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L’intervento unisce alle esigenze di tutela e garanzia, richieste anche dall’Unione europea,
un fisiologico margine di discrezionalità operativa per fare fronte alle predette esigenze di
flessibilità.
La disciplina proposta è orientata al ragionevole contenimento dell’utilizzo del contratto
a termine, consentendo il controllo della sua applicazione e diffusione, nonché
assecondando la preoccupazione di evitarne una diffusione indiscriminata ed è, allo stesso
tempo, compatibile con la normativa europea in materia, considerato che la direttiva
1999/70/CE, alla cui stringente interpretazione è ascritto il tenore delle causali del decreto
dignità, nel perseguire la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione
di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, richiede, in via alternativa, che la
sua applicazione derivi da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data,
il completamento di un compito specifico oppure il verificarsi di un evento specifico.
La norma, all’articolo 19, comma 1, mantenendo l’attuale possibilità di stipulare un
contratto a tempo determinato senza il bisogno di giustificarne le ragioni in caso di durata
non superiore a 12 mesi, modifica le causali che giustificano l’apposizione di un termine
superiore, comunque non eccedente i 24 mesi, previsti alle lettere a), b) e b-bis). In
particolare, ai sensi della nuova lettera a), l’apposizione del termine superiore ai 12 mesi, e
non eccedente i 24 mesi, è giustificata dalle ragioni tecniche, organizzative e produttive,
che potranno essere riconosciute dalla contrattazione collettiva, anche aziendale (tale
ipotesi era già prevista alla precedente lettera b-bis). In caso di mancato esercizio di tale
delega da parte della contrattazione collettiva, ai sensi della nuova lettera b), le ragioni
tecniche, organizzative e produttive, giustificative dell’apposizione del suddetto termine,
dovranno essere preventivamente certificate presso una delle sedi delle commissioni di
certificazione, di cui agli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo n. 276 del 2003. Infine,
la lettera c), che sostituisce la precedente lettera b-bis), prevede quale ultima condizione
che può giustificare l’apposizione del termine superiore ai 12 mesi e comunque non
eccedente i 24 mesi, l’esigenza di sostituire altri lavoratori.
La disposizione conferma, nell’eventualità di una durata ulteriore, nel limite massimo
complessivo di 36 mesi, l’attuale previsione del passaggio innanzi ai competenti servizi
ispettivi del lavoro o, in alternativa, ad una delle sedi delle commissioni di certificazione,