Politica
Primarie Pd, Renzi è il capo. Ma ha ben poco da esultare. Tutti i rischi

Primarie Pd, Matteo Renzi ha stravinto contro Orlando e Emiliano. Ma ora corre nuovi, grandi, rischi
Anche chi non ha simpatia per Matteo Renzi deve riconoscere che alle primarie ha largamente vinto. La vittoria era attesa, ma non a valanga come invece è stata. Tanto che qualcuno ha esagerato, parlando di rivincita sulla sconfitta di dicembre. Comunque, ci si aspettava anche un’affluenza di meno di un milione di persone, e i votanti invece sono stati circa un milione e ottocentomila. Ma le vittorie vanno anche giudicate con riguardo alla loro utilità.
Quando Adriano (speriamo sia lui) decretò che l’Impero Romano non si sarebbe ulteriormente espanto, non lo fece perché non fossero possibili altre vittorie: lo fece perché l’impero era già talmente grande da essere difficile da amministrare. Un allargamento avrebbe comportato più problemi che vantaggi.
Le vittorie non soltanto possono essere inutili, possono anche essere cattive consigliere. Se Hitler non avesse avuto vita tanto facile, dopo l’annessione dei Sudeti, non avrebbe poi commesso tanti errori, credendosi invincibile.
È questo il problema del neo-segretario del Pd. Quali sono state le cause del disastro del 4 dicembre? L’arroganza. La volontà accentratrice. L’ambizione smodata e la richiesta di un potere personale ai limiti della dittatura. Tutto ciò, unito all’immensa quantità di bugie e vanterie instancabilmente ripetute, ha finito con l’irritare almeno il 60% degli italiani. A quel punto un uomo avveduto avrebbe riflettuto su questi errori e si sarebbe chiesto quale nuova direzione prendere. Invece, a parere di tutti gli osservatori, Renzi non ha affatto elaborato il senso della sconfitta. È rimasto quello di prima.
La recentissima vittoria rischia di convincerlo della bontà dei suoi atteggiamenti e della sua inaffondabilità. Ciò potrebbe esporlo a nuovi rischi. Il Pd gli va dietro perché lo considera ancora vincente, ma non per questo bisognerebbe farsi delle illusioni. Non appena avrà qualche battuta d’arresto, non appena sorgerà una figura più carismatica dello scialbo Orlando o del tonitruante Emiliano, la sua compagnia di ventura si scioglierà. Non è la comune ideologia, che la tiene insieme. Non sono la stima o l’affetto nei suoi confronti che gli procurano sostenitori. Non appena il collante dell’interesse non fosse ricompensato, i sodali sparirebbero.
E tuttavia lo svantaggio massimo della vittoria è un altro. Per decenni, l’Italia non ha risolto i suoi problemi. Li ha schivati, rimandati, spazzati sotto il tappeto. Ma questo gioco giunge alla fine. L’Unione Europea - che pure, per paura dell’instabilità, ci ha assecondati fin dove ha potuto ed anche oltre - sembra avere esaurito la pazienza. Se oggi il governo fa sapere all’Alitalia che stavolta la compagnia non potrà essere salvata con soldi dello Stato, non è perché abbia la schiena più dritta degli esecutivi del passato. È perché l’Europa stavolta fa sul serio e non permette che si apra un’altra voragine di debiti per comprare la quiete politica.
Sono segnali nuovi. Pur vedendo con quanta difficoltà l’Italia ha provato a racimolare tre miliardi e mezzo per raddrizzare due o tre decimali di pil, non per questo l’Europa ha fatto marcia indietro. Il nostro governo ha cercato di imbrogliare le carte, come al solito, ma non ha funzionato. O, comunque, ha funzionato meno di altre volte. E per cominciare, benché Renzi ripetesse che “il Pd non aumenta le tasse”, ha fatto salire il prezzo della benzina. Ora, se noi a momenti non riuscivamo a trovare tre miliardi per questa manovrina, dove troveremo una somma tra sedici e trenta miliardi di euro per la prossima legge di bilancio? Il fondo del barile è stato raschiato tante volte che ormai troviamo soltanto legno.
Se Renzi fosse stato sconfitto, questo genere di problemi non lo avrebbe riguardato. Avrebbe potuto dire che non guidava più il Paese e che la responsabilità non era sua. Ma se in autunno al governo ci sarà lui (come sembra tanto desiderare) o se al governo ci sarà un Gentiloni che di fatto è una sua longa manus, come sfuggirà alla responsabilità? Non potrebbe nemmeno giustificarsi con gli errori degli ultimi anni, perché li avrebbe commessi lui stesso.
L’ambizione spinge Renzi verso il potere, ma il potere in questo momento suscita più spavento che invidia. O in autunno Renzi sfascerà l’Italia e, nel tentativo di resistere all’Europa, anche l’Europa, o si farà carico di un’impopolarità insormontabile e imperitura. Gli italiani non hanno mai perdonato né Amato né Monti: lui non speri di avere miglior sorte.
In politica la regola è che ci si vanti di successi che magari sono il frutto dell’attività altrui, e si paghi il conto non soltanto dei propri, ma anche degli altrui errori.
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