Politica

Meno russa, trumpiana e filo Ue. Giravolta atlantista della Lega "di sistema"

Alberto Maggi e Lorenzo Lamperti

Salvini e Giorgetti confermano: la Lega è oggi un partito di sistema


'Passano gli anni ma otto son lunghi' recita la celebre canzone di Adriano Celentano 'Il ragazzo della via Gluck'. Per completare la svolta leghista a Matteo Salvini di anni ne sono bastati sei. Fine inverno del 2014, inizio della campagna elettorale per le elezioni europee, quelle che videro il trionfo di Matteo Renzi (Pd oltre il 40%) e l'inizio della risalita della nuova Lega post-Bossi e post-Maroni. Il neo-segretario Matteo Salvini girava l'Italia da Nord a Sud con il mitico BastaeuroTour spiegando con tanto di libretto che in molti conservano impolverato in qualche cassetto come l'unica speranza per l'Italia fosse uscire dalla moneta unica. E giù interviste roboanti e battagliere - molte delle quali ad Affaritaliani.it (eccone una dell'epoca: clicca qui) - per spiegare come l'euro fosse addirittura "uno strumento di morte".

Oggi, giovedì 13 febbraio, Salvini si presenta di buon ora, alle 9 del mattino, insieme al vice-segretario del Carroccio e neo-responsabile del Dipartimento Esteri di Via Bellerio, Giancarlo Giorgetti, alla stampa estera per sancire la trasformazione della Lega in un partito di sistema stabilmente inserito in quell'Unione europea che sei anni fa era "come l'Unione Sovietica" e in quell'euro "strumento di morte". La frase forse più importante è stata pronunciata dall'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio: "Ringraziamo Draghi, per avere lavorato al limite di quello che i trattati gli consentivano".

La Lega Salvini Premier, dunque, ringrazia il simbolo dell'euro e di questa Europa, Draghi, lo stesso che qualche settimana fa il Capitano non aveva escluso per il ruolo di presidente della Repubblica dopo Sergio Mattarella (uno dei tanti motivi di divisione con Giorgia Meloni). Il Carroccio abbandona così la linea di rottura totale con Bruxelles alla Nigel Farage, padre della Brexit - nessun festeggiamento lo scorso 31 gennaio per l'uscita del Regno Unito dall'Ue -, per sposare quella di una destra sicuramente critica verso l'impianto attuale dell'Unione (vedi la recente battaglia contro il Mes), che chiede qualche modifica (come fa anche Renzi), ma che non invoca più l'Italexit.

Sul piano internazionale Salvini e Giorgetti giocano a fare gli equilibristi tra Mosca e Washington, cercando di mostrarsi contemporaneamente amici della Russia e degli Stati Uniti. "Ogni volta che parlo di Russia mi aprono tre inchieste nuove. La mia posizione sulle sanzioni è quella degli ultimi anni: sono uno strumento inutile, superato. La Lega al governo lavorerà per avere buoni rapporti con una potenza come la Russia. Putin è un uomo di governo apprezzato e stimabile ma ogni volta che lo dico qualcuno in Italia sostiene che lo faccio perché mi hanno pagato", ha affermato il Capitano. Conferma la vicinanza al Cremlino ma non si straccia le vesti per Zar Vladimir.

In realtà, dopo l'elezione di Trump alla Casa Bianca, la Lega aveva pensato di poter essere l'avanguardia della storica convergenza che sembrava essere in vista tra Washington e Mosca. Una convergenza che però non è mai avvenuta, perché il Pentagono e gli apparati titolari della politica estera americana (che conservano un potere di influenza molto forte anche sullo stesso presidente) l'hanno impedita, ritenendo ancora e immutabilmente il possibile allineamento tra un'Europa a guida tedesca e la stessa Russia come il maggiore incubo geopolitico realizzabile. Ecco allora l'utilizzo, spesso esagerato, dello spauracchio neo sovietico per tenere stretta a sé la cintura dei paesi nord orientali, utili a ostacolare l'abbraccio tra Berlino e Mosca. 

La Lega, dopo essersi bruciata col caso Savoini e (parzialmente) per aver fatto parte del governo che ha aderito alla Belt and Road Initiative della Cina (rivale geopolitico numero uno di Trump), sta provando allora a recuperare posizioni. Come? Allineandosi alle posizioni statunitensi in politica estera e rendendosi protagonista di una politica estera fortemente anti cinese, almeno da quando è passata all'opposizione. Dal 5G a Hong Kong fino a Taiwan (dove Centinaio ha guidato una delegazione del Carroccio a novembre), ogni occasione è buona per mandare qualche siluro a Pechino e mandare messaggi Oltreoceano.

Ed ecco allora l'annuncio del viaggio negli Usa, anche per non lasciare a Meloni, reduce dalla trasferta negli States, il ruolo di portabandiera del trumpismo in Italia. "Stiamo organizzando un viaggio negli Usa, campagne elettorali permettendo. Ci stiamo radicando in ottica delle prossime elezioni politiche, quando ci saranno", butta lì Salvini senza aggiungere altri dettagli (anche se il suo grande sogno è quello di incontrare The Donald magari proprio durante uno degli impegni della lunga campagna elettorale per le Presidenziali di novembre).

Poi Salvini si inorgoglisce quando spiega come la nuova Lega sia un partito ormai internazionale: "Rispetto all'ultima volta in cui ci siamo visti (rivolti ai giornalisti della stampa estera, ndr), quanto a presenza negli altri Paesi del mondo, la Lega è in quattro Continenti, con più di 5 mila iscritti", ricordando che "su Israele abbiamo fatto un'iniziativa giusto il mese scorso, per l'antisionismo come odio e forma moderna di antisemitismo", confermando "estrema attenzione per l'evoluzione in corso nell'Unione eruopea, in Germania nella Cdu, il travaglio del Ppe con la nascita di governi con alleanze strane tra Popoplari e Verdi che sbilanciano a sinistra l'asse in maniera innaturale. Quanto all'Iran - osserva ancora - la Lega è allineata ai nostri naturali alleati, gli Stati Uniti".

Effettivamente, come insegnano i blitz militari di Trump in Siria contro Assad e il più recente in Iraq che ha portato all'uccisione generale iraniano Soleimani, Salvini si è sempre schierato nettamente con la Casa Bianca, nonostante da Mosca e da Putin siano arrivate critiche (non eccessivamente veementi) nei confronti delle operazioni militari statunitensi.

La conferma inequivocabile che Salvini abbia scaricato le posizioni anti-euro dei vari Alberto Bagnai e Claudio Borghi (che nel 2014 lo accompagnò nel BasteuroTour) è arrivata con parole a dir poco rassicuranti, degne quasi di un democristiano come Gianfranco Rotondi. Il segretario del Carroccio annota alla stampa estera che "a criticare l'Europa non siamo più solo noi euroscettici, ma anche Popolari e Socialisti" e rivendica che "non siamo noi ad aver fatto inversione a U (se lo dice lui...)".

Quanto alla controversa proposta dei 'mini Bot', proprio del presidente della Commissione Bilancio della Camera Borghi, Salvini li colloca ormai al passato dicendo che "erano uno strumento per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione" (da notare il tempo del verbo, erano) e soprattutto assicura che "la nostra priorità non è uscire da qualcosa ma la crescita economica. Tutti i nostri sforzi sono per il rilancio dell'economia italiana". Passano gli anni ma otto son lunghi cantava Celentano, per la Lega e Salvini ne son bastati sei per passare da euro "strumento di morte" a "grazie Draghi" e "la priorità è la crescita". Quasi quasi sembra un discorso di Merkel o Macron. Beh, quasi.