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Politica
Salvini stia attento ai riciclati: il monito dal Sud Italia

Di Andrea Lorusso (@andrewlorusso)

Un sondaggio fruibile da ieri della SWG, ci da una Lega in ascesa fenomenale, primo partito d’Italia con il 32,2% dei consensi, ed un M5S che dopo i fasti del 04 Marzo ha difficoltà ad imporsi sulla scena politica, in affaticamento al 28,3%.

Tuttavia, se avessimo voluto tastare con mano il nuovo corso salviniano del Paese, sarebbe bastato affacciarsi alla festa di Pontida questa estate, dove l’organizzazione, i fusti di birra, e la marea di gente rispetto agli scorsi anni, si sono moltiplicati come in una parabola cristica.

Eppure tra tutti sti pani e sti pesci, possono insidiarsi anche delle mele marce, in fondo quando vogliono banchettare in troppi è facile che si nasconda qualche trappola. Specie al Sud, dove sotto l’etichetta dell’imperioso e fresco Sovranismo, si maschera col cerone qualche trombone secolare con assessorato ai loschi affari d’ufficio.

Non visibili, se non con la lente d’ingrandimento del vicinato più prossimo, però nemmeno da non sottovalutare onde evitare l’epidemia. Il leader leghista sin dai principi dell’avventura di “Noi con Salvini” era stato chiarissimo sugli ingressi, con una dogana attenta ai curriculum.

Nonostante ciò quando la bolla di crescita diviene esponenziale, si perde ovviamente il controllo microscopico su tutta la filiera, e i dirigenti locali spesso sono conniventi con alcune logiche. Fa specie in tanto l’adesione di massa delle seconde, terze e quarte fila, di Forza Italia, cosa avvenuta ad esempio in Puglia, dove anche buona parte del feudo un tempo devoto a Raffaele Fitto arma e bagagli s’è convertito al #PrimagliItaliani.

Per carità, ci saranno anche dei dirigenti di qualità, ma sarebbe più auspicabile fare crescere il Movimento con chi l’ha cullato sin dagli albori, chi veniva denigrato e dileggiato nei propri territori, ostacolato ed isolato, e soprattutto, con chi ha radici solide e non usa i tornelli del cambio di casacca come continua strategia di sopravvivenza.

Anche perché senza scomodare ampi spettri delle sinapsi, verrebbe da chiedersi come avrebbero inciso e cosa abbiano fatto in questi anni. Se avessero amministrato bene o se qualcuno si fosse ricordato di loro, non sarebbero stati spazzati via dal popolo elettore - stanco di una stagnazione latente - mentre ora tentano di tornare in auge sotto il cognome, questo sì, autenticamente ammodernatore di Matteo Salvini.

Grazie alla forza del brand oggi il partito ha l’occasione di sganciarsi dai signori del voto, non commettendo l’errore berlusconiano di finire un ventennio di Governo senza una sola personalità che si ricordi degna di nota, eccetto lo stesso Cavaliere. Repetita iuvant.

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