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Palazzi & potere
Papa Francesco come Trump: Bergoglio non perdona

Papa Francesco è come Trump per il numero di collaboratori che ha fatto fuori. Capi di dicastero, cardinali in sedi prestigiose, vescovi di città importanti, tutti sostituiti con volenterosi carneadi che tentano di farsi le ossa. È bastato un suo sguardo, a volte, per determinare la fine di una carriera, senza dare una spiegazione né un misericordioso conforto.

Ultimo a ritrovarsi in queste ore con la valigia in mano un grande organizzatore, scrive Luigi Bisignani sul Tempo, Monsignor Liberio Andreatta, che di valigie, a capo dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ne ha fatte preparare a milioni di fedeli in giro per i santuari di tutto il mondo. Ma così è stato anche per il Cardinal Gerhard Müller, potente capo dell’ex Sant’Uffizio, a cui non è stata neppure concessa una breve proroga, derogando così alla consolidata prassi.

Per i casi più delicati la parte dell’arbitro severo il Papa l’ha affidata al Segretario di Stato, Pietro Parolin, il quale dopo il cartellino giallo e la seconda ammonizione da cartellino rosso non perdona nessuno. Espulsione immediata. Ne sa qualcosa Maria Pia Garavaglia, già Ministro della Salute, incautamente messa a capo della Fondazione Luigi Maria Monti che controlla l’Istituto dermopatico dell’Immacolata, più noto come IDI, ammonita con una missiva di tre fitte pagine, partita il 23 aprile 2017, che è un vero capolavoro di sagacia cardinalizia.

Parolin, continua il Tempo, la ringrazia degli auguri di Pasqua ricevuti «tramite email», mettendo così plasticamente in evidenza la distanza di vedute, e poi prosegue, raffinatamente, assestando quattro puffetti purpurei in pieno volto. Inizia la reprimenda dal fatto che la gran dama della politica italiana «non ha avuto tempo di incontrare un cardinale come Donald Wuerl», prezioso consigliere del Segretario di Stato, per poi entrare, senza altri preamboli, nel merito della gestione finanziaria dell’Istituto con la richiesta di un business plan e l’esortazione a rafforzare la parte tecnica anche per la valutazione dell’offerta pervenuta dalla Farmaceutica Giuliani.

Conclude con la richiesta di essere «gentilmente consultato prima di ogni nomina rilevante». Sulla gestione finanziaria certamente avrà pesato il calo delle entrate, da 50mila euro al giorno a meno di 20 mila, avvenuto durante la guida della Garavaglia e della sua collaboratrice Claudia Sinibaldi, mortificando quanto di buono aveva fatto il cardinal Giuseppe Versaldi per rilanciare il brand.  Inoltre, non c’è ancora traccia del bilancio 2016, tanto che i revisori hanno addirittura minacciato azioni.

Scorrere le frasi del cardinale Parolin è immergersi in un mondo antico e feroce in cui lo spazio di manovra è definito. Il pensiero di Bergoglio traspare forte e chiaro al punto quattro della lettera: «Desidererei inoltre che fosse discussa la decisione circa la severa, dolorosa riduzione del personale. Il Santo Padre, a doverosa conoscenza del quale ho portato il contenuto di questa lettera, si è espresso in maniera estremamente preoccupata a riguardo, dicendo che si deve fare tutto il possibile per scongiurare l’evenienza, perché, come afferma spesso nel suo magistero, il lavoro è un diritto fondamentale che è un diritto alla dignità e non va smantellato». Donna avvisata, mezza salvata...

Ma ciò non vale nelle Sacre Mura. A metà giugno infatti alla povera Garavaglia, latitante e inadempiente, «prendendo atto della sua indisponibilità a conferire con urgenza», arriva una seconda lettera, un’opera d’arte di sintesi funzionale: «…Dopo essermi debitamente consultato ed aver lungamente riflettuto, pregato e informato il Santo Padre, sono pertanto a comunicarLe che intendo disporre, nell’interesse primario dell’Ospedale, l’avvicendamento nella carica di Presidente della Fondazione Luigi Maria Monti, con effetto immediato».

Al suo posto, senza neppure una riga di ringraziamento nel comunicato ufficiale, l’avvocato Antonio Maria Leozappa, legale di fiducia della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione a cui fa capo l’Idi. Ma da aprile ne è passata di acqua sotto i ponti e a tremare ora è Mariella Enoc, Presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, sui cui conti traballanti hanno acceso un faro i consigli di amministrazione delle principali banche italiane.

Il patrimonio finanziario che ammontava a oltre 500 milioni sembra sia ridotto al lumicino e il bilancio dovrebbe chiudersi con 100 milioni di perdite giudicate dalla Enoc, bontà sua, un modesto passivo. Dalla Segreteria di Stato sta per partire un altro «pizzino» che renderà ancora più bollente l’estate della professoressa Enoc? Requiem per la sanità cattolica.

 

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