Palazzi & potere

Difesa europea: un’accelerazione con Macron

Alessandro Marrone, Responsabile di Ricerca Programma Sicurezza e Difesa dell’Istituto Affari Internazionali. Domani un convegno IAI a Torino con il ministro della Difesa Roberta Pinotti.

La presidenza di Emanuel Macron porterà probabilmente ad un’accelerazione della cooperazione europea nella difesa, dove si registra un ruolo maggiore della Commissione di Bruxelles, anche grazie a un rafforzamento dell’asse franco-tedesco.
 

Sempre più convergenza tra Francia e Germania
Macron è probabilmente il presidente francese più favorevole all’idea di un’Europa della difesa nella storia dell’Ue. Combinando questo elemento con il venire meno causa Brexit del freno britannico e con un ruolo sempre maggiore della Germania nella sicurezza del Vecchio Continente - chiunque vinca le elezioni politiche tedesche il prossimo settembre - si ha un quadro politico (e geopolitico) inedito per l’Unione. Un quadro positivo che potrebbe dare slancio e concretezza a progetti di cooperazione e integrazione da tempo discussi nelle istituzioni europee e nelle capitali.

Francia e Germania hanno certamente visioni in parte diverse sulla difesa europea. Tuttavia negli ultimi anni è aumentata la convergenza tra i due Paesi; e probabilmente aumenterà ancora di più con un presidente francese che già in campagna elettorale aveva affermato la necessità di cooperare con Berlino. 

Se la Commissione finanzia la ricerca nella difesa
Inoltre, i Paesi Ue si muovono in un quadro che vede sempre più attive le istituzioni dell’Unione, anche grazie all’attuazione della EU Global Strategy. La Commissione europea sta procedendo alla messa in pratica del piano di azione (European Defence Action Plan – Edap) che segna un passo importante nella politica industriale e di innovazione tecnologica dell’Ue. 

Infatti, per la prima volta nella storia dell’Unione, viene finanziata direttamente la ricerca nel campo della difesa, con lo stanziamento di 90 milioni di euro nel 2017-2019 per la Preparatory Action on Defence related Research (Padr) e la previsione di 500 milioni di euro l’anno per il prossimo esercizio finanziario 2021-2027. 

La Commissione si era già costruita un ruolo importante del mercato della difesa europeo sul piano regolatorio con le direttive del 2009 sui trasferimenti intra-comunitari ed il procurement militare. Ruolo guardato con una certa insofferenza da alcuni stakeholder, in quanto visto come un pungolo ad adottare logiche di concorrenza ed efficienza in un settore precedentemente escluso dalle regole del mercato unico. 

Ma la Commissione non pretendeva di decidere quale sistema d’arma finanziare, produrre o acquistare: definiva piuttosto regole generali, rispondenti ad un interesse comune europeo, e quindi più accettabili anche se, a volte, in contrasto con alcuni Stati membri. Inoltre, per ora, la Commissione ha dimostrato un’ampia tolleranza sul terreno del l’‘enforcement’, anche se ha annunciato un prossimo cambio di passo. 

Tra governi nazionali e interessi europei
Ora il discorso si fa più delicato e complicato per il ruolo della Commissione, e soprattutto per il rapporto con i governi nazionali da un lato e con gli interessi comuni europei dall’altro. Nella Padr, e più ancora nel prossimo bilancio Ue, vi saranno finanziamenti significativi da allocare a fronte di domande verosimilmente maggiori, per quantità e volume, da parte degli attori nazionali, e occorrerà scegliere cosa e chi finanziare - e a chi negare invece i fondi stanziati dal bilancio dell’Unione. 

Ciò accade già in molti altri campi che godono di fondi Ue, incluso quello della sicurezza dove da più di dieci anni la Commissione finanzia progetti di ricerca e innovazione tecnologica sulla protezione delle infrastrutture critiche piuttosto che sulla risposta ad attacchi chimici o biologici, il contrasto al crimine organizzato o al terrorismo e più di recente la sicurezza cibernetica e la protezione dei confini dell’Unione. C’è quindi una vasta esperienza cui attingere, in termini di normativa, organizzazione o buone prassi. 

Tuttavia, il campo della difesa presenta una propria specificità e sensitività politica che dovrà essere presa in considerazione, in quanto si tratta di finanziare lo sviluppo di tecnologie che serviranno alle forze armate dei Paesi europei nelle loro operazioni militari. 

L’asse franco-tedesco, Bruxelles e Roma
Qui il piano istituzionale e tecnico incrocia di nuovo quello politico e geopolitico. Il lavoro della Commissione sull’attuazione dell’Edap, per quanto segua sue logiche di lungo periodo, tecnocratiche e sovranazionali, sarebbe inevitabilmente influenzato da una maggiore convergenza franco-tedesca nel campo della difesa. 

Se i due Paesi Ue che, dopo l’uscita della Gran Bretagna, rappresenteranno una quota ampiamente maggioritaria sia delle capacità militari che di quelle industriali e tecnologiche andranno verso determinate direzioni e scelte, è molto probabile che queste ultime diventino il punto di riferimento anche per il ruolo delle istituzioni Ue in questo settore. 

È in questo nuovo quadro che l’Italia deve aggiornare e approfondire l’aspetto europeo della sua politica di difesa, inclusa la dimensione industriale e tecnologica - tema peraltro al centro del convegno IAI in programma a Torino il prossimo 19 maggio. 

Una probabile convergenza in chiave europeista tra Berlino, Parigi e Bruxelles presenta nuove opportunità per Roma di inserirsi con proposte funzionali ai propri interessi nazionali oltre che a quelli europei. Ma presenta anche il rischio per l’Italia di restare solo spettatrice delle rapide scelte altrui, se non sarà in grado di influenzare tempestivamente scelte comuni. 

Guardando laicamente al fatto che anche il leader straniero più europeista non avrà mai come sua priorità quella di aiutare l’Italia, e che le istituzioni Ue faranno quello che potranno per l’Unione nel suo insieme, resta sempre valido il vecchio detto “aiutati che Dio t’aiuta”.