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Politica
RdC, la verità sulla riforma. Il testo integrale: tutte le novità. Esclusivo
 
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per accertare la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative, produttive, che
richiedono la necessità dell’ulteriore periodo o la previsione iniziale di un contratto a
tempo determinato oltre i 24 mesi, ed entro il limite massimo di 36.
L’articolo 36 introduce delle modifiche all’articolo 41 del decreto legislativo del 14
settembre 2015, n. 41, in tema di contratto di espansione, introdotto in via sperimentale
con il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e
prorogato, da ultimo, per il biennio 2022 – 2023 dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234. Il
comma 1, lett. a) e b), proroga al 2025 la facoltà di avviare una procedura di consultazione
finalizzata alla stipula del contratto di espansione, fermo restando il limite minimo di
cinquanta unità lavorative in organico, anche calcolate complessivamente nelle ipotesi di
aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi. Per l’effetto,
alle lett. c) e d) sono rimodulati i relativi oneri, quantificati in euro.... per il complessivo
intervento al comma 2.
L’articolo 37 inserisce il comma 1-quater, all’articolo 41 del decreto legislativo 14
settembre 2015, n. 148 con la finalità di consentire alle imprese interessate da contratti di
espansione di gruppo di completare i piani di turn over previsti, consentendo loro,
mediante accordi sindacali, di pianificare le uscite dei lavoratori più anziani in un arco
temporale più ampio. All’uscita dei lavori più anziani corrisponde il proporzionale
impegno di assunzione di nuovi lavoratori. La questione riveste carattere di urgenza in
quanto è necessario intervenire tempestivamente sulla correzione dei piani di rilancio delle
aziende di maggiori dimensioni, che determinano importanti riflessi occupazionali in
termini di turn over generazionale e di competenze.
L’articolo 38 introduce semplificazioni in materia di informazioni e di obblighi di
pubblicazione in merito al rapporto di lavoro con un duplice obiettivo: da un lato liberare
il datore di lavoro da gravosi obblighi in materia di comunicazioni ai lavoratori, dall’altro
rendere disponibile nei confronti dei lavoratori, nella maniera più immediata ed agevole
possibile, la diretta, aggiornata e puntuale conoscenza della disciplina applicabile al
rapporto di lavoro. Il decreto legislativo n. 152 del 1997 ha recepito la direttiva CEE
91/533, concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle
condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro.
 
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Al comma 1 dell’art. 1 sono elencate, in particolare, le informazioni che il datore di lavoro,
sia pubblico che privato, è tenuto a comunicare al lavoratore.
Tra queste ci sono la durata del periodo di prova (lett. h), il diritto a ricevere la formazione
erogata dal datore di lavoro (lett. i), la durata del congedo per ferie nonché degli altri
congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore (lett. l), la procedura, la forma e i termini del
preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore (lett. m), l’importo iniziale
della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con
l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento (lett. n), la programmazione
dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla
sua retribuzione nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto
di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in parte prevedibile
(lett. o), le informazioni, qualora il rapporto di lavoro non preveda un orario normale di
lavoro programmato, riguardanti la variabilità della programmazione del lavoro,
l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite, la retribuzione per il lavoro prestato in
aggiunta alle ore garantite, le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a
svolgere le prestazioni lavorative, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha
diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia stato pattuito, il termine
entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico (lett. p), gli enti e gli istituti che
ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque
forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso (lett.
r).
La lettera a) del comma 1 del presente art. 45, nell’introdurre il comma 5-bis nel testo
dell’art. 1 del d.lgs. n. 152 del 1997, prevede che l’onere informativo relativo alle predette
fattispecie può ritenersi assolto con l’indicazione del riferimento normativo o della
contrattazione collettiva, anche aziendale, che ne disciplina le materie.
La lettera b), inoltre, nell’introdurre il comma 6-bis nel testo dell’art. 1 del d.lgs. n. 152 del
1997, prevede che, al fine di semplificare gli adempimenti informativi di cui al citato
comma 1 dell’art. 1 del d.lgs. n. 152 del 1997, il datore di lavoro è tenuto a consegnare o a
mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i
 
