Politica
M5S, scissione imminente. Ecco chi sta con Grillo e chi con Conte. I nomi
Molti deputati vicini all’ex premier pronti al coming out. Alla Camera ci sono i numeri per un gruppo, al Senato c’è l’ostacolo regolamenti
Per il Movimento cinque stelle, dopo le correnti, è arrivato anche il tempo della scissione. Come un partito qualsiasi. Con tante varianti in gioco che, se ci fosse un congresso, si tradurrebbero in diverse mozioni in campo. Ma così non è e così non sarà. Di tradizionale c’è solo la classica corsa ai riposizionamenti. Chi si schiera con il fondatore e chi, invece, con l’ex premier?
“Tutto, purtroppo – sintetizza ad Affaritaliani.it una fonte parlamentare M5s – si è ridotto all’opportunismo personale. Che tradotto significa potersi ritagliare un ruolo e soprattutto una ricandidatura”. “E questo lo stesso Beppe Grillo - aggiunge un altro parlamentare dietro garanzia di anonimato – lo sa bene. Quando è sceso a Roma, non a caso, ha aperto alla possibilità di rimettere in votazione la questione della deroga ai mandati. Un modo per frenare eventuali uscite che pure ha messo in conto. Oltre che la prova evidente che, in realtà, il garante aveva già deciso di divorziare da Conte”.
Insomma, il comico genovese la sua mossa l’ha fatta. Adesso, però, come confidano in molti ad Affari, “aspettiamo il prossimo passo di Conte”. Il nostro giornale è a conoscenza del fatto che il giurista pugliese già ieri ha fatto partire messaggi all’indirizzo di diversi deputati. "Nessun annuncio e nessuna mozione degli affetti", chiarisce subito un pentastellato. Proprio alla Camera, comunque, i contiani potrebbero uscire allo scoperto presto. Un “coming out” è probabile già all’assemblea di questa sera.
Escludendo i dimaiani, che a Montecitorio sono circa una trentina, l’ex inquilino di Palazzo Chigi potrebbe contare su 60-70 deputati. Insomma, ci sarebbe la certezza matematica di riuscire a fare un gruppo. Ben diversa la situazione al Senato dove paradossalmente la maggior parte dei senatori è di fede contiana ma da regolamento, senza un simbolo presentato in una precedente competizione elettorale, non possono costituire un gruppo. Con buona pace di una ormai fedelissima dell’ex premier come Paola Taverna a cui tra l’altro diversi M5s, parlando con Affari, addebitano grandi responsabilità rispetto alla piega presa dal Movimento: “E’ stata tra le prime, nei caminetti riservati, a insistere sulla necessità di superare il doppio mandato. E proprio questo nodo è rimasto il faro di tutta la sua azione”. Taverna a parte, anche l’attuale ministro Stefano Patuanelli è considerato un contiano di ferro.
Pure alla Camera, però, i big vicini all’ex premier, seppure ancora legati alla storia del Movimento, sono numerosi: si va dall’ex guardasigilli Alfonso Bonafede al ministro dei Rapporti col Parlamento Federico D’Incà. Sempre a Montecitorio, poi, ci sono parlamentari come Riccardo Ricciardi - non a caso è stato pure in predicato di diventare capogruppo M5s al posto di Davide Crippa– o Simone Valente. E che dire di Vittoria Baldino? La deputata calabrese ieri ha vergato un post molto duro su Facebook nei confronti di Grillo: “Non puoi pensare di essere esente da errori. Nessuno lo è. Nemmeno il più elevato tra gli elevati. E questa volta credo che tu, dal trono dell’altissimo, abbia fatto un grandissimo errore”. Un’altra parlamentare calabrese data vicina a Conte è l’attuale sottosegretaria Dalila Nesci.
Per due calabresi in avvicinamento all’ex presidente del Consiglio, però, se ne registra uno in direzione dell’Elevato: l’attuale presidente della commissione antimafia Nicola Morra, sebbene finito nel Misto dopo il suo no alla fiducia la governo Draghi, già si è fatto avanti e ha annunciato di volersi candidare nel direttivo. Non è da escludere, infine, un outing da parte dell’ex ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, già tra i nomi circolati per l’ormai tramontata segreteria del nuovo corso M5s.
Una cosa è certa: ad essere più in difficoltà in questo momento sono il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che per ora è tutto preso dal G20, e il presidente della Camera Roberto Fico, entrambi hanno lavorato fino all'ultimo per una ricomposizione dello strappo. “Vorrei davvero vedere se hanno il coraggio di abbandonare Grillo”, dice un Cinque stelle della prima ora che resta fedele alle origini.
Chi, intanto, ha rotto gli indugi è stato Vito Crimi, reduce da una lunga reggenza del Movimento e del più recente lavoro al fianco di Conte. In un post su Facebook, infatti, non solo dichiara di non essere d’accordo con la decisione del fondatore di indire la votazione del comitato direttivo, ma di riflettere persino sulla sua permanenza nel comitato di garanzia e nello stesso Movimento.
Proprio la votazione su Rousseau potrebbe spostare non pochi eletti verso il giurista pugliese. Non a caso, fonti vicine a Grillo interpellate dall’Adnkronos fanno sapere che "l'uso di Rousseau sarebbe limitato a un solo voto, quello per eleggere il nuovo direttivo" e che "non ci sarebbe nessun rapporto strutturale con la piattaforma di Davide Casaleggio". Sono diversi infatti ad essersi intestati una vera e propria crociata contro la piattaforma, dal dimaiano Sergio Battelli fino a Roberta Lombardi, attuale assessore nella giunta Zingaretti.
Comunque, il garante le sue cartucce da giocare le ha. E non si tratta solo degli eletti al primo mandato che avrebbero tutto da guadagnare in termini di ricandidatura dalla linea più ortodossa del fondatore. Resuscitare il direttivo, infatti, significa riaprire i giochi per tutti quegli aspiranti che già ai tempi degli Stati generali erano stati “testati”, “anche se poi tutto venne embargato – spiffera un insider pentastellato – perché i primi classificati già nel nome avrebbero significato una totale inversione a U del Movimento”. C’erano appunto Alessandro Di Battista, Dino Giarrusso, Danilo Toninelli, Antonella Laricchia. A parte Dibba, che per ora si chiama fuori, gli altri potrebbero ricandidarsi. Insieme a Morra, se riammesso, “e a Virginia Raggi che stavolta potrebbe farci un pensierino”. Una mossa da qualcuno giudicata imprudente in vista delle amministrative d’autunno.
Le comunali, appunto: se scissione sarà, daranno luogo a ripensamenti? Il dubbio è legittimo, anche solo guardando ai candidati di Roma e Napoli. Conte chi sceglierà tra la sindaca della Capitale e il suo ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri? Ma specularmente c’è da chiedersi cosa accadrà all’ombra del Maschio angioino. Qui l’ex premier sosterrà senza dubbio Gaetano Manfredi, altro ministro voluto da lui nel governo giallorosso, ma Grillo come si orienterà? “Beppe è imprevedibile. Non è da escludere neppure – dicono ad Affari - che farà un altro colpo di testa, affidando il simbolo ai ribelli che non accettano il matrimonio con il Pd”.