Politica

Salis e Vannacci sono l'antipolitica. Due facce della stessa medaglia...

di Simone Rosti

Sinistra e destra usano strategie simili

Conta essere personaggi visibili, divisivi, simboli, che sanno cavalcare i trend del momento con un orizzonte temporale di brevissimo periodo

 

La candidatura alle europee di Ilaria Salis e quella probabile di Vannacci sono la dimostrazione che sinistra e destra usano strategie simili: quella di cavalcare personaggi diventati pubblici per averne un tornaconto elettorale. Entrambi, Salis e Vannacci, pur provenendo da mondi che più diversi non potrebbero essere, hanno il dolente punto comune di essere la rappresentazione ridicola delle candidature. Qui non è in discussione il livello qualitativo dei due personaggi, o il loro valore simbolico (più o meno nobile), ma la coerenza per un certo ruolo che dovrebbero ricoprire, soprattutto in un ambito internazionale.

Ha ragione De Bortoli che sul Corriere di qualche settimana fa lamentava proprio l’indolenza di partiti che preferiscono le scorciatoie per prendere voti anziché puntare su personaggi con il background (di studi, di esperienze, ecc.) necessario per un minimo di autorevolezza nelle istituzioni europee. Ci ricordiamo tutti la figuraccia di Giarrusso dei 5 Stelle quando tentò di parlare in inglese abdicando miseramente. Certi mestieri non si improvvisano, il consenso non può essere sempre un lasciapassare, l’arte nobile della politica e dei partiti seri dovrebbe essere quella di costruire o reclutare una classe politica in grado di interloquire sui vari temi della pubblica amministrazione, dell’economia, della contabilità dello Stato, della giurisdizione europea, del mercato dei capitali, del diritto del lavoro, della sanità, di tutto questo non c’è più l’ombra.

Conta invece essere personaggi visibili, divisivi, simboli, che sanno cavalcare i trend del momento con un orizzonte temporale di brevissimo periodo, tutto il contrario di quello che invece la politica dovrebbe fare: gestire il presente programmando il futuro senza far pagare il conto alla categoria più penalizzata dal dopoguerra, i giovani.