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Palazzi & potere
Riforma Renzi/Madia e maggiore politicizzazione della PA: ecco perché

Il meccanismo scelto per valutazioni, incentivi e sanzioni al momento appare molto discutibile. Il vero nodo è: gli incarichi dirigenziali devono seguire il merito o la vicinanza politica? Per una scelta veramente meritocratica gli organismi valutatori dovrebbero essere esterni e svincolati dalla politica, mentre invece sono ancora tutti di nomina politica.

A volte le priorità nella nostra vita cambiano repentinamente ordine di grandezza. Dopo l’ultimo  terremoto  anche le priorità del Paese dovrebbero cambiare. Il Consiglio dei Ministri di ieri ha approvato i provvedimenti per l’emergenza, ma non ha dimenticato i provvedimenti di attuazione della riforma Madia per i quali stavano scadendo i termini. Così il decreto di riforma della dirigenza pubblica dopo tante incertezze e rallentamenti vede finalmente la luce. Il clima ora è diverso: finalmente, a caro prezzo, nello stesso Premier pare prevalere non più lo scontro e la divisione, ma la condivisione; alla rottamazione si sta sovrapponendo la concertazione. Certamente la riforma della macchina brurocratica è una questione importante, oltreché un passaporto per avere una maggiore flessibilità sui conti dall’Europa e,secondo alcuni, per far crescere il PIL; ma adesso vengono fuori anche altre possibili strategie per uscire dalla crisi, come un grande piano di sistemazione edilizia del Paese che finalmente diminuisca i rischi di catastrofi naturali e nello stesso tempo faccia da volano per la ripresa economica. In ogni caso è evidente senza una pubblica amministrazione efficiente, snella, produttiva non si faranno grandi passi avanti. La dirigenza, poi, essendo il fulcro dell’organizzazione amministrativa, rappresenta la cartina di tornasole per vedere se effettivamente si sta avviando un vero percorso di riforma verso un cambiamento di modello o no.  Al momento non si conosce ancora il tormentato testo, ma dalle indiscrezioni che cominciano a circolare appaiono molte zone oscure legate a problematiche di eccesso di delega e di possibile contrasto con i principi costituzionali. Vengono istituiti quattro ruoli dirigenziali: Stato, Regioni, enti locali, autorità indipendenti. Gli incarichi dirigenziali dureranno 4 anni prorogabili di 2.  Per ottenere un incarico bisognerà passare per una selezione.  A vigilare su tutto saranno delle commissioni ad hoc, una per ogni livello (statale, regionale e locale), con specifici  poteri, tra cui la formulazione della rosa dei candidati alle posizioni apicali. Renzi ha parlato in conferenza stampa di valorizzazione della dirigenza con attenzione particolare alla valutazione dei risultati. In realtà proprio il meccanismo scelto per valutazioni, incentivi e sanzioni al momento appare molto discutibile. Il vero nodo è: gli incarichi dirigenziali devono seguire il merito o la vicinanza politica? Per una scelta veramente meritocratica gli organismi valutatori dovrebbero essere esterni e svincolati dalla politica, mentre invece sono ancora tutti di nomina politica; la Commissione che sovraintende ogni ruolo, per garantire l’imparzialità delle nomine è anch’essa di nomina politica. Entrambi questi organismi sono totalmente deresponsabilizzati ; non sono previste sanzioni per ritardi o errori di valutazione, non sono chiare la responsabilità dei futuri membri della Commissione che non rischiano nulla e non sono retribuiti per il loro lavoro. Ciò potrà creare un disincentivo all’azione, che unito alla grande quantità di procedure da esaminare, per ogni ruolo, rischia di mettere nel nulla la principale novità della riforma. Anche la nuova norma sulla valutazione negativa per mancato raggiungimento degli obiettivi lascia ampi margini a giudizi non oggettivi e quindi facilmente strumentalizzabili a seconda delle situazioni. D’altra parte è innegabile che nella pa esistono elevate competenze in tutti i settori, ma difficilmente esse servono per fare carriera; troppo spesso sono i rapporti personali e le varie cordate che fanno la differenza. Poi rimane aperta tutta la problematica degli incarichi a soggetti esterni alla amministrazione che non hanno la qualifica di dirigente, spesso tanto ricercati perché più brillanti dei dirigenti di ruolo, ma alla prova dei fatti sicuramente più impreparati. La riforma fissa i nuovi limiti percentuali per i dirigenti esterni, ma sembra  lasciare aperta una ampia deroga per i soggetti appartenenti a speciali sezioni, tutte ancora da definire. Questa ipotesi derogatoria potrebbe rivelarsi una pericolosa falla del sistema oltre che prestare il fianco alla accusa di eccesso di delega. Certo è che nel futuro della dirigenza, con il principio della rotazione, tutta la partita sarà giocata sul conferimento degli incarichi. Forse si dovrebbe cominciare a pensare ad un organismo di autogestione della dirigenza sul modello di quanto succede per la magistratura  e comunque nel successivo iter del decreto maggiore spazio dovranno trovare i suggerimenti di modifica e gli interventi del sindacato. Se in nuovi meccanismi non dovessero funzionare il risultato ultimo non potrà che essere una maggiore politicizzazione della pa. Esattamente l’opposto  di quanto il Governo ha sempre dichiarato di voler realizzare e di quanto serve all’Italia per uscire dalla crisi.


 

Silvana de Paolis
*Segretario Nazionale DIRER SIDirSS

Tags:
riforma madia





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