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contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali nonché gli eventuali regolamenti
aziendali applicabili al rapporto di lavoro.
L’articolo 39 introduce modifiche agli articoli 28, 31 e 35 del decreto legislativo n.
36/2021.
In particolare, la lettera a) del comma 1 introduce modifiche al comma 3 dell’articolo 28,
volte a uniformare gli adempimenti a carico dei datori di lavoro sportivi. Si dispone che
l’obbligo di comunicare ai centri per l’impiego l’instaurazione di rapporto di lavoro
subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, previsto dal vigente
articolo 9-bis, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n. 510/1996, è uniformato alla disciplina
generale delle comunicazioni obbligatorie Unilav di cui all’articolo 1, commi 1180-1185,
della legge n. 296/2006. Come disciplinato dal Decreto del Ministero del Lavoro 30
ottobre 2007, con applicazione del regime sanzionatorio di cui all’articolo 19 del decreto
legislativo n. 276 del 2003, la norma prevede altresì che nel modello Unilav siano inseriti i
dati peculiari dei rapporti di lavoro sportivi dilettantistici, secondo quanto previsto
dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 36 del 2021, che saranno inviati al Registro
telematico delle attività sportive dilettantistiche.
La lettera b) del comma 1 dispone la sostituzione del comma 4 dell’articolo 28. Il nuovo
comma 4 prevede che il Libro unico del lavoro per le collaborazioni coordinate e
continuative sia depositato in modalità telematica presso un’apposita sezione del Registro
delle attività sportive dilettantistiche.
La lettera c) del comma 1 sostituisce invece il comma 5 dell’articolo 28. Con la nuova
formulazione si demanda ad apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri o
dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport – da adottarsi entro il 30 giugno
2023 di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – l’individuazione delle
disposizioni tecniche e dei protocolli informatici necessari alla realizzazione di quanto
previsto dai commi 3 e 4 del medesimo articolo 28. All’adozione di tale decreto è
subordinata l’applicazione di quanto previsto in materia di comunicazione dei rapporti di
lavoro sportivo dilettantistico. La scadenza viene prorogata rispetto all’originario termine
del 1° aprile 2023, introdotto dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 163 del 2022.
 
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Il comma 2 dell’articolo in commento prevede l’abrogazione del comma 8-quinquies
dell’articolo 35 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36: infatti la comunicazione
mensile all'Istituto nazionale della previdenza sociale dei dati retributivi e informazioni
utili al calcolo dei contributi è assolta mediante apposita funzione telematica istituita
nel Registro delle attività sportive dilettantistiche, dal momento che si applicano gli
adempimenti ordinariamente previsti in termini di Comunicazioni Obbligatorie,
Uniemens e tenuta del Libro Unico del Lavoro.
Il comma 3 dell’articolo in esame interviene sull’articolo 31, comma 3, del suddetto decreto
legislativo, prevedendo che, nel caso di mancata adozione da parte delle Federazioni
sportive nazionali e Discipline sportive associate dei regolamenti che disciplinano il
premio di formazione nel caso di primo contratto di lavoro sportivo entro il 31 dicembre
2023, il CONI nomina un commissario ad acta, che vi provvede entro trenta giorni dalla
data di nomina.
L’articolo 40 interviene sul rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia
di servizi sociali. Il comma 1 aggiunge all’articolo 21 del decreto legislativo 15 settembre
2017, n. 147, il comma 11 al fine di istituire, nell’ambito della Rete della protezione e
dell'inclusione sociale, quale organismo di supporto al coordinamento del sistema degli
interventi e dei servizi sociali, un apposito Tavolo di lavoro con funzioni di supporto, di
monitoraggio, di valutazione e di analisi sul fenomeno dei minori fuori famiglia e sui
minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali.
Il Tavolo di lavoro è, inoltre, competente per il rafforzamento del sistema informativo
nazionale di rilevazione e raccolta dei dati sui minori affidati ai servizi sociali territoriali,
anche attraverso la realizzazione di azioni coordinate, finalizzate alla messa a regime del
sistema informativo SINBA.
Il comma 1 individua inoltre la composizione del Tavolo di lavoro, costituito con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e precisa che la partecipazione al Tavolo è
gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso o emolumento comunque
denominato. Il comma 2 interviene sull’articolo 39 della legge 28 marzo 2001, n. 149; la
lettera a) aggiorna i soggetti istituzionali che trasmettono al Parlamento una relazione sullo
stato di attuazione della citata legge; la lettera b) inserisce un secondo comma all’articolo
 
