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Pd: Calenda, appoggerò Minniti, Martina dovrebbe rinunciare
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Pd: Calenda, appoggerò Minniti, Martina dovrebbe rinunciare

Carlo Calenda annuncia il suo sostegno a Minniti nella corsa alla segreteria del Pd e auspica un passo indietro di Maurizio Martina. "Appoggero' Minniti - dice in un'intervista a 'Circo Massimo' di Radio Capital. "E' stato un collega di governo che ha gestito un'emergenza incredibile. Detto questo ne' Minniti ne' Zingaretti faranno la differenza. Serve un quadro piu' ampio per le europee. Il mio candidato e' Minniti - ha insistito - ma mi interessa andare oltre il Pd per costruire fronte repubblicano senno' poco cambiera'". Per quanto riguarda il 'reggente', Martina, "dovrebbe rinunciare, sarebbe corretto. Ha gia' fatto il segretario". Una soluzione che consentirebbe di risolvere il "grosso problema" che si porrebbe "se nessuno prendesse il 51%" alle primarie. "Ma e' un problema del Pd non della gente. Il Pd non potra' andare alle elezioni come Pd, dovra' costruire una lista molto forte di cui i democratici sono una parte". Infine su Renzi: "sarebbe un'assurdita' fare altro partito. Penso dovrebbe supportare uno dei candidati. Una scissione sarebbe inspiegabile. Non credo fara' una cosa del genere. Puo' giocare ancora ruolo importante in modo trasparente

Minniti: "Se nessuno arriva al 51% è una sconfitta per tutti. No ticket con Bellanova"

"Vorrei che qualcuno arrivasse al 51 per cento. Tra non arrivare io al 51 per cento e che ci arrivi comunque qualcuno, io preferisco questo. Se nessuno arriva al 51 per cento quello sara' uno scacco per l'intero Pd". Lo dice Marco Minniti intervistato a In mezz'ora in piu'. "Se non ci posso arrivare io, che ci arrivi un altro- ribadisce- Il Pd e' patrimonio dell'Italia e come tale dobbiamo spiegarlo agli italiani. Compito di tutti quanti noi e' far si' che qualcuno arrivi al 51 per cento perche' io non oso nemmeno immaginare quale scacco sarebbe se di fronte a una discussione impegnativa nessuno arrivasse al 51 per cento. Il Pd ha sofferto fin qui di essere una confederazione di correnti. Se nessuno arriva al 51 per cento, quell'idea sara' sancita".

Pd: Minniti, ticket con Bellanova non e' a ordine del giorno

"Distinguiamo: la persona Teresa Bellanova e' una brava parlamentare che ha fatto benissimo la sua azione di governo, detto questo c'e' il problema tecnico che che il 'ticket' ora non e' all'ordine del giorno in quanto tale". Cosi' Marco Minniti a Mezz'ora in piu' su tariTre. A Lucia Annunziata che lo pungola sulla scelta lessicale dell'ordine del giorno, chiamando in causa il linguaggio burocratico del Viminale, Minniti prima risponde sul filo della battuta dicendo "almeno mi consentira' di aver imparato quel linguaggio...", poi ribadisce: "Ho detto quello che ho detto. Vuol dire che non si sta facendo". 

Pd, Minniti: mi candido segretario. "Ma non sono lo sfidante renziano"

Marco Minniti si candida alla segreteria del Pd. "Ho deciso di mettermi in campo perche' considero la mia una candidatura di servizio. Di una persona che ha ricevuto tanto dal suo partito, dalla sinistra e che sente ora di dover restituire qualcosa", spiega l'ex ministro dell'Interno in una intervista a Repubblica. E sottolinea: "Io non sono lo sfidante renziano. In campo c'e' solo Marco Minniti".

"Essendo stato tra chi non ha esagerato nel lodarlo quando era al potere - dice dell'ex presidente del Consiglio - non ho alcun bisogno di prenderne le distanze. Renzi ha perso e si e' giustamente dimesso assumendosi responsabilita' che vanno anche oltre le sue. Il tema ora non e' piu' questo, ma come salvaguadare il progetto riformista. Connettere il riformismo al popolo". Quanto a Nicola Zingaretti, il suo rivale nella corsa, Minniti afferma: "Non e' un avversario, mai ne parlero' male. Serve un patto: chi vince avra' la collaborazione di tutti 99 stata una rottura sentimentale con i nostri elettori. Questa e' la sfida del Congresso. Io non cerco scorciatoie".

L'obiettivo di Minnitti e' la "sconfitta del nazionalpopulismo", possibile "solo si riesce a parlare con la societa' italiana. Va ricostruita una connessione. Serve un Congresso che parli all'Italia, non un regolamento dei conti interni". "Parliamo - sottolinea, riferendosi a chi gli gli ha chiesto di candidarsi - di 550 sindaci che hanno firmato un appello. Rappresento questa parte del partito e non un equilibrio torrentizio. Se non ci fosse stata questa richiesta da parte di tanti eletti, non mi sarei reso disponibile". L'ex ministro dell'Interno rivendica "le politiche riformiste" del Pd: "Non abbiamo risposto a due grandi sentimenti: la rabbia e la paura. Non si puo' rispondere a chi ha perso il lavoro con la freddezza delle statistiche. Dicendogli che l'occupazione cresce. Cosi' come non si puo' dire al cittadino che ha subito un furto in casa, che i reati diminuiscono. C'e' bisogno della sinistra riformista. I piu' deboli si sono sentiti abbandonati. Anzi, addirittura biasimati. Quello spazio e' stato colmato dai nazionalpopulisti. Basta vedere quel che e' accaduto nelle nostre peri ferie". Servono "otto parole chiave: sicurezza e liberta', sicurezza e umanita', interesse nazionale e Europa, crescita e tutele sociali" e "senza l'Ue - che va cambiata profondamente - non si affrontano le questioni poste dalla globalizzazione. Una grande Italia in una grande Europa".

Alleanza con chi? "Un campo ampio. Con pezzi di societa', con queste azioni di cittadinanza che abbiamo visto a nascere a Roma e a Torino", mentre una discussione su una possibile intesa con i Cinque stelle puo'essere fatta "solo dopo che questa maggioranza nazionalpopulista verra' sconfitta nel Paese. I grillini stanno vivendo un eclisse". Cambiare nome al partito? "Non serve. Semmai dobbiamo unirlo, ricostruirlo e cambiarlo profondamente. Ora sembriamo una confederazione di correnti. E una confederazione di correnti non puo' vincere".

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