Nuovo decreto Madia: arriva la Renzizzazione della PA
Nuovo decreto Madia: arriva la Renzizzazione della PA. Il Fatto conferma le nostre anticipazioni
Le carriere dei dirigenti vengono ridisegnate lasciando troppa libertà alla politica nel conferire gli incarichi di vertice. La Riforma targata Renzi/Madia e varata il 25 agosto non serve affatto al miglioramento della PA, ma così com' è - è solo un modo per consentire alla politica di tenere completamente in pugno i dirigenti sotto la minaccia costante del licenziamento e della penalizzazione economica.
A soli due giorni di distanza dal Consiglio dei ministri che ne ha licenziato in via preliminare il decreto attuativo per la disciplina della dirigenza, la riforma Madia per il riordino della Pubblica amministrazione torna a scricchiolare. L' accusa, stavolta, riguarda il rischio del cosiddetto spoil system, meccanismo che prevede il giro di poltrone dei dirigenti pubblici al cambio di amministrazione. Alla base, indicazioni troppo generiche dei criteri di per l' attribuzione degli incarichi.
Ma andiamo con ordine, scrive Virginia della Sala sul Fatto e partiamo dallo schema di decreto -che dovrà prima passare alle commissioni parlamentari per un parere non vincolante e poi tornare a Palazzo Chigi - che contiene le indicazioni su come cambieranno le dinamiche di carriera dei dirigenti della Pubblica amministrazione.
Per semplificare, si può dire che la dirigenza dell' amministrazione centrale dello Stato è formata da due qualifiche, o fasce. Con la riforma, queste due qualifiche - con le dovute eccezioni come per i segretari generali dei ministeri - saranno abolite per creare un' unica categoria, il cosiddetto "ruolo unico" (mentre prima la differenza era tra prima e seconda fascia). Per accedervi si dovrà superare un cosiddetto "corso - concorso" (o solo concorso per casi particolari) mentre per chi nel ruolo c' è già saranno previste "procedure comparative pubbliche", promosse dalle amministrazioni, per l' assegnazione degli incarichi.
E qui ci sarebbe un cortocircuito. L' assegnazione degli incarichi avverrà sulla base di criteri che devono essere stabiliti da un' apposita commissione. E il decreto specifica anche cosa tali criteri dovranno "contemplare". L' articolo 4 istituisce la cosiddetta "Commissione per la dirigenza statale", un organo composto da sette membri: dal presidente dell' Anac, al ragioniere dello Stato, dal segretario generale del ministero degli Esteri al capo dipartimento per gli Affari Interni.
Poi, il presidente della conferenza dei rettori e altri due membri scelti dalla presidenza del Consiglio.
Poco dopo, sono indicate le caratteristiche dei criteri di cui le amministrazioni devono tener conto per conferire gli incarichi dirigenziali: "Contemplano, in relazione alla natura dei compiti e alla complessità della struttura interessata, la valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente, nonché dei risultati conseguiti nei precedenti incarichi e delle relative valutazioni, delle specifiche competenze organizzative possedute, dell' essere vincitore di concorsi pubblici, delle esperienze di direzione eventualmente maturate all' estero…" Troppo spazio all' interpretazione e all' arbitrarietà dell' amministrazione, denuncia il sindacato. "Stabilire criteri molto generali sulla base dei quali le singole amministrazioni affidano gli incarichi - spiega il responsabile del settore pubblico della Cgi Michele Gentile - è rischioso: la valutazione la fanno le singole amministrazioni. E le amministrazioni discendono comunque dalla politica, tanto a livello locale che a livello centrale. Da qui, il rischio di uno spoil system nascosto".
Che aumenta se si tiene conto che sarà introdotto anche un criterio di licenziabilità (in caso di revoca del ruolo per mancato raggiungimento degli obiettivi) o di diminuzione della retribuzione (se in attesa di un incarico per troppo tempo).