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in argomento per precisare che la citata relazione deve essere integrata da una relazione
annuale specifica, da trasmettere al Parlamento, sulle attività connesse alle comunità di
tipo familiare che accolgono minori, che tenga conto, tra i vari dati, anche delle azioni di
monitoraggio, di valutazione ed analisi svolte dal citato Tavolo di lavoro.
L’articolo 41 prevede, per un periodo di 12 mesi, un incentivo pari al 60% della
retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali a favore dei datori di lavoro che
effettuino, tra il 1° giugno ed il 31 dicembre dell’anno 2023, assunzioni di giovani nelle
seguenti condizioni:
a) che alla data dell’assunzione non abbiano compiuto il trentesimo anno di età;
b) che non lavorino e non siano inseriti in corsi di studi o di formazione (“NEET”);
c) che siano registrati al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione
Giovani”.
Tale incentivo è cumulabile con quello previsto dall’art. 1, comma 297, della legge 29
dicembre 2022, n. 197, in deroga a quanto previsto dal comma 114, secondo periodo, della
legge 27 dicembre 2017, n. 205, e con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di
finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione
degli stessi. In caso di cumulo con altra misura, l'incentivo è riconosciuto nella misura del
20% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore
“NEETassunto.
La norma in argomento, infine, prevede che questo beneficio possa essere applicato alle
assunzioni con contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, ed
al contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, mentre non è fruibile per i
rapporti di lavoro domestico.
 
L’articolo 42 persegue lo scopo di armonizzare le norme in materia LSU/LPU, alla luce
di quanto disposto dall’articolo 1, comma 6, lettera b) del decreto-legge 29 dicembre 2022,
n. 198, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14. Quest’ultimo,
infatti, ha modificato l'articolo 1, comma 495, primo periodo, della legge 27 dicembre
2019, n. 160, prorogando al 30 giugno 2023 le assunzioni a tempo indeterminato degli
 
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LSU/LPU alle condizioni di cui all’articolo 1, comma 446, della legge 30 dicembre 2018,
n. 145.
 
L’articolo 43 interviene sull’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017
prevedendo l’estensione della “clausola di salvezzadi cui all’articolo 8, comma 3, lett. b).
Tale clausola consente agli ETS di poter attingere a “specifiche competenzenecessarie
all’espletamento della missione in deroga al limite retributivo del 40% ed è riferibile ad un
novero limitato di attività di interesse generale (interventi e prestazioni sanitarie,
formazione universitaria e post-universitaria, ricerca scientifica di particolare interesse
sociale).
La medesima clausola non è invece prevista nell’articolo 16, con riferimento al lavoro negli
enti del Terzo settore. Questo disallineamento tra due articoli che disciplinano
sostanzialmente la stessa materia porta gli ETS che operano nell’ambito della ricerca a non
poter usufruire pienamente dell’eccezione che il Legislatore ha previsto espressamente,
conscio delle difficoltà che altrimenti si avrebbero nel reclutare personale altamente
qualificato, magari dall’estero. Infatti le attuali formulazioni degli articoli 8 e 16 del
suddetto decreto prevedono limitazioni quantitative che frenano l’acquisizione di
professionalità nell’ambito degli enti del terzo settore, ove si rileva una significativa
differenza rispetto agli standard retributivi riconosciuti nel settore pubblico e nel settore
privato, con la conseguenza che gli ETS che si occupano di ricerca, pur essendo spesso di
eccellente livello rispetto al panorama internazionale, faticano ad attrarre dall’estero quei
cervelli che invece si vorrebbero far rientrare, anche grazie agli incentivi fiscali previsti
ormai da tempo nelle diverse leggi di bilancio. La problematica assume maggiore rilevanza
con particolare riferimento al settore della ricerca biomedica, nel quale la competizione del
settore privato (in particolare industria farmaceutica e diagnostica) nell’attrarre talenti è
molto elevata.
La modifica normativa agevola gli ETS che finanziano ricerca biomedica e sviluppano
farmaci in settori non raggiunti dagli investimenti privati a dotarsi degli stessi livelli di
professionalità del settore profit.
 
