Politica

Referendum, Zingaretti dice 'Sì' ma nel Pd "profondo" cresce il 'No'

Dall’ex tesoriere Zanda a Matteo Orfini, un pezzo di Pd si impegna per il No al referendum. L’Pci Macaluso accusa: “Partito senza linea”

Il giorno dopo la decisione della Direzione dem che ha virato sul Si al referendum relativo al taglio dei parlamentari, nel Pd rimane forte lo scetticismo. Almeno nell’ala non governativa ed extraparlamentare: dall’ex tesoriere Luigi Zanda all’ex presidente Matteo Orfini passando per il volto storico del Pci Macaluso. La relazione del segretario Nicola Zingaretti è passata con 188 voti favorevoli e 13 contrari. A occhio una vittoria schiacciante ma non è sufficiente per dare l’impressione di un partito unito e compatto. "La mancata rettifica della platea che elegge il presidente della Repubblica, la mancata revisione dei regolamenti parlamentari e infine la mancata approvazione di una legge elettorale": questi, dice Luigi

Referendum, Conte: "Aspettavo la decisione del Pd"

"La decisione di votare si' al Referendum è stata presa dai parlamentari in grandissimo numero. Quindi è chiaro che all'interno delle forze politiche ci possa essere discussione e qualche distinguo, però devo dire che era una decisione anche attesa rispetto a quello che era stato il passaggio ultimo parlamentare", ha dichiarato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al suo arrivo a Beirut questa mattina. "Non credo che la maggioranza fosse così agitata per la prospettiva della votazione al Referendum", ha precisato.

Zanda, i motivi per i quali voterà No.

Di fatto, precisa Zanda intervistato dal Corriere della sera, "sono tre provvedimenti concordati all'atto della formazione del governo non utili ma indispensabili come contrappesi del taglio dei parlamentari". Per il senatore dem "il taglio secco dei parlamentari senza alcun contrappeso può far pendere la bilancia verso l'antiparlamentarismo anche al di là della volontà di chi voterà per il Sì". Quindi Zanda osserva che "mancano poco più di due anni alla fine della legislatura e in mezzo abbiamo il semestre bianco e l'elezione del presidente. E siccome le modifiche dei regolamenti del Parlamento e della platea che elegge il capo dello Stato sono provvedimenti per i quali la Costituzione prevede maggioranze e procedure molto più pesanti rispetto alle leggi ordinarie il tempo che abbiamo è veramente poco". Infine, afferma Zanda, "finora è mancata la volontà politica perché' il taglio dei parlamentari doveva esser l'ultimo atto del processo".

"Era già tutto deciso per il Sì. In genere si discute prima negli organismi e poi si vota. Qui è accaduto il contrario". È con questa motivazione, confessata in un'intervista a la Repubblica, che Matteo Orfini ha disertato insieme ai suoi compagni di corrente il voto sul Referendum durante la Direzione del partito ieri. Ma i militanti dem come si comporteranno? Alla domanda del quotidiano , Orfini risponde: "Penso in maggioranza per il No", perché' "è una battaglia a difesa della dignità della politica e delle istituzioni", aggiunge, precisando anche che la battaglia per la riduzione del numero dei rappresentanti le due assemblee di Camera e Senato va combattuta "nell'ambito del superamento del bicameralismo, nel quadro di una riforma del Paese" ma "ma ciò non avverrà in questa legislatura", assicura.

"Il Pd è un animale strano, non ha una struttura territorialmente diffusa, non tiene congressi, non seleziona classe dirigente. E', al più, un partito-movimento, un'organizzazione inedita in occidente". In un colloquio con Il Foglio lo storico ex dirigente del Pci Macaluso spiega che "un partito che vota tre volte no" alla riduzione del numero dei parlamentari "e alla quarta sì' non ha una linea". E sottolinea: "Zingaretti ha sottovalutato il carattere antiparlamentare dei 5 stelle che identificano il Parlamento con le poltrone" mentre "il Pd dovrebbe essere un pungolo per far maturare questi ragazzi privi della benché' minima cultura politica, invece non succede nulla". Quindi il No di Macaluso riguarda il fatto che "non si può intervenire con un taglio pasticciato senza un progetto più ampio di revisione costituzionale" cosicché' "l'istituzione parlamentare perderà capacità di rappresentanza senza guadagnare efficienza".