Palazzi & potere

COP23, INIZIATA A BONN LA CONFERENZA MONDIALE SUL CLIMA

Ecco i numeri dell’Italia sulle emissioni di CO2, ci sono ampi margini di miglioramento

A modificare così profondamente il clima negli ultimi 70 anni è stata la mano dell’uomo. Anche la Casa Bianca sembra ormai in un certo senso ammetterlo, dopo aver dato l’ok alla pubblicazione del “Fourth National Climate Assessment”, il rapporto scientifico redatto da tredici agenzie federali Usa, incentrato sulle cause del global warming. Ma in realtà non c'è alcun dietrofront dell'amministrazione Trump: le sue posizioni restano le stesse, ovvero l'intenzione di uscire dall'accordo di Parigi, siglato due anni fa da Obama (ed entrato in vigore il 4 novembre 2016), e un ritorno al carbone. Potrebbero ora essere durissime le critiche alla delegazione americana durante la ventitreesima conferenza mondiale sul clima (COP 23) appena inaugurata a Bonn. Un anno fa entrava in vigore l'accordo di Parigi, con tanti buoni propositi, con sogni e speranze di salvare il pianeta.. ma intanto che cosa sta cambiando, concretamente, in Italia? 

Nel settore elettrico, le fonti rinnovabili hanno subito a partire dal 2014 una battuta d’arresto in termini di produzione lorda di energia a causa dello stop agli incentivi sul fotovoltaico (la produzione lorda di energia rinnovabile sui consumi finali nel 2015 è stata del 33,5%).

Sul fronte dell’energia termica si è registrato un crollo della spesa per interventi di solare termico, pompe di calore e caldaie a biomasse: nel 2015 sono state presentate domande di accesso al primo Conto Termico pari a 25 milioni di euro. L’anno precedente la richiesta di detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica era stata di 310 milioni (fonte Rapporto Annuale Efficienza Energetica, Enea – 2016).

Ma il picco negativo si raggiunge nei trasporti in cui le rinnovabili pesano appena il 6,4% (fonte Eurostat SHARES 2015 - SHort Assessment of Renewable Energy Sources). Su tutto il territorio nazionale si contano appena 2.900 colonnine di ricarica, 1.100 distributori di Gas Naturale Compresso (GNC) e pochissimi erogatori di Gas Naturale Liquefatto (GNL). Il deficit è enorme, basta pensare che il numero di distributori di benzina e gasolio supera le 20.000 unità.

Di positivo, però, c’è il fatto che sta crescendo la consapevolezza dell’emergenza clima, politica e media se ne stanno occupando molto di più. D’altro canto gli effetti dell’aumento della temperatura sono sotto gli occhi di tutti: una siccità gravissima ha segnato gli ultimi mesi con una spaventosa emergenza incendi e una carenza d'acqua impressionante: nel mese di ottobre pioggia ai minimi storici con un deficit rispetto alla media di 20 miliardi di metri cubi d’acqua, praticamente il volume dell'intero lago Maggiore. Enormi i danni all’agricoltura: la vendemmia ha fatto registrare una flessione del 26% - è la più scarsa dal dopoguerra -, la raccolta delle olive  meno 11%, con perdite stimate superiori ai due miliardi di euro.

Limitare fortemente le emissioni di CO2 è l’unica alternativa per salvarsi. Le emissioni nel pianeta non dovranno superare 42 miliardi di tonnellate l’anno, se si vuole mantenere l’innalzamento di temperatura entro i due gradi, o 36 miliardi, se si punta a non superare il grado e mezzo.

Tra gli obiettivi della COP23 c’è la revisione degli Indc (Intended nationally determined contributions), ovvero le promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra presentate a Parigi nel dicembre 2015. Bisognerà alzare l’asticella, altrimenti l’aumento della temperatura atteso nel 2100 sarà tra 2,7 e 3°C con effetti devastanti: fenomeni meteorologici estremi sempre più numerosi, progressiva desertificazione del pianeta, velocizzazione dello scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei mari. Ma ci sarà anche un boom di rifugiati ambientali: nel 2050 saranno 250 milioni, addirittura un miliardo secondo il Rapporto Lancet Countdown.

Come si presenta il nostro Paese alla COP23? Qual è il trend delle emissioni italiane di anidride carbonica?

I dati del 2016 indicano un meno 2,9% rispetto all’anno precedente (rapporto Eurostat). Una letterale boccata d’ossigeno dopo la botta del 2015, quando le emissioni di anidride carbonica (CO2) italiane erano cresciute del 3% rispetto al 2014, segnando una clamorosa marcia indietro dopo 25 anni di piccoli ma continui progressi. Rimaniamo comunque il terzo più grande "inquinatore" d’Europa, contribuendo alle emissioni dell’Unione con poco più del 10% alle spalle di Germania (22,9%) e Regno Unito (11,7%). L’Europa nel 2016 ha fatto registrare una riduzione complessiva dello 0,4% rispetto al 2015 che non lascia molto spazio all’ottimismo visto che parte della riduzione è dovuta alla delocalizzazione della produzione industriale e un’altra parte potrebbe essere legata al calo del fabbisogno energetico.  

Per centrare l’obiettivo servirebbe un cambio di passo repentino da parte di tutti. Ma le premesse non sono le migliori: le delegazioni di Cina e India fanno sapere che non accetteranno prescrizioni su cosa fare e come fare per ridurre le emissioni di carbonio. Il sospetto che della COP23 rimanga poco o nulla è fortissimo ma, c’è  ancora tempo per sperare in una svolta definitiva alla lotta contro i cambiamenti climatici. Almeno fino al 17 novembre, data in cui calerà il sipario sulla conferenza di Bonn.

Alessandro Coretti (@alecorets)