Politica

Quirinale, Giuliano Amato e quell’ambizione "sottile" di salire al Colle

di Paola Alagia

Dagli improperi contro Craxi alla carriera all’ombra di Bettino fino alla Consulta, il prof torinese viaggia sottotraccia ma ha le sue carte da giocare

In attesa del voto a scrutinio segreto per l’elezione del presidente della Repubblica, le grandi manovre delle forze politiche sono già cominciate. Nessuna, naturalmente scopre le sue carte. E’ ancora troppo presto. Di nomi, tuttavia, oltre a quello di Mario Draghi, che dovrebbe traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale, e dello stesso Sergio Mattarella per un bis, ne girano diversi. Qualcuno con più insistenza, magari per vedere l’effetto che fa. Sebbene così il rischio che alla fine venga bruciato è altissimo. Qualche altro, invece, è appena sussurrato, con voce “sottile”. Si tratta proprio di Giuliano Amato, al quale negli anni ‘80 Eugenio Scalfari affibbiò il soprannome di “Dottor Sottile”, in riferimento sia alla sua figura esile e sia al suo acume politico. Non è il solo soprannome, in realtà, associato all’accademico torinese. Chi, infatti, ne vuole evidenziare cinismo e scaltrezza lo apostrofa come “Tigellino”, dal nome del prefetto di neroniana memoria.

Comunque, pure sette anni fa il suo nome venne tirato fuori, ma poi si sa come andò a finire: da favorito a sconfitto. Anche se Amato seppe sottilmente accettare la disfatta: "Io sono abituato fin da quando ho la ragione a usarla per capire le ragioni degli altri. Se non sono ragioni, non le giustifico. In questo caso erano ragioni. Renzi ha comunque scelto un candidato del centrosinistra", così parlò al Corriere della sera il giudice costituzionale.

Veniamo all’oggi. Se questa fosse la volta buona si tratterebbe del ritorno, dopo Sandro Pertini, di una socialista sul Colle più alto. Ma quante possibilità reali ha l'attuale vicepresidente della Consulta, professore universitario, per due volte presidente del Consiglio (dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001) e prima ancora (dal 1987 al 1989) ministro del Tesoro nei Governi Goria e De Mita – ruolo ricoperto anche durante l’esecutivo D’Alema -, oltre che ministro dell’Interno durante il secondo Governo Prodi?

Guardando alla popolarità e all’affetto che in genere un Capo dello Stato suscita tra la gente, di sicuro non depone a suo favore il ricordo del prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari. Era l’11 luglio del 1992 quando il suo primo governo, trovandosi a fronteggiare una situazione finanziaria disperata approvò una manovra che sfiorava i 100 mila miliardi di lire e nella quale si deliberava appunto quello che in molti definirono un colpo di mano. Così come non aiuta l’odore di casta che l’ex premier ha cercato più volte di allontanare da sé. Amato-Topolino, per citare le storiche vignette della graffiante matita di Giorgio Forattini, è stato membro del Parlamento per ben 18 anni (prima sotto le bandiere del Psi e poi con l’Ulivo). Giocoforza è finito nel mirino della rete per i suoi emolumenti ed è stato costretto a dover chiarire più volte la questione. Il 4 marzo del 2013 scrisse addirittura una lettera a Repubblica per spiegare una volta per tutte di non cumulare la pensione con il vitalizio, per un totale di 31mila euro mensili.

Proprio questa fama di cumulatore di prebende pubbliche, in realtà, potrebbe essere ancora oggi un ostacolo pure sul piano politico. I Cinque stelle, partito di maggioranza relativa, difficilmente ingoierebbe il boccone di una sua candidatura al Quirinale. E’ vero che in casa pentastellata è in corso un processo di “normalizzazione”, ma certe posizioni restano. Quando l’intellettuale socialista nel 2013 fu nominato da Giorgio Napolitano giudice della Consulta tra i grillini si levarono forti voci di disappunto: “Napolitano nomina Giuliano Amato, ex tesoriere di Craxi e pensionato d’oro, giudice della Corte costituzionale. Ad insaputa della Costituzione”, twittò Riccardo Fraccaro. Mentre l’attuale vicepresidente del Senato Paola Taverna commentò sul filo dell’ironia: “Ma che bella notizia… Tutta gente nuova eh? Forse non gli bastava la pensione…”.

