Politica
Agriturismi al collasso: valgono 1,5 mld e il governo boccia ogni emendamento
Aiuti emergenza Covid: esclusi agriturismi. Al collasso. Valgono 1,5 mld del Pil e tanti lavoratori. Ma il governo boccia ogni emendamento per aiutarli
Nell’intricata rete dei sostegni alle imprese e alle attività produttive per l’emergenza Covid sono, di fatto, rimasti esclusi gli agriturismi, almeno quelli veri.
“Ci siamo riempiti la bocca del valore del turismo, dei prodotti locali genuini, della valorizzazione dei territori ma ci troviamo abbandonati a noi stessi”, spiega ad Affaritaliani.it Lorenzo Melioli, ex presidente di Confagricoltura Reggio Emilia e proprietario de “Il Bove” a Reggio. “Il 90% degli agriturismi italiani non avrà nulla e risulteremo anche soggetti economici che non hanno subito danni durante il Covid, ma ci rendiamo conto?”, racconta.
Il riferimento, neanche troppo velato, è all’ennesima esclusione. In questo caso dall’accesso ai 32 miliardi del Decreto Sostegni del governo Draghi. Già esclusi da altri aiuti come da agevolazioni bancarie e da contributi per la riduzione dei dipendenti o di chi ci lavora, gli agriturismi rischiano il collasso. Eppure sono un nocciolo essenziale dell’economia del nostro Paese. Valgono, per l’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente che affianca anche le Regioni), 1 miliardo e mezzo del nostro fatturato nazionale, con un tasso di crescita del 2,5%. Gli agriturismi, per come sono stati pensati nel nostro Paese, sono una particolarità. Un agriturismo è un'azienda agricola che opera nel settore turistico offrendo vitto e alloggio ma partendo dal territorio locale. L’attività nasce per sostenere il comparto agricolo dei territori. I prodotti somministrati dovranno essere prevalentemente coltivati nella tenuta che deve rimanere l'attività principale dell'azienda. Quindi nell'agriturismo mangi le cose che vengono coltivate in quella azienda e non altre. Esistono Comuni anche con 100 agriturismi. Il 62,6% dei Comuni italiani ospita almeno un agriturismo, quota che supera il 97% in Toscana. Altre regioni a maggior diffusione sono l’Umbria (96,7%), le Marche (87,7%), il Trentino-Alto Adige (83,2%), l’Emilia-Romagna (82,3%) e sono diventati essenziali per il lavoro femminile, principalmente occupato nel settore, e al Sud, dove sono diventati fonte di reddito essenziale per migliaia di famiglie.
Il problema è anche giurico-legale. Gli aiuti governativi vengono dati basandosi sulla perdita di fatturato delle attività. Il fatturato, in questi casi, è un dato per comprendere davvero le perdite? Un esempio. Prendiamo un agriturismo che ha un vigneto. Il vigneto è entrato in produzione quest’anno. L’agriturismo ha aumentato il fatturato. Ma è un lavoro, quello del vigneto, che è stato messo in piedi negli anni. Quindi risulterà che durante la pandemia quell’agriturismo abbia addirittura accresciuto il proprio fatturato. In realtà non è il vigneto che procura i ricavi dell’agriturismo. Col vigneto ci sono un sacco di spese e una marginalità molto bassa. Di denaro ne resta poco in cassa. Gli utili dell’agriturismo derivano dalla lavorazione dei prodotti, che vengono somministrati come cibo alla clientela, e dall’attività alberghiera. Ma essendo stato tutto bloccato per il Covid questo tipo di entrate sono state azzerate. Così tra la legge che inquadra i bilanci degli agriturismi e i meccanismi coi quali si sono pensati gli aiuti si rischia di facilitare solo quelli fittizi (che pur ci sono), cioè quelli che impartiscono agli avventori prodotti acquistati a basso prezzo altrove, fingendo siano prodotti propri, come fanno per capirci i cosiddetti ristoranti di campagna o gli alberghi di campagna.
“Come agriturismi siamo aziende agricole che hanno la stessa partita Iva con contabilità separate, dal punto di vista agricolo e dal punto di vista agrituristico. Ma abbiamo una sola partita Iva perché siamo una sola azienda”, spiega ancora Melioli, “viene fatto il calcolo delle perdite su tutto ma considerando che le attività sono completamente diverse i numeri non risultano reali e rischiamo di perdere anche quei pochi e limitati aiuti che potrebbero darci. Il mio agriturismo ha perso il 40% di quello che entrava”.
Il rischio quindi, con meccanismi tanti irreali, è proprio di favorire gli agriturismi fittizi.
Così, in modo bipartisan, molti parlamentari, ma anche le associazioni di categoria come Confagricoltura e Coldiretti, sono intervenuti per cambiare i meccanismi di calcolo dei ristori.
Alla fine, sia alla Camera che al Senato, è rimasta solo l’ opposizione di Fratelli d’Italia a cercare, con un emendamento, presentato dai senatori Luca De Carlo, Nicola Calandrini, Fabrizio La Pietra e Andrea De Bertoldi, di modificare il meccanismo. “Per i titolari di reddito agrario la verifica della riduzione del fatturato, di cui al primo periodo, può essere effettuata con riferimento a quello relativo alle sole attività connesse, di cui all'articolo 2135 del Codice civile”, proponeva l’emendamento. Ma con la fiducia, giustapposta dal governo Draghi, ogni emendamento è caduto. Ora lo stesso scenario rischia di ripetersi martedì prossimo alla Camera, dove ha sollevato il problema il deputato, ora di Fratelli d’Italia, Gianluca Vinci. Così ha commentato ad Affaritaliani.it la vicenda, chiedendo alla maggioranza un cambio di atteggiamento: “Il Governo continua a ignorare molte imprese del territorio che fanno economia rispettando le regole, è veramente grave che continui a sbagliare anche quando gli errori vengono segnalati come in questo caso”.