Politica
Penati ad Affaritaliani.it: "Boschi non si deve dimettere"

"Maria Elena Boschi non si deve dimettere, come non si doveva dimettere Maurizio Lupi. Ma l'attacco non è alla ministra delle Riforme, ma al governo. Quanto sta accadendo sulle banche è un segnale di avvertimento per Renzi. Nessuno è indenne e questo è pericoloso per il Paese". Con queste parole l'ex presidente della Provincia di Milano ed ex sindaco di Sesto San Giovanni, Filippo Penati, video-intervistato nella redazione di Affaritaliani.it dal direttore Angelo Maria Perrino, commenta il caso delle quattro banche salvate per decreto che sta scatenando molte polemiche sia sulla ministra Boschi sia sull'intero esecutivo.
Si tratta della prima intervista di Penati dopo la sua assoluzione da parte del tribunale di Monza, presieduto da Giuseppe Airò, nell'ambito del processo sul cosiddetto 'Sistema Sesto'. Tornando al caso della banche, Penati afferma: "Come hanno spiegato alcuni esponenti di Centrodestra, la mozione di sfiducia su una singola persona non ha senso e infatti hanno preferito presentarla contro l'esecutivo".
L'ex presidente della Provincia di Milano poi rivela: "Non intendo più iscrivermi al Pd. La mia amarezza rimane tutta e quindi non intendo chiedere la tessera. Ma il mio campo rimane il Centrosinistra e di certo non vado ad Arcore".
E ancora: "Oggi Renzi va sostenuto, ma il conformismo che c'è nel partito non va bene. Il premier ha avuto il coraggio fare alcune riforme. L'Italicum, l'abolizione del Senato e delle Province in questo modo non mi convincono ma c'era bisogno di una scossa. Renzi è una risorsa per il Paese e non solo per il Pd e oggi non ci sono alternative".
Cosa rimproverà al premier? "Non faccio il maestro, ma credo ci sia poca attenzione a questo partito. Ripeto, c'è troppo conformismo. Non si possono fare grandi riforme e governare l'Italia senza aver fatto una battaglia culturale e politica nel partito. Altrimenti diventa un partito del leader e senza leader cambia anche il partito. Ci vorrebbe un segretario, intorno a lui ci sono persone di grande valore e non spetta a me fare nomi".
Penati parla anche della minoranza dem. Dall'ex segretario Bersani, di cui è stato capo della segreteria politica, che non gli ha telefonato, all'sms di Enrico Letta ("Siamo in tanti a doverti chiedere scusa"). "L'ultima volta che ho parlato con Bersani è stato il giorno prima della perquisizione in casa mia, il 20 luglio 2011, durante una direzione nazionale del partito a Roma. Bersani è una persona generosa, anche se magari non appare questa sua caratteristica. Viene da una storia che tutti noi abbiamo dentro. Per lui il primo comandamento è salvare il Pd e quindi la ditta".
Sul sindaco di Milano Penati afferma che "Sala è il vincete, anche se per fortuna non voto a Milano perché conosco tutti i candidati e sarei in imabarazzo". Non solo, l'ex presidente della Provincia di Milano rivela: "Il primo contatto con Sala lo ebbi io prima delle primarie tra Boeri e Pisapia. Lui aveva espresso una disponibilità e io lo incontrai tramite Corritore. In quei momenti pensavamo a lui come candidato sindaco e cercammo di capire anche se era il direttore generale della Moratti e quindi era difficile. Poi si fermò tutto e andò avanti con Expo".
Penati poi parla "dell'operazione politica guidata dal Corriere della Sera" in merito alla sua lunga vicenda giudiziaria. Parlai con De Bortoli e mi disse: 'deve passare l'onda di piena'. Giornalisticamente il caso c'era tutto perché ero l'unico della sinistra che era riuscito a vincere a Milano ma il Corriere della Sera, e non solo i giornali di destra e della famiglia Berlusconi, tenne la notizia sempre alta e guidò questa campagna contro di me".
Penati parla anche della lettera di scuse, "apprezzata", che gli ha inviato l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini. "Ma non fu un motu proprio, ci fu una conciliazione perché avevo deciso di perseguirlo civilmente dopo le durissime accuse contro di me sul caso Serravalle".
Penati parla lungamente della sua vicenda giudiziaria. Ricorda le perquisizioni alle 6 e 55 del mattino del 20 luglio 2011. Ringrazia i suoi avvocati e anche il Tribunale di Monza che lo ha giudicato "con equilibrio e che mi ha fatto ritornare la fiducia nella Magistratura".