Tuttavia, c’è pure da dire che, se il Pd volesse tentare la carta Amato, Forza Italia potrebbe non mettersi di traverso. E qui, nelle tante vite vissute dal Dottor Sottile, tornerebbe utile il suo passato craxiano. Classe 1938, una laurea in Giurisprudenza all’Università di Pisa, carriera universitaria e accademica a parte, l’ex capo del governo nel 1958 si avvicina al Psi. La scalata fino ai vertici del partito arriverà a partire dagli anni ‘70 e grazie al rapporto sempre più stretto con Craxi, nonostante inizialmente l’avesse tacciato come “cravattaro”. Ma alla fine, è proprio a Bettino - che lo eleverà al rango di suo consigliere politico - che Amato deve gran parte delle fortune. Il resto, naturalmente, è frutto del suo personale acume politico, lo stesso che lo porterà quasi a fingere di non conoscere il Cinghialone nell’epoca di Tangentopoli. D’altronde, Craxi, che sapeva di che pasta fosse fatto, lo definì “un professionista che lavora a contratto”, oltre che "becchino del Psi", "trasformista", "voltagabbana".

Tra avvicinamenti e allontanamenti, comunque, rimane agli atti il legame del professore con il Partito socialista ed è proprio questo che può diventare una sorta di passepartout soprattutto dalle parti di Arcore, a cominciare da Silvio Berlusconi e a scendere fino a Renato Brunetta, il cui cuore continua a battere per il garofano rosso. E’ bene ricordare che fu proprio il Cav a un certo punto a definire il prof  “il migliore di tutti”, spianandogli in qualche modo la strada alla vicepresidenza della Convenzione europea nel 2002.

Certo, poi c’è da soppesare pure l’orientamento della Lega. Anzi, delle due Leghe. Un conto è l’ala giorgettiana, infatti, e un altro quella salviniana. Fu Matteo Salvini in persona a vergare un post su Facebook dopo l’elezione di Amato alla Consulta in cui lo definiva “quello del prelievo notturno dai conti correnti degli italiani. Quello dei 30mila euro di pensioni al mese”. Tra l’altro, il prelievo notturno dai conto corrente offrì ad alcuni deputati leghisti di allora l’occasione di presentarsi in Transatlantico, come ricorda Filippo Ceccarelli nel libro “Invano - Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua”, muniti di flaconcini di vasellina, confezionati ad hoc per la protesta e con tanto di bugiardino con su scritto “Crema del Dottor Sottile”.

Ancora i tempi non sono maturi per capire in che direzione andrà il vento. L’ex garante dell’Autorità della concorrenza e mercato nel segreto dell’urna potrebbe riservare qualche sorpresa. Quel suo essere un laico gradito ai cattolici, ma anche un tecnico gradito ai politici, infatti, può allargare la platea dei consensi. La maggiore forza del giurista piemontese, in fondo, sta proprio nella sua estrema adattabilità alle situazioni, che i detrattori malignamente chiamano opportunismo. Comunque sia, questa duttilità alla fine dei conti gli ha consentito di superare indenne tutte le stagioni. Non solo, ma anche di non rimanere mai in panchina. E pensare che già ai tempi del suo primo Governo disse con tono grave di volersi ritirare dall’agone politico. Accadde 30 anni fa quando affermò: “Non pretendo di essere il protagonista di molte stagioni”. E poi è accaduto di nuovo nel 2008 con un annuncio ufficiale. Da allora in avanti, però, non se ne sono affatto perse le tracce.

Già l’anno dopo, per esempio, venne nominato presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani. Poi anche presidente della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. E infine, nel 2011, a capo del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Potevano mancare le fondazioni? Certo che no. E infatti, il Dottor Sottile presiede pure il comitato scientifico di Astrid, per citarne una. Di sicuro, cotanta abbondanza di incarichi non rappresenta una colpa. Al più può destare un po’ di stupore. Amato stesso ne era consapevole e lo spiegava così in una biografia scritta di suo pugno sul suo blog personale. Di questo spazio virtuale non c’è al momento traccia nel web, ma le sue parole sono rimaste negli archivi Ansa. Il prof pignolo dal ditino alzato spiegava: “Di tutto ciò che sono venuto facendo, per tre cose sole ho fatto io la domanda, il concorso per essere ammesso al collegio pisano, quello per la Libera Docenza e il concorso universitario che mi ha portato alla cattedra nel 1970. Tutto il resto l’ho fatto o lo sta ancora facendo, perché altri hanno ritenuto di chiedermelo”. Non gli rimane, dunque, che aspettare. Chissà che dalla politica non arrivi pure la richiesta per spedirlo al Quirinale.