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Politica
Pnrr: servono giovani, ma il governo estende l'età pensionabile


Il governo infatti è “recidivo” su questo terreno: la cosiddetta “norma Blangiardo” per riportare i pensionati o confermare i pensionandi nei ruoli dirigenziali degli organi della Pa era uscita dalla porta del decreto Milleproroghe per rientrare poi dalla finestra del decreto Pnrr ter. E contempla persino la possibilità della retribuzione, circoscritta agli incarichi di vertice che passano il vaglio di organi costituzionali (per esempio, il parere delle commissioni parlamentari). Nelle prime bozze del dl Pa si prevedeva addirittura di conferire incarichi biennali pagati in tutte le Pa a chi è in quiescenza, ma poi la norma saltò (si disse, appunto, anche per i malumori della Lega).

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Adesso arriva quest’ulteriore regalino che va in deroga alla legge del governo Monti che vieterebbe di attribuire incarichi “a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”. Poi ci si stupisce e ci si straccia le vesti perché i giovani che tentano i concorsi nella Pa poi spesso disertano le prove, si ritirano anche quando risultano vincitori o lasciano il posto di lavoro dopo un breve periodo. Salari d’ingresso bassi e scarse prospettive di carriera stanno piagando il lavoro pubblico in una fase in cui la macchina dello Stato dovrebbe fare da motore alla ripartenza del Paese, soprattutto in ottica Pnrr.

Il ministro per la Pa, Paolo Zangrillo, ha da tempo fissato l’asticella del 2023: oltre 170mila nuove assunzioni, di cui 156mila per rimpiazzare i pensionati e il resto per rafforzare gli organici. Ma poi ha dovuto ammettere: “E’ vero, stiamo incontrando difficoltà”, dato che “le persone oggi sono molto più attente a valutare le condizioni offerte e le opportunità di crescita professionale”. Ecco, appunto: la crescita professionale, questa sconosciuta.

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