Politica
Max Bugani, l'ex 5 Stelle che contesta gli amici e le Parlamentarie
Ha parlato di Di Maio e Di Battista e gli hanno vietato le interviste; gli hanno dimezzato lo stipendio; è stato capo staff della Raggi con esiti disastrosi
Max Bugani, l'ex 5 Stelle col dente avvelenato
Le “parlamentarie” dei Movimento Cinque Stelle si sono appena concluse, tutto sommato con un ottimo risultato per l’attuale Capo politico. Hanno votato sulla nuova piattaforma Skyvote, in 12 ore, 50.014 dei 133.664 iscritti pari al 37,4%, contro i 39.000 votanti del 2018, ancor meno il dato del 2012. L’approvazione al listino Conte l’hanno dato 43.282 votanti, pari all’86,54%, mentre lo hanno respinto 6.372 votanti, pari al 13.46%. Un record di affluenza per le parlamentarie. Questo non ha impedito però le critiche e i distinguo di chi del Movimento ha fatto parte ed ora non più.
Ad esempio Massimo “Max” Bugani, che per anni è stato nel Movimento e socio nell’Associazione Rousseau per poi fuoriuscirne da entrambi. Da poco ha trasmigrato, armi e bagagli, in Articolo 1 di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza ed ha dichiarato che il record dei voti appartiene a Rousseau con 79.634 in otto ore dimenticando però di dire che quel dato riguardava la nascita del Conte 2 e non le parlamentarie. Quindi si confrontano due eventi completamente diversi. Nato nel 1978 a Bologna è stato il capo del Movimento felsineo. Lo si ricorda per i Vaffa Day e Grillo che in canotto “navigava” sulla folla. Presidente del gruppo consigliare in Comune, dove ha fatto due mandati, in seguito è stato vice caposegreteria di Di Maio ed infine capo staff al Comune di Roma con Virginia Raggi sindaca.
Tornato nella sua Bologna è entrato in giunta come assessore al digitale e alla trasparenza poi la fuoriuscita. Vladimiro Ferri, segretario bolognese di Articolo 1, è stato ovviamente felice ma non sono stati dello stesso avviso i coordinatori del Movimento in Emilia - Romagna Marco Croatti e Gabriele Lanzi: “Una scelta che va rispettata ma che non può essere giustificata alla luce dei recenti avvenimenti che hanno condotto all’interruzione del progetto del campo progressista esteso anche al Partito democratico”. Inoltre, i due responsabili hanno correttamente chiesto le dimissioni del transfuga: “In questo caso, l’unico vero atto di responsabilità e coerenza sarebbe quello di dimettersi, con la stessa solerzia che gli stessi hanno chiesto in passato a tutti coloro che in precedenza hanno lasciato il Movimento”.
Naturalmente il diretto interessato ha fatto –come si suol dire- orecchie da mercante e l’assessorato e il posto da consigliere se lo è tenuto ben stretto. Bugani negli ultimi anni aveva vissuto parecchie traversie nel Movimento ad iniziare dalla fuoriuscita dallo staff di Palazzo Chigi dell’allora bi-ministro e vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio. Bugani aveva dichiarato in una intervista al Fatto Quotidiano che Di Battista e appunto Di Maio “non sono alternativi ma complementari”. Come conseguenza, gli erano state vietate altre interviste ma lui aveva poi attaccato il ministro delle Infrastrutture Toninelli invocandone l’allontanamento dopo il Passante stradale di Bologna. A breve giro da Palazzo Chigi gli era arrivata la comunicazione del dimezzamento dello stipendio da 3.800 a 1.600 €, per “contenimento spese”. A quel punto, capita l’antifona, Bugani -che tiene famiglia- ha traslocato a Roma nell’ottobre del 2019, come capo staff della Sindaca Virginia Raggi con delega al digitale, ma tenendosi ben stretto il posto (e lo stipendio) di consigliere comunale a Bologna e nel contempo affermando –per coerenza- che “non sono attaccato alle poltrone”.
Certo, far bene due lavori così impegnativi è un compito praticamente sovrumano ed infatti Bugani ha fallito nel suo compito. Arrivato a Roma preceduto dal suono di potenti fanfare imperiali, nel periodo in cui è rimasto nella Capitale non ha combinato molto, anzi non lo si ricorda per alcuna iniziativa rilevante mentre molto avrebbe invece potuto fare per i cittadini romani in un campo, il digitale, in cui Roma sconta ancora un ritardo esiziale per i cittadini. Ora Bugani si dedica all’impallinamento degli ex amici dei Cinque Stelle, giocando con le cifre e la durata del voto, cercando di sminuirne l’operato. Se Giuseppe Conte dice che sono state un successo, anzi un record, lui dice che non è vero e puntualizza e distingue. Ma questa polemica sulle parlamentarie pare avere il gusto amaro della ripicca fine a sé stessa e non è certo un buon viatico per la sua nuova avventura politica.