Politica
Pd, Zingaretti e il vuoto di leadership a sinistra. Conte leader autorevole
Giuseppe Conte, il nuovo governo ha sicuramente avuto il merito di rafforzare la sua posizione a livello interno ed internazionale
Fa un po' sorridere il chiaro endorsement fatto da Zingaretti verso il premier Conte, definito come importante risorsa per il campo democratico. Fa sorridere perché viene da chi proprio sul nome del premier sembrava aver fatto una questione di principio per far saltare il banco ad Agosto durante le trattative per formare il nuovo esecutivo. Tutto dimenticato dopo due mesi di governo, in cui francamente non si capisce cosa abbia fatto il premier per risultare così convincente verso il segretario PD. Ma tant'è così è se vi pare. Ma questa cosa fa apparire ormai sempre più palese la sensazione di vuoto di leadership che si è creata nella compagine governativa.
Dal lato 5 Stelle appare in tutta evidenza la difficoltà di Luigi Di Maio a tenere serrate le file del movimento, che ha sempre poi le sembianze di un esercito ormai in rotta di collisione con un generale che non riconosce più come tale. Nel campo democratico invece la carenza di carisma e di leadership di Zingaretti è talmente palese che non ha necessità di ulteriori riprove, che comunque sono rese evidenti da una sorta di appiattimento delle sue posizioni ai diktat cinque stelle. In questo totale vuoto si staglia la figura di Conte che con indubbia maestria è riuscito nel suo intento di incunearsi nelle beghe dei due partiti di maggioranza, ricavando da ciò la legittimazione come leader di governo, non più dipendente dagli scomodi alleati di governo come nella passata esperienza gialloverde. Il nuovo governo ha sicuramente avuto il merito di rafforzare la sua posizione a livello interno ed internazionale.
È chiaro come questa situazione di un governo litigioso e indeciso su tutto, alla fine non possa che giovare a lui, che è visto come il paciere e colui che è vittima suo malgrado della litigiosità dei due partiti di maggioranza Le carenze di Di Maio e Zingaretti hanno contribuito a creare una sorta di vuoto di potere all'interno della coalizione di governo, quasi del tutto colmato appunto dal premier. Per i due invece, che forse anche per questo non vedevano di buon occhio la formazione del governo, pare probabilmente già iniziata la parabola discendente della loro breve carriera di leader. Conte appare certo come una ipotetica soluzione di mezzo, che però pare non poter andar bene come leader unico perché troppo poco dentro le logiche dei partiti. Certo il ragazzo si è fatto presto le ossa ed ha dovuto affrontare con maestria le mire di due pezzi da novanta come Salvini dall'esterno e Renzi dall'interno ma pensarlo a come leader dei 5s o del PD appare davvero complicato per mille differenti motivazioni, prima fra le quali la sua mancanza di chiarezza ( sicuramente voluta per la carica che ricopre) nello schierarsi apertamente con nessuno dei due partiti di maggioranza. Il vero peccato originale del partito democratico certificato apertamente dallo stesso Zingaretti con il suo concedere a Conte le chiavi della attuale maggioranza sta proprio nella difficoltà a trovare una leadership forte ed autorevole. Quando lo avevano trovato hanno fatto carte false per spodestarlo. Sui 5 stelle invece il discorso appare differente perché il vero leader rimane sempre e comunque colui che il movimento ha contribuito a crearlo, che forse per una sua volontà di tenere a sé la paternità della sua creatura contribuisce con il suo atteggiamento a screditare chi via via pare avere aspirazioni da leader ( come avvenuto con il ridicolo rituale del video con Di Maio di qualche giorno fa).
La politica dal basso d’altra parte prevede come sempre detto che uno valga uno. La forza della destra, invece, che paradossalmente potrebbe, come visto con le candidature per le regionali, anche diventare una debolezza è invece l'esatto opposto e cioè avere due personalità forti e carismatiche come Salvini da una parte e la Meloni dall altro. La forza del centrodestra parte da questo indiscutibile vantaggio di avere due personalità che saprebbero e potrebbero guidare la coalizione con convinzione e determinazione contro quella che invece appare alla stregua di una armata Brancaleone.
Ecco perché i sondaggi premiano il centrodestra. In un momento in cui le insicurezza e le paure crescono non solo dal punto di vista economico si ha bisogno di chi ispiri fiducia serietà e concretezza. La sinistra non vuole le elezioni non solo perché sicura di perderle ma anche perché non ha ancora trovato un leader che comunque potrebbe guidarlo anche dalla opposizione. Conte è troppo distante dalle dialettiche e diatribe interne dei partiti e ben difficilmente potrebbe e vorrebbe reggere un periodo all'opposizione senza avere avuto quel periodo di “decantazione “all'interno di un partito stessi. Forse il partito democratico dovrebbe però cominciare dopo una onesta autocritica, provare a cercare all'esterno da sé questa figura. Nessuno nell'attuale partito democratico pare davvero poter le capacità e le possibilità di contrastare né Salvini né tantomeno la Meloni. Tutto il gruppo dirigente andrebbe ripensato e come nelle squadre di calcio pensare o a rivolgersi ai giovani per ripartire dal basso oppure rivolgersi al “mercato” per trovare un asso che possa fare il salto di qualità. Ma si sa come sono spesso autoreferenziali o grandi partiti le gerarchie sono più importanti del merito e delle aspirazioni. Non è certo solo un problema interno basti vedere a quello che sta accadendo in Spagna per esempio. Quando esiste un vuoto di leadership, colmarlo diventa una necessità impellente se non si aspira al caos e alla ingovernabilità. Proprio come in situazione differenti sta accadendo in Italia ed in Spagna.
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