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Russia-Ucraina: Pd con Biden, FI tiepida, imbarazzo Lega, 5S divisi, FdI...

Di Alberto Maggi

Russia-Ucraina: l'impatto dell'escalation sui partiti italiani

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Il riconoscimento delle repubbliche separatiste filo-russe del Donbass da parte di Vladimir Putin e la scontata reazione di Usa-Gb-Ue con le sanzioni contro Mosca impattano direttamente sulla politica italiana. Nessuno si schiera apertamente con il Cremlino, se non il comunista-leninista Marco Rizzo, ma le differenze tra i partiti sono notevoli. I più filo-americani di tutti sono sicuramente gli esponenti del Partito Democratico. A Enrico Letta manca solo di indossare la maglietta a stelle e strisce (alla faccia dell'antico legame tra il Pci e Mosca).

I Dem, primi sostenitori di Sleepy Joe Biden, presidente degli Stati Uniti d'America, hanno subito chiesto una risposta forte e decisa contro Putin, allineandosi alla richiesta di pesanti sanzioni economiche contro la Federazione Russa. Questa volta il Pd si ritrova in compagnia del suo ex segretario, Matteo Renzi. Per Italia Viva quanto fatto da Putin è un "atto gravissimo". D'accordo anche il leader centrista di Azione Carlo Calenda, che ha parlato di "un'operazione illegale".

Restando nella maggioranza, Forza Italia, pur confermando l'amicizia atlantica con la Casa Bianca, per bocca di Antonio Tajani ha sottolineato che la risposta deve essere anche diplomatica. Senza quindi abbandonare la strada del dialogo con Mosca. D'altronde nessuno può dimenticare l'amicizia personale tra Silvio Berlusconi e il presidente Putin culminata con la storica intesa Usa-Russia di quindici anni fa a Pratica di Mare.

Il Movimento 5 Stelle, come sempre, non ha una sola posizione. Luigi Di Maio, che di mestiere fa il ministro degli Esteri del governo Draghi, è stato attivissimo a Bruxelles insieme ai partner Ue nel chiedere e preparare le sanzioni contro Mosca. L'ex premier Giuseppe Conte, leader azzoppato dei grillini, ha invece sottolineato come si debbano tenere "aperte tutte le finestre diplomatiche", smarcandosi quindi dalla linea di totale fermezza del suo alleato numero uno Letta.

Sul fronte Lega è evidente l'imbarazzo di Matteo Salvini che, nonostante le molte domande, nel pomeriggio di martedì ancora non aveva commentato l'escalation Russia-Ucraina. Salvono poi rompere il silenzio dopo le 17, e dopo un lungo e complesso travaglio, per affermare che non approva "nessuna invasione in casa altrui" e che "lavoriamo per pace dialogo", sperando che Draghi si rechi presto sia a Kiev sia a Mosca. In precedenza, per il Carroccio a parlare era stato il responsabile Esteri del partito, Lorenzo Fontana, secondo il quale "le sanzioni sono una via percorribile ma occorre stare attenti che non diventino un boomerang". Le sanzioni? Per Salvini sono "l'ultima soluzione". Evidente l'imbarazzo.

Al di là del legame sancito negli anni passati, quelli del sovranismo pre-Draghi, con Russia Unita, il partito di Putin, Salvini sta martellando sul tema del caro-bollette da due mesi e oggi non può certo sposare in pieno la linea delle sanzioni che danneggeranno moltissimo proprio imprese e famiglie italiane. Ma Salvini non può nemmeno schierarsi con il Cremlino, primo perché mezzo partito, guidato da Giancarlo Giorgetti, è apertamente filo-americano e in secondo luogo perché in Via Bellerio sanno benissimo che senza un solido rapporto con Washington in Italia non si andrà mai a Palazzo Chigi (e Salvini ha ancora questa ambizione). E, comunque, la Lega non può nemmeno aprire un altro fronte di scontro nel governo dopo le recenti divisioni.

Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, infine da Giorgia Meloni. La destra italiana storicamente non è mai stata filo-Usa, ma la leader di Fratelli d'Italia il riconoscimento unilaterale del Donbass da parte della Russia aggiungendo però che la politica di espansione della Nato verso Est da parte della Casa Bianca - attenzione, di Obama e Biden, non di Trump - è stata del tutto sbagliata.

 


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