Palazzi & potere

"Una poltrona per due". L'Italia e il seggio al Consiglio di Sicurezza

Dal 2017 anche l’Italia siederà in uno dei 15 seggi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non un seggio permanente e neanche un seggio biennale, come vogliono le regole del Palazzo di Vetro. Il nostro posto dovrà essere condiviso con i Paesi Bassi, che faranno tutto il 2018 al nostro posto, perché abbiamo pareggiato dopo cinque votazioni dell’Assemblea Generale. Così, ci dovremo accontentare di un “biglietto ridotto” per sedere al tavolo delle grandi decisioni in quel di New York.

L’architettura delle Nazioni Unite, vale la pena ricordarlo, è retta da due organi principali: l’Assemblea generale, dove siedono tutte le nazioni aderenti all’Organizzazione, e il Consiglio di Sicurezza, dove siedono soltanto 15 membri, 5 dei quali permanentemente. Mentre l’Assemblea disserta sui più svariati argomenti (Disarmo e Sicurezza; Economia e Finanza; questioni sociali, legali e amministrative), il Consiglio di Sicurezza provvede - o meglio, dovrebbe provvedere - al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Le regole d’ingaggio del Consiglio prevedono che ogni decisione messa al voto sia adottata solo nel caso in cui almeno 9 membri su 15 sono in accordo. Eccezion fatta per il diritto di veto che ciascuno dei 5 membri permanenti ha il diritto di apporre per bloccare qualsiasi risoluzione non condivida. Ne basta uno perché il voto sia respinto.

Ora, considerato che i cinque membri permanenti sono Regno Unito, Cina, Francia, Russia e Stati Uniti, si capisce l’inutilità di questa organizzazione ciclopica. Quante volte sono in accordo Stati Uniti e Russia? O Stati Uniti e Cina? Meno di una su cento. Il suo lavoro teso alla ricerca della pace e della sicurezza nel mondo, allora, non può che risultare spesso improduttivo. Si veda il caso siriano, dove l’inazione delle Nazioni Unite ha già provocato oltre 270mila morti (senza contare che i principali Paesi trafficanti di armi nel mondo sono proprio gli stessi cinque membri permanenti dell’ONU).

Si dirà che criticare l’ONU adesso è una ripicca per il risultato insoddisfacente della votazione, poiché dimezza la nostra permanenza nel Consiglio. Che il pareggio è frutto soltanto del nostro diminuito ruolo internazionale e dello scarso peso che gli altri paesi ci assegnano. Invece, non è proprio così. Il ruolo di Roma è cresciuto da quando il Mediterraneo e il Medio Oriente sono entrati in crisi. Però, a votare in Assemblea sono anche numerosissimi paesi asiatici e caraibici, verso i quali i nostri sforzi diplomatici e soprattutto gli aiuti economici per la cooperazione internazionale evidentemente non arrivano come si vorrebbe. Il contributo italiano, insomma, sarebbe stato inferiore a quello dei più generosi olandesi. E questo ha determinato il pareggio.

Sarà, ma il nostro Paese è il sesto principale contributore del bilancio ordinario delle Nazioni Unite, senza considerare le spese per le operazioni di peacekeeping, la tutela dei diritti umani, eccetera. Nel complesso, il mantenimento del sistema delle Nazioni Unite supera ogni anno i 15 miliardi di dollari. Ma cosa torna indietro a noi e soprattutto alle popolazioni bisognose? Una serie di veti e di decisioni pilatesche. Complimenti.

 

Luciano Tirinnanzi,
Direttore Lookout News (G-Risk company)