Palazzi & potere
Informazione Rai, l'affondo di Anzaldi (Pd): "Verdelli? Un Gattopardo"
Rai, rivoluzione de che! Si cambi purché nulla cambi. Il nuovo vertice lombardo-veneto della Rai per il piano delle News ha colto la... lezione del Gattopardo
Di Michele Anzaldi
Cosa è che fa grande un romanzo? Reggere all’usura del tempo ed essere “contemporaneo” anche con il passare degli anni. Ad un palermitano come me il fatto che il nuovo vertice lombardo-veneto della Rai per il piano delle News abbia colto la lezione del Gattopardo non può, quindi, che essere motivo di soddisfazione e di orgoglio. Anche se a conti fatti sembra che la montagna abbia partorito il topolino.
Dopo mesi e mesi di studio, di riflessioni e di duro impegno il “piano Verdelli” ha finalmente preso forma ed è stato illustrato mercoledì in Consiglio di amministrazione. Il comunicato aziendale è volutamente criptico, forse per non dare vantaggi alla concorrenza, e noi della Vigilanza, che avevamo per mesi fatto le pulci al poco “contemporaneo” Piano Gubitosi prima di dare, nell’ambito delle nostre competenze, il via libera, non lo conosciamo ancora ma autorevolissime indiscrezioni da parte di chi ne ha ascoltato l’illustrazione ci consentono di cominciarne già a parlare.
Le parole chiave sarebbero tre: “Novecento”, “Contemporaneità”, “Perimetro invariato”. La prima espressione ricorda giustamente (e credo a tutto il mondo dell’informazione, non solo alla Rai) che siamo nel 2016 con tutte le conseguenze che da questa intuizione discendono; la seconda, “Contemporaneità”, immagino che sia un severo monito ai nuovi direttori dei Tg affinché diano solo notizie fresche di giornata; la terza, “Perimetro invariato”, è la traduzione molto cool e manageriale di “statu quo nunc”, cioè “così come è adesso”. E’ qui che ci ha messo lo zampino la contemporaneità del romanzo di Tomasi di Lampedusa. Ricordate cosa disse Tancredi al principe zio dopo la visita del cavaliere Chavalley? “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Nella rivoluzione Verdelli sono annunciati cambiamenti nelle formule e nei contenuti dei tg, ma continueranno dunque ad esserci 8 testate (Tg1, Tg2, Tg3, Tgr, Rainews24, Rai Parlamento, Raisport e Giornale Radio) e pertanto 8 direttori, una trentina di vicedirettori (del resto Raisport ha già aperto la strada nominandone 5) e 8 eserciti di capiredattori, vicecapiredattori, capiservizio ecc. Anzi è possibile che di testata ve ne sia una in più perché il dottor Verdelli ha annunciato la realizzazione del TG Mondo, che si occuperà solo di informazione internazionale. Del resto è la Rai, mica quei dilettanti di BBC, France Television, ARD, ZDF, TVE che, forse pensando di essere ancora nel Novecento, per rendere remunerativi gli ingenti investimenti realizzati sulla digitalizzazione delle redazioni, hanno varato nuovi modelli organizzativi, produttivi, industriali. E siccome, come ricorda oggi Aldo Grasso sul Corriere della Sera, l’obiettivo di questo vertice è “fare in modo che il nostro racconto sia come un romanzo popolare”, il piano, dopo la rivoluzione compiuta a Raisport, si sofferma giustamente su come saranno rivoluzionati i nuovi TG.
Il TG1 sarà più “live” e meno ingessato-istituzionale. Andrà, quindi, sempre in diretta ma la formula, che è ancora quella novecentesca, va cambiata (senza conduttore? Col conduttore virtuale generato da un computer? In cravatta ma senza giacca? Con la giacca ma senza cravatta? Ancora non è dato saperlo). Il Tg2 dovrà avere una linea più coerente con quella della rete, quindi solo notizie che possono interessare il pubblico dei giovani, da sempre notoriamente incollati alla tv alle 13 e alle 20.30. Il TG3 dovrà continuare ad occuparsi da par suo di politica ed economia, ma solo “dalla parte del cittadino”, che a ben pensarci è la versione contemporanea del “dalla parte della ggente” di curziana memoria. Dovrà inoltre svecchiare il suo pubblico composto prevalentemente da over sessanta, che pertanto hanno il dovere di pagare il canone ma non il diritto di vedere in tv contenuti di loro interesse.
Nel piano, infine, non ci sarebbe nulla sui nuovi processi produttivi-organizzativi delle news che la tecnologia digitale dovrebbe suggerire, né tanto meno sui costi e sui livelli di organico, destinati inevitabilmente ad aumentare visto l’imminente ingresso dei 100 giornalisti vincitori di concorso.
Il piano Gubitosi prevedeva solo due News Room oltre a Raisport e al Giornale Radio e, a regime, avrebbe consentito risparmi per 70 milioni di euro l’anno. Ma erano altri tempi anche perché ormai i soldi ci sono, tanti e cash, grazie alle azioni di contrasto dell’evasione del canone decise dal Governo e non serve far entrare in fibrillazione il feudo di Saxa Rubra.
Allora si cambi purché nulla cambi.