Palazzi & potere
Elezioni 2018, Forza Italia: tra Letta e Ghedini la sfida continua
Elezioni 2018: L'ex plenipotenziario di Fi, Gianni Letta, si è arrabbiato perché Ghedini si è fatto mettere nel sacco da Salvini sulle candidature
A liste ormai depositate e presentate e primi sondaggi sui collegi uninominali, balza all'occhio come in molti collegi (soprattutto al Centro-Sud) la partita sia molto aperta tra Movimento 5 Stelle e il centrodestra. A far temere però una tenuta dello schieramento di centrodestra sono le liste di Forza Italia sia nei collegi plurinominali, ma ancor di più, sugli uninominali, scrive Italia Oggi.
Facciamo un passo indietro.
Il centrodestra è tornato a parlare ai territori con la battaglia referendaria del 4 dicembre 2016 dove, assieme al ritorno in campo a livello televisivo di Silvio Berlusconi, a farla da padroni sono stati i tantissimi amministratori locali che hanno colto l'occasione del referendum per puntellare elettori e consenso. Questa attività è stata propedeutica alla rimonta di Forza Italia nei sondaggi e consensi nei confronti del Partito democratico e soprattutto nei confronti della Lega di Salvini.
Ora però, a un mese dal voto, Forza Italia si ritrova in una situazione emblematica. Il suo leader indiscusso, alla veneranda età di 81 anni, sicuramente «non avrà la forza di andare a fare campagna elettorale tra la gente come ha sempre fatto in questi ultimi 20 anni e, addirittura, è possibile che le sue apparizioni televisive vengano gestite al contagocce per motivi di salute» spiegano fonti interne al partito. Ed è qui che entra come elemento di valutazione negativo la marginalizzazione che Gianni Letta ha avuto nella composizione delle liste nei confronti di Niccolò Ghedini in primis e Antonio Tajani in secundis.
«Non aver candidato molti amministratori locali e veri portatori di voti nei collegi uninominali, rischia di diventare un vero boomerang» spiegano esponenti di centrodestra che preferiscono l'anonimato. Ci sono tantissimi esempi sparsi in tutta Italia, dalla Liguria alla Calabria, dal Veneto alla Sicilia. Ma ci sono due casi emblematici che si possono segnalare, raccontano. Il primo è nel Lazio; il secondo nella terra di Gianni Letta, l'Abruzzo.
Nel Lazio il Senatore ex An, poi Pdl e ora Movimento Idea, Andrea Augello, politico radicato nel territorio che negli anni ha avuto exploit anche da 25 mila voti alla Regione, non è stato ricandidato né nel plurinominale né in un collegio uninominale dove i suoi voti avrebbero sicuramente dato manforte alle liste plurinominali del centrodestra. Augello forse paga lo scotto dell'intransigenza nella commissione d'inchiesta sulla banche e la sua sicura riottosità a un futuro governo di larghe intese con il Pd di Renzi.
Altro emblema, continua Italia Oggi, l'Abruzzo. È noto quanto Gianni Letta tenga alla sua terra natia e visti i sondaggi che davano il Movimento 5 stelle in una posizione molto competitiva contro il centrodestra e che il Partito democratico si prestava a schierare amministratori del territorio, si era presentato al «tavolo» con delle proposte serie.
A Teramo e L'Aquila infatti il Pd poi ha schierato la cavalleria pesante, dal presidente della Regione Luciano D'Alfonso all'ex sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente a Stefania Pezzopane, e i teramani Sandro Mariani e Dino Pepe, rispettivamente capogruppo alla regione del Pd e il potente assessore all'agricoltura e alla pesca.
Bisogna dunque che la lotta non sia impari e Letta propone dal canto suo Gianni Chiodi, unico ex presidente di regione di Forza Italia e Paolo Gatti, 42 anni, vicepresidente del consiglio regionale e da un decennio recordman indiscusso di preferenze in Abruzzo. Risultato? Nulla di fatto. «Forza Italia rischia in questo mese di vanificare il vento in poppa che aveva dal referendum in poi. E adesso che Berlusconi mostra tutti i suoi limiti di salute, sarà difficile andare a fare leva sui territori per sostenere i candidati», spiegano ambienti di Forza Italia.
Se i collegi nel Centro-Sud saranno persi a beneficio dei Cinque stelle, nonostante la possibile rimonta del Pd che sta schierando ovunque l'artiglieria pesante (basti guardare i candidati in Campania e Basilicata), dubitiamo però che il «cerchio acido» si prenderà la responsabilità della débâcle dando la colpa alle scelte sbagliate dei candidati. La risposta è un'altra ed è già pronta sul tavolo: erano sbagliati i sondaggi!