminarli. Era un periodo nel quale si parlava tantissimo del concorso, che stava per essere espletato, e venivo addirittura accusata di tentata strage, dicendo che avremmo messo migliaia di persone nei capannoni per fare il concorso. In realtà avevamo stipulato un protocollo severissimo con il CTS, prevedendo un massimo di 10/12 persone per aula, con tutti i controlli del caso. Infatti il concorso si è svolto in piena sicurezza e questa estate, proprio grazie a questa mia scelta, i docenti sono stati assunti”. 

Come mai non ne ha mai parlato prima d'ora?

“Perché Gabrielli (allora capo della Polizia e oggi sottosegretario, ndr) mi disse chiaramente che non se ne doveva parlare, per evitare atti emulativi”.

Un attentato a un esponente politico sulla sua auto, anche se non riuscito, ci riporta ai momenti più tristi della storia della Repubblica, anche perché successo in Sicilia...

“E non lo dica a me, che oltretutto sono siciliana...”.

Oltremodo inquietante è pensare che un fatto così grave possa avvenire a seguito di decisioni riguardanti la scuola. Dobbiamo quindi pensare che anche in questo settore ci siano interessi poco leciti?

“Beh, diciamo che ci sono tanti interessi che girano intorno al mondo della scuola. E io ho toccato dei tasti che hanno mosso un po' le acque, mettiamola così. Ma volevo garantire la correttezza e la trasparenza della Pubblica Amministrazione e far sì che la scuola avesse al centro lo studente, non altro. Potrebbe sembrare scontato, ma non lo è e non lo è mai stato: agire in questa direzione ha fatto male a un po' di persone”.

Al di là di questi episodi, lei è spesso stata criticata con una virulenza che probabilmente ha a che fare anche con il suo essere donna e, se posso permettermi, di bell'aspetto. Questo per lei è stato un problema, vero?

“Sì e mi dispiace dirlo, perché una donna dovrebbe essere giudicata sulla base delle competenze che ha. Invece siamo giudicate per il colore del rossetto, insultate perché belle o anche perché brutte, come capitato anche a varie esponenti politiche. Se una donna è di bell'aspetto, inevitabilmente qualcuno si chiede come sia arrivata alla posizione che occupa, senza guardare il suo curriculum. Agli uomini questo non accade. Invece io con le critiche che ho ricevuto per il rossetto rosso, ci potrei scrivere un'enciclopedia. Per fortuna tantissime donne mi sostengono, soprattutto docenti, e quando vado nelle scuole spesso mi regalano un rossetto di tonalità scarlatta, invitandomi a non toglierlo mai: ormai è un simbolo per tante di noi”.

E quindi lei conferma che, come ha scritto nel suo libro, continuerà a mettere il rossetto rosso proprio come reazione alle critiche?

“Assolutamente sì. Mi piace e rivendico la libertà di poterlo mettere”.

Nel suo libro lei parla di questi attacchi sessisti, citando anche diversi articoli di giornale. Eppure, pochi giorni dopo l'uscita in libreria, il sito di “Libero” ha pubblicato un articolo dal titolo “Lucia Azzolina a Tagadà? Collant neri, tacchi e minigonna: look da impazzire, si ferma lo studio”. Come si è sentita?