Furbetti del cartellino, sicuri che basti?
Il Consiglio dei Ministeri ha approvato, in via definitiva, quattro Decreti Legislativi in attuazione della Riforma Madia (legge 7 agosto 2015, n. 124) di cui uno riguardante le modifiche all’art. 55-quater del dlg 165/2001, in materia di licenziamento disciplinare. Arriva così il giusto castigo per i “furbetti del cartellino”, che tanto disonore hanno creato nel mondo della pubblica amministrazione. L’indignazione suscitata nella opinione pubblica dai molteplici casi di dipendenti colti in flagranza dalle telecamere a timbrare illegittimamente il badge senza poi non andare in ufficio, ha portato il Governo ad intervenire subito su questa materia, con una corsia preferenziale ancor prima del nuovo testo sul pubblico impiego. Nello specifico il decreto disciplina l’illecito disciplinare derivante dalla falsa attestazione della presenza in servizio. Per il dipendente pubblico colto in flagranza a timbrare, illegittimamente, il cartellino per sé o per altri scatta entro 48 ore la sospensione dal servizio con la privazione dello stipendio e l’erogazione di un assegno alimentare nella misura stabilita dalle norme contrattuali vigenti. Il procedimento disciplinare è scandito da termini precisi e più brevi che in precedenza: inizia con il provvedimento di sospensione che deve contenere anche la formale contestazione dell’addebito e la convocazione del dipendente, con preavviso di almeno 15 giorni, dinanzi all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari; nell’incontro il dipendente potrà farsi assistere per il contraddittorio da un procuratore o da un rappresentante sindacale. Il giudizio finale dovrà concludersi entro 30 giorni, mentre prima poteva durare anche 120 giorni. In ogni caso la violazione dei termini del procedimento non determina la decadenza dell’azione disciplinare , né l’invalidità della sanzione erogata a meno che non sia stato irrimediabilmente compromesso il diritto alla difesa. Sono tutte misure volte ad evitare che le pastoie burocratiche blocchino o pongano nel nulla il giudizio finale; fin’ora nonostante le norme già esistenti i licenziamenti per cause disciplinari sono stati rarissimi e di contro numerose e reiterate sono state le sentenze di riammissione dei dipendenti pubblici sanzionati. Alla fine del procedimento se l’illecito risulta accertato il dipendente è licenziato, con la denuncia alla autorità giudiziaria e la segnalazione alla Corte dei Conti. L’azione di responsabilità della Corte dei Conti rappresenta una novità introdotta dal decreto ed è volta alla condanna dell’assenteista per danno all’immagine, con conseguente risarcimento nei confronti dell’Amministrazione. Tanto maggiore sarà il rilievo che i media daranno alla notizia, tanto maggiore sarà il danno all’immagine per l’ Amministrazione e quindi il risarcimento dovuto. La valutazione dell’entità del risarcimento è rimessa ai giudici, ma in ogni caso non può essere inferiore a sei mensilità dell’ultimo stipendio percepito dal dipendente condannato. Sono coinvolti in maniera diretta anche i dirigenti ed i responsabili dei servizi che, avuto notizia dell’illecito, non si siano attivati senza giustificato motivo. Su questo punto sono state accolte le osservazioni avanzate da più parti sulla bozza del decreto eliminando il riferimento espresso al reato di omissione di atti d’ufficio che avrebbe comportato un eccesso di delega. In ogni caso verrà attivato nei confronti del dirigente inadempiente il procedimento disciplinare e la segnalazione all’Autorità Giudiziaria chiamata ad accertare l’eventuale presenza del reato di omissione. Basterà questo decreto a porre fine all’assenteismo nella pubblica amministrazione? Certamente porterà giustizia nell’animo di tanti dipendenti che svolgono ogni giorno onestamente, con dignità ed orgoglio il proprio lavoro. Ma il ripetersi dei casi denunciati dalla stampa e l’esperienza insegnano che la vera sfida inizia quando le norme escono dai clamori mediatici ed entrano nella vita quotidiana degli uffici. E’ evidente che nella pubblica amministrazione c’è una grande questione morale da risolvere che passa dalla classe politica ai dipendenti stessi. Va cambiata prima di tutto la cultura ed il modo di sentire e vivere la cosa pubblica, nell’interesse di tutta la collettività e non per i propri fini personali. Uscire dalla logica dell’emergenza, dall’omologazione verso il basso, dalle furbizie, dalle raccomandazioni, dal malcostume imperante; colpire i delinquenti, ma anche riconoscere gli onesti, premiare i meritevoli, riaprire i percorsi di carriera . Arriveranno altri impulsi positivi con il completamento del processo di riforma e la riapertura della stagione contrattuale; tuttavia la situazione generale e l’entità dei possibili aumenti contrattuali, in relazione alle scarse risorse stanziate, non lasciano spazi a grande ottimismo. La vera scommessa è nel coinvolgimento e nella partecipazione attiva dei dipendenti pubblici che devono sentirsi attori in prima persona di ogni cambiamento.
Silvana de Paolis
*Segretario Nazionale DIRER SIDirSS