 
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RELAZIONE TECNICA
 
 
Articoli 1 - 11 (GARANZIA PER L’INCLUSIONE)
 
La Garanzia per l’inclusione è istituita a decorrere dal 1° gennaio 2024 ed è riconosciuta,
a richiesta, ai nuclei familiari al cui interno vi sia almeno un componente con disabilità o
minorenne o con almeno sessant’anni di età.
La norma in esame prevede che i nuclei familiari al momento della presentazione della
richiesta e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, siano in possesso
congiuntamente dei seguenti requisiti:
a) con riferimento ai requisiti di cittadinanza, di residenza e di soggiorno, il componente
che richiede la misura deve essere cumulativamente:
- cittadino dell’Unione o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del
diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del
permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;
- al momento della presentazione della domanda, residente in Italia per almeno
cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo;
- residente in Italia;
b) con riferimento alla condizione economica, il nucleo familiare del richiedente deve
essere in possesso congiuntamente di:
- un valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore a euro 7.200;
- un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di euro 6.000 annui
moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;
- un valore del patrimonio immobiliare, come definito ai fini ISEE, diverso dalla casa
di abitazione entro un valore ai fini IMU massimo di euro 150.000, non superiore
ad euro 30.000;
 
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- un valore del patrimonio mobiliare, come definito ai fini ISEE, non superiore a una
soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo
familiare successivo al primo, fino a un massimo di euro 10.000, incrementato di
ulteriori euro 1.000 per ogni minorenne successivo al secondo; i predetti massimali
sono ulteriormente incrementati di euro 5.000 per ogni componente in condizione
di disabilità e di euro 7.500 per ogni componente in condizione di disabilità grave
o di non autosufficienza, come definite a fini ISEE, presente nel nucleo.
Sono inoltre previsti ulteriori limitazioni riferite al possesso di beni durevoli (autoveicoli,
motoveicoli e imbarcazioni da diporto) e in base ad eventuali disposizioni di natura
cautelare.
La scala di equivalenza è pari a 1 per il nucleo familiare ed è incrementata come segue:
0,4 per un componente maggiorenne con carichi di cura (presenza di soggetti con
età inferiore a 3 anni ovvero di componenti con disabilità grave o non
autosufficienti);
0,4 per ciascun altro componente ultrasessantenne o con disabilità;
0,15 per ciascun minore di età, fino al secondo
0,10 per ciascun minore di età, oltre il secondo.
La scala ha un massimo di 2,2 ulteriormente elevato a 2,3 in presenza di componenti in
condizione di disabilità grave o non autosufficienza. Il figlio maggiorenne non convivente
con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori esclusivamente quando è di età
inferiore a 30 anni, è nella condizione di essere a loro carico ai fini IRPEF, non è coniugato
o in unione civile ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, e non ha figli.
Il beneficio economico su base annua consiste in una integrazione del reddito familiare
fino alla soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala
di equivalenza. Il beneficio economico è, altresì, composto da una integrazione del reddito
dei nuclei familiari residenti in abitazione concessa in locazione con contratto ritualmente
registrato, per un importo pari al canone di locazione e fino a un massimo di 3.360 euro
l’anno (tale integrazione non rileva ai fini del calcolo della soglia del reddito familiare).
 
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Per quanto riguarda la durata, la norma prevede che il beneficio sia erogato mensilmente
per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi e può essere rinnovato, previa
sospensione di un mese, per periodi ulteriori di dodici mesi. È inoltre previsto che a
decorrere dall’anno 2026, gli importi del beneficio economico, le relative soglie dell’ISEE,
del reddito familiare, siano adeguati annualmente alle variazioni dell’indice del costo della
vita.
In caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il
nucleo familiare nel corso dell’erogazione della Garanzia per l’inclusione, il maggior
reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico,
entro il limite massimo di tremila euro lordi annui. Sono comunicati all’INPS
esclusivamente i redditi eccedenti tale limite massimo con riferimento alla parte eccedente.
Il reddito da lavoro eccedente la soglia concorre alla determinazione del beneficio
economico, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il
maggior reddito non è recepito nell’ISEE per l’intera annualità. L’avvio dell’attività di
lavoro dipendente è desunto dalle comunicazioni obbligatorie.
Al fine di favorire l’autoimprenditorialità, ai beneficiari che avviano un’attività lavorativa
autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di
fruizione del beneficio è riconosciuto in un’unica soluzione un beneficio addizionale pari
a sei mensilità della prestazione, nei limiti di 500 euro mensili.
Ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari della Garanzia per l’inclusione con
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale, o anche
mediante contratto di apprendistato, è riconosciuto, per un periodo massimo di 24 mesi,
l’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a
carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, con esclusione dei premi e contributi dovuti
all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nel limite massimo
di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. È
anche riconosciuto ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari con contratto di
lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale, per un periodo
massimo di 12 mesi e comunque non oltre la durata del rapporto di lavoro, l’esonero dal
versamento del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori

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