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Salvini: “Il Ponte sullo Stretto si farà”. Il merito? E' anche di Di Pietro
Quando Di Pietro mi disse di non volere chiudere la Società Ponte sullo Stretto
Salvini: “Il Ponte sullo Stretto si farà”. Sconfitti i “professionisti del dubbio”
La “Finanziaria” parla chiaro: il Ponte sullo Stretto di Messina finalmente si farà dopo millenni di tira e molla. Sì, proprio millenni, non si tratta di una esagerazione, visto che il primo progetto data l’antichità romana tramite una serie di imbarcazioni connesse tra loro. “Dopo settimane di chiacchiere a vuoto e di ragionamenti di vari analisti, posso dire che c’è la copertura per il collegamento stabile dalla Sicilia, all’Italia e all’Europa”, così il leader leghista.
Dopo l’approvazione della legge di Bilancio il vicepremier e ministro delle Infrastrutture ha tenuto una conferenza stampa in cui ha dato maggiori dettagli ai tanti “professionisti del dubbio” che negli ultimi tempi avevano addirittura messo in forse la possibilità che il progetto fosse veramente finanziato, anche cercando di seminare zizzania tra gli alleati del governo di centro – destra, ad esempio paventando una contrapposizione tra Giorgia Meloni e FdI da una parte e Matteo Salvini e la Lega dall’altra. Ha così continuato il ministro: «C’è l’intera copertura per 12 miliardi. Ora avremo interlocuzioni con la Bei, però si parte”.
Ma la domanda che sorge spontanea è: visto che la manovra è di circa 24 miliardi come fa il Ponte ad assorbire da solo metà dell’intera cifra? Dubbio corretto a cui però risponde prontamente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Come tutte le opere pubbliche, il Ponte è finanziato per l’intero ammontare, che sono 12 miliardi nella proiezione pluriennale. Sono stanziati nell’orizzonte temporale dei primi tre anni le prime tre quote a salire. La collocazione temporale risente della tempistica, che prevediamo realisticamente si possano dispiegare: sono prevalentemente concentrate nel 2025 e 2026”.
Dunque si tratta un finanziamento progressivo spalmato su un orizzonte temporale adeguato e il ruolo della Bei (Banca europea degli investimenti) sarà importante. La soddisfazione del leader leghista era evidente e ne ha tutte le ragioni vista l’incredibile diatriba che si trascina su questa opera infrastrutturale assolutamente determinante per collegare la Sicilia all’Italia e quindi all’Europa portando lavoro e ricchezza.
In maniera operativa già ci pensò Ferdinando II re delle Due Sicilie a realizzare un ponte nel 1840 ma i costi dell’opera lo dissuasero. Come dicevamo la prima idea parte dagli antichi romani ma fu solo dopo l’Unità d’Italia che si cominciò a fare sul serio. La palla passò quindi ai Savoia dell’Italia unita i cui ingegneri studiarono anche i progetti di Napoleone per un tunnel sotto la Manica.
Pure il fascismo si interessò al progetto nel 1934 ma l’imminente conflitto consigliò il rimando. Nel dopoguerra, a partire dal 1952, i progetti ripresero e vissero un periodo di operatività durante il cosiddetto boom economico. Nel 1971 il governo Colombo approvò la costituzione di una società di diritto privato a capitale pubblico concessionaria per il progetto. Nel 1985 l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi dichiarò: “Il Ponte sarà presto fatto”. Nel 2005, durante il Berlusconi III, sembrava fatta con l’Impregilo S.p.A. che firmò ufficialmente il contratto insieme ad altre aziende a lei sottoposte. Però, poco dopo, si insediò il governo Prodi II che bloccò nuovamente il progetto su basi puramente ideologiche. Nel 2007 il governo Prodi stava per ritirare l’appalto esponendosi ad una penale di 500 milioni di euro ma l’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si oppose, insieme al centrodestra.
Quando Di Pietro mi disse di non volere chiudere la Società Ponte sullo Stretto
Chi scrive era allora il Consigliere politico per le Grandi Opere Infrastrutturali del ministro Di Pietro e posso raccontare come il clima dei consigli dei ministri di allora fosse incandescente in quanto si contrapponevano due visioni opposte dello sviluppo del nostro Paese. Da una parte c’era Di Pietro che era per sviluppare il più possibile le infrastrutture strategiche, dall’altro c’era Pecoraro Scanio portatore di quella ideologia della “decrescita felice” che produsse –e ancora produce- enormi danni al nostro Paese. L’idea base era di essere dei “no tutto” per lucrare voti in quell’area improduttiva dell’Italia che sotto la scusa dell’ecologia bloccò –e blocca tutt’ora- lo sviluppo del nostro Paese. Si arrivò addirittura a spiegare –sempre in cdm- che la realizzazione del Ponte avrebbe turbato la migrazione degli uccelli!
Pecoraro Scanio voleva chiudere definitivamente la Società Ponte sullo Stretto ma noi ci opponemmo e procedemmo ad accorpare la Società all’Anas, limitandoci solo a ridurre il numero dei dipendenti e così evitammo di pagare le penali, ma soprattutto mantenemmo in vita il progetto.
Ricordo che Di Pietro, a tal proposito, un giorno al ministero mi disse che questo avrebbe permesso “a chi verrà dopo di noi” e intendeva Berlusconi e il centro – destra, di proseguire il meritorio progetto del Ponte. E così infatti è stato. Ebbene, dopo tanti anni, ora il ministro Salvini sta andando a realizzare questo gravoso impegno che però cambierà anche la percezione geopolitica dell’Italia nel mondo.