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Politica
Quirinale, Draghi non ha vinto e Salvini non ha perso

angioletto
 

Ora per Draghi un anno di vigilia elettorale terrificante

Ma quale incapacità dei leader dei partiti...
Dietro il nulla di fatto per il cambio della guardia al Quirinale con conseguente, inevitabile ripescaggio di Mattarella, si è in realtà combattuto uno scontro di potere durissimo tra due fazioni, i pro e i contro il trasferimento di Mario Draghi da palazzo Chigi al Quirinale. E hanno vinto, ma solo in parte, quelli che non lo volevano al Colle e volevano in fondo in fondo destabilizzarlo fino magari a mandarlo a casa sottraendogli ogni potere.

Draghi invece resta a palazzo Chigi, con le spalle coperte da Mattarella, certo, ma con una maggioranza che lo deve tenere in piedi e legittimarlo, implosa al suo interno e saltata per aria. Tutto era cominciato il 22 dicembre, quando Draghi, si era offerto alla sua maggioranza opzionando la poltrona sul Colle e ottenendo così il vantaggio del first mover.  I leader del Centrodestra hanno scelto di dirgli di no, mentre a sinistra divisioni e confusione, con Pd e Cinquestelle spaccati al loro interno, storditi dall’iniziativa di Draghi  e incapaci di imbastire qualsiasi manovra unitaria.

Si è così assistito al teatrino delle rose e delle candidature, ma dietro le quinte lo scontro vero era su Draghi: come fermarlo o come spingerlo sul Colle. Alla fine Draghi non è diventato capo dello Stato, come sperava, rimangiandosi la sua offerta e perdendo la sua battaglia (ma non la guerra). Vinta in realtà da quei gruppi politici e di potere che volevano bloccarlo (ma se lo ritrovano consolidato a palazzo Chigi).

Si è salvato in zona Cesarini l’ex presidente della Bce, promuovendo e costruendo in extremis la soluzione salvifica di Mattarella, l’uomo che lo aveva voluto e insediato a palazzo Chigi. Soluzione che lascia tutto come stava. Anche se il quadro politico esce completamente frantumato e destabilizzato. E sarà difficile per Draghi governare con i partiti della sua maggioranza spaccati dalle correnti interne e da profondi risentimenti.

Il premier tiene la poltrona (e il punto), ma vi resta legato per forza. Una poltrona che scotta, insomma, in un anno di vigilia elettorale che sarà per lui e per la stabilità del suo governo davvero terrificante. In bocca al lupo e ad maiora, presidente Draghi.

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