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Referendum Veneto, Zaia: "E' Martina il premier?". Scontro sulle tasse

Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)

"Il significato del referendum di ieri è che le riforme devono partire ascoltando il popolo. Punto"


"Il significato del referendum di ieri è che le riforme devono partire ascoltando il popolo. Punto". Lo afferma ad Affaritaliani.it il Governatore del Veneto Luca Zaia all'indomani della consultazione referendaria che ha visto una partecipazione popolare pari quasi al 60% con una schiacciante vittoria di sì (98%). Zaia manda una breve e chiarissima risposta al ministro Maurizio Martina che si è affrettato a dichiarare 'I soldi delle tasse non sono trattatabili'. La replica del presidente del Veneto è eloquente: "Martina è il presidente del Consiglio?".

"Vedo con piacere che il referendum che non serviva a nulla ed era inutile, gia' fa fare delle belle dichiarazioni al governo". Usa l'ironia il governatore del Veneto Luca Zaia. "Quindi prendo atto che c'e' disponibilita' a trattare - aggiunge - e andiamo a trattare". Il governatore ripete di aver fatto "una battaglia per i veneti. Dietrologie e analisi non mi competono. Noi in Veneto crediamo nell'autonomia e la vogliamo". "Ogni regione oggi puo' tranquillamente fotocopiare la legge del Veneto - aggiunge - e sa che non avra' impugnative costituzionali e potra' celebrare il referendum". Il modello, aggiunge, "non e' quello dell'Emilia Romagna, dunque, "perche' non ha concluso un bel niente, non ha firmato l'intesa come prevede la legge, ma ha firmato una dichiarazione di intenti". Per Zaia, paragonare l'espressione popolare di oltre due milioni e mezzo di cittadini in Veneto a una firma di un documento di intenti di 20 righe, come quello dell'Emilia Romagna, la vedo un po' difficile". "Noi - conclude - tifiamo perche' l'Emilia Romagna abbia 23 materie e non 5, come quelle che sono state richieste. La trattativa non la si fa con le foto opportunity, ma si fa con un disegno di legge che deve essere approvato in consiglio regionale. Ci abbiamo lavorato sopra un anno per cui siamo pronti. Dopo di che, il disegno di legge ha il confronto con il territorio, con gli stakeholders, diventa legge ed e' il contratto che io portero' a Roma per la trattativa".

LE PAROLE DEL MINISTRO MARTINA - "Le materie fiscali — e anche altre, come la sicurezza — non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto, né con la Lombardia e neanche con l’Emilia Romagna, che ha avviato un’interlocuzione con il governo senza passare da un referendum. Non lo dico io: lo dice la Costituzione, con gli articoli 116 e 117 che indicano chiaramente gli ambiti su cui ci può essere una diversa distribuzione delle competenze". Così il ministro Maurizio Martina in un'intervista a Repubblica. "Il dato del Veneto è sicuramente un messaggio chiaro: è un mandato degli elettori, di cui ho grande rispetto, ad aprire una trattativa. Ma per quanto riguarda la Lombardia parlerei, al contrario, di una sconfitta. Nello specifico, di una sconfitta di Maroni", dice ancora.

IL SUCCESSO DI LUCA ZAIA IN VENETO - Luca Zaia vince la scommessa dell'autonomia, e adesso si siedera' con il mandato popolare del referendum al tavolo con lo Stato, per chiedere maggiori poteri in 23 materie, e le conseguenti risorse fiscali. "Penso che con questa elezione - ha detto Zaia - si dimostri che non esiste il 'partito dell'autonomia', ma esistono i veneti che si esprimono a favore di questo concetto". "Vincono i veneti - ha aggiunto - il senso civico dei veneti del 'paroni a casa nostra'. Nell'alveo della Costituzione si possono fare le riforme". Una vittoria senza margini di dubbio quella del governatore leghista, che con il 57,9% di affluenza - ben oltre il quorum del 50%+ uno - ha 'trascinato' anche la Lombardia nel successo autonomista. Il quorum, vigente solo in Veneto per statuto, era il vero target di Zaia. Se non avesse avvicinato il 60% dei votanti - manca ancora lo scrutinio dei voti espressi, ma la vittoria del Si' e' data per scontata - Zaia avrebbe "buttato tutto nel cestino". Non si sarebbe in ogni caso dimesso, ma avrebbe mancato l'investitura popolare forte, e la partita autonomista si sarebbe giocoforza annacquata. Invece il politico trevigiano, vero recordman di preferenze - e' stato eletto presidente con il 60% nel 2010, riconfermato con il 50,4% nel 2015 - ha fatto ancora strike. Le province a trazione leghista, Vicenza, Padova, Treviso, e anche Verona, si sono recate alle urne in gran numero, superando nell'affluenza anche recenti referendum nazionali. Il dato e' stato inferiore solo al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che aveva registrato in Veneto il 76,7% dei votanti. "Noi chiediamo tutte le 23 materie, lo dico subito, e i nove decimi delle tasse" ha puntualizzato Zaia a urne ancora calde, annunciando che gia' domani portera' in Giunta regionale la delibera-quadro (pronta da tempo), per avviare, una volta ottenuta l'approvazione dell'assemblea veneta, la trattativa con lo Stato. "Diventera' il nostro contratto che proporremo al Governo" ha aggiunto Zaia, ammonendo: "Io credo che a Roma si rendano conto di quello che sta avvenendo". Il primo a rispondergli e' stato uno dei suoi maggiori oppositori nel Governo, il sottosegretario Gianclaudio Bressa, che ha sempre sostenuto "l'inutilita'" dei referendum, dato che il tavolo sul "regionalismo differenziato" si puo' aprire semplicemente i sensi dell'art. 116 della Costituzione. "L'esito del referendum in Lombardia e Veneto - ha detto Bressa - conferma l'importante richiesta di maggiore autonomia per le rispettive regioni. Il governo, come ha sempre dichiarato anche prima del voto di oggi, e' pronto ad avviare una trattativa". Tempo pochi giorni, quindi e il Veneto, probabilmente in accordo con la Lombardia, avviera' l'iter formale per il negoziato sulle 20 materie concorrenti (tra queste spiccano il coordinamento della finanza pubblica e tributario, lavoro, energia, infrastrutture e protezione civile) e in tre esclusive dello Stato: giustizia di pace, istruzione e tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'intesa tra lo Stato e la Regione interessata dovra' poi concretizzarsi in una proposta di legge che dovra' essere approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere.