Riforme giudiziarie renziane bloccate dal "traffico"? Se a dirlo è il renzianissimo Foglio...
Traffico d' influenze: il reato contestato dalla procura di Potenza per l' affare del petrolio è essenzialmente una storia di pressioni e lobbying; telefonate inopportune e comportamento discrezionale dei poteri dello stato. Il reato in sé, come ha detto al Foglio il giurista Tullio Padovani, "è una boiata pazzesca" in quanto dai contorni vaghi e contraddittori. Bene, lasciando perdere le tecnicalità - e ovviamente i guadagni pecuniari previsti dal reato - vogliamo credere che giudici e pm non abbiano mai fatto e non facciano traffico delle loro influenze? Che le loro "indipendenza, imparzialità e terzietà" fissate dall' articolo 112 della Costituzione siano sempre state osservate? Cominciamo proprio dalla fine: Magistratura democratica, la corrente togata di sinistra, si è schierata con largo anticipo con il comitato del No per il referendum costituzionale di ottobre, al cui successo Matteo Renzi subordina la permanenza a Palazzo Chigi. Se mai dovesse capitare un' inchiesta di un magistrato di Md su un qualche volto vicino al governo potremmo essere certi di essere di fronte a una totale garanzia di imparzialità? E quando il segretario dell' Anm lucana, dottor Salvatore Colella, Md, attacca il governo possiamo essere certi che la sua posizione non sia dettata da questioni anche ideologiche?
E veniamo a Renzi. Il benvenuto glielo danno nel 2014, quando l' Associazione nazionale magistrati definisce "di scarso respiro" e "punitive per l' indipendenza dell' ordine giudiziario" le riforme annunciate sulle intercettazioni, sulla durata dei processi e sulla prescrizione. Un anno dopo Rodolfo Sabelli, presidente dell' Anm, nella relazione annuale al capo dello stato, pronuncia una scomunica ancora più netta: "Questo governo è più attento alle intercettazioni che alla lotta alla mafia".
I giudici sono anche irritati con il premier per la rottamazione di 15 giorni di ferie rispetto ai comuni mortali (da 45 a 30): però stavolta il ricorso alla Corte costituzionale dà loro torto. Uno dei pochi insuccessi, che si ripete a metà sui "pensionamenti forzati", a 70 anni, oggetto di audizioni, trattative parlamentari e fitto scambio di email, che alla fine strappa per alcuni il limite di 72 anni, sempre a difesa dell' autonomia della magistratura. Vogliamo chiamarlo lobbying? Pressioni istituzionali? Traffico, in senso lato, di influenze?
Fatto sta che anche le riforme renziane della giustizia sono tutte ferme. Sono bloccate nel traffico.