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Palazzi & potere
Che guaio se la NATO guarda indietro anziché avanti: parla il Generale Tricarico

Il 4 maggio si è insediato a Bruxelles il generale americano Curtis Scaparroti, nuovo Comandante Supremo della NATO. Nella sua dote c’è la proposta di creare un contingente rotazionale forte di quattro battaglioni alleati (4.000 uomini circa) da schierare in Polonia e nei paesi baltici in risposta all'esibizione muscolare di Putin lungo i confini est dell'Alleanza. Questo è in sintonia con il suo predecessore, gen. Breedlove, che aveva più volte indicato la Russia come potenziale fattore di instabilità in Europa.

Se non sapessimo davvero quali e dove sono le vere minacce alla sicurezza ed alla stabilità dell'area euro-atlantica, ci sarebbe da sorridere.

È uno strano comportamento quello tenuto dagli USA negli ultimi sei o sette anni. Da un lato non perdono occasione per manifestare fin troppo esplicitamente insofferenza per l'iniqua ripartizione degli oneri nella NATO, che secondo loro graverebbe sulle spalle del contribuente statunitense in misura sproporzionata, ma dall'altro accentuano, in maniera ormai inaccettabile, le pressioni sugli alleati affinché siano strumento di una politica che odora di stantio: scenari da guerra fredda di volta in volta riproposti facendo ricorso a una posizione dominante ancora indiscussa (il Generale Tricarico da autentico e storico amico degli Usa può dire anche verità "scomode", Ndr).

Si tratta solo dell'ultima puntata di un copione che viene da lontano, una sorta di sordo richiamo della foresta in cui l'orso russo è il nemico numero uno, verso cui va non va mai abbassata la guardia. Una politica che trova orecchie particolarmente sensibili (o forse origina?) nei paesi già appartenuti all'Unione Sovietica e ancora sospettosi, quando non ostili, nei confronti del  leader  di un tempo.

In questo quadro nascono vere e proprie provocazioni, che solo per fortuna non hanno ancora innescato una vera escalation ma che hanno gravi conseguenze nel confuso, e quello sì serio, scenario internazionale.

In primo luogo, la NATO presta scarsa attenzione al terrorismo. Eppure non avevano gli USA aderito al Consiglio Nato-Russia di Pratica di Mare, istituito proprio per combattere il terrorismo? Oggi, evidentemente lontani dal 2001 non solo in senso cronologico, fanno di tutto per irritare il partner di quel consesso, partner del quale hanno disperato bisogno su altri tavoli negoziali tanto da dovervisi ultimamente rivolgere ingoiando giganteschi rospi.

Di fronte a tutto questo viene da chiedersi quale sia la politica italiana all'interno dell'Alleanza.

Il silenzio di fronte alle ultime sortite statunitensi parrebbe un assenso alla linea da essi indicata, imperniata sul rafforzamento del fianco nord-occidentale a contenimento di un Putin sempre più minaccioso. Ma davvero questa è la visione italiana? O non bisogna dire agli USA, una volta per tutte, che se vogliono dislocare loro truppe in un paese nordico impaurito e compiacente cerchino le risorse a casa propria senza mettere in mezzo la Nato? Non è l'ora di chiudere le porte a nuove candidature, soprattutto quelle che Putin percepisce come una minaccia alla sua sicurezza?

Non è giunta l'ora che la Nato cominci a pensare seriamente a irrobustire le sue capacità per battere il terrorismo, a mettersi a disposizione della comunità internazionale per frenare la follia stragista anziché far credere al mondo che il nemico sia la Russia? Salvo poi vedere il suo membro più influente, gli USA, costretto a chiedere aiuto per togliere dal fuoco le castagne più scottanti, come è già più volte successo?

Questa volta non è neppure necessaria l’ormai troppo comoda scusa dell'"Europa, se ci sei batti un colpo". Non serve una politica europea per fare inceppare il meccanismo di un'Europa del nord a influenza statunitense e di un dialogo nord-sud dell'Alleanza sempre inascoltato. Basterebbe che alla prossima ministeriale NATO un solo paese chiedesse ad alta voce di  ristabilire gli equilibri in un'Europa che, anche se disunita, non ha bisogno di condizionamenti esterni né di relegare in un angolo un paese, la Russia, con la quale vogliamo misurarci con le nostre forze, le nostre valutazioni ed i nostri interessi. È troppo sperare che l’Italia lo faccia con lo stesso vigore con cui si sta battendo per cause altrettanto importanti come l’emergenza immigrazione e gli investimenti per l’occupazione?
 

Leonardo Tricarico

*ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, già Consigliere Militare del

Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004) e attuale Presidente della Fondazione Icsa

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