Politica
Silvio? “Nun c’è trippa pe’ gatti”: il partito conservatore se lo può scordare
Il sogno di Berlusconi (in caduta libera nei sondaggi) di formare un grande partito conservatore nel Cdx, spento da Meloni
Grande partito conservatore: Berlusconi ci prova, ma Meloni risponde picche
Tutto è cominciato qualche giorno fa quando Silvio Berlusconi ha pubblicato un lungo post su Facebook in cui per presenta la candidatura di Francesco Rocca nel Lazio, tra l’altro diceva che: "Il centro-destra è tornato a governare il paese e guida la maggior parte delle Regioni italiane. La nostra è una coalizione unita, credibile, fatta di rapporti leali fra forze politiche diverse ma capaci di lavorare insieme da quasi trent’anni. Una coalizione che un giorno potrebbe essere un partito unico, sul modello dei Repubblicani americani, senza perdere in nessun caso il suo carattere plurale che valorizza storie diverse, culture diverse, linguaggi diversi capaci di confluire in un progetto comune".
Del tutto evidente il tentativo, peraltro neanche molto nascosto, di rilanciare quello che fu il Partito della Libertà (PdL) fondato il 29 marzo del 2009 con l’unione di Forza Italia e Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini. Nel 2010 Gianfranco Fini lasciò il partito dopo il celebre “Altrimenti che fai? Mi cacci?”, rivolto al Cavaliere e fondò Futuro e Libertà che insieme ad Alleanza per l’Italia, di Francesco Rutelli, cercò di costituire una sorta di Terzo Polo ante litteram.
La Meloni ed altri finiani restarono invece fino al 16 dicembre 2012 quando l’attuale Primo ministro e Guido Crosetto decisero di fondare un nuovo partito, Fratelli d’Italia, a cui aderirà qualche giorno dopo anche Ignazio La Russa. Pochi mesi fa Fini ebbe a dichiarare che i tre avevano ragione e lui torto. Da allora le vicende sono note: continua crescita di FdI e continua decrescita di Forza Italia. Del resto la Meloni ha fatto una scelta azzardata ma coerente: è stata fuori da tutta la penultima legislatura, al contrario di Salvini e Berlusconi.
Torniamo al presente. La proposta di Berlusconi inoltrata cautamente via social non ha certo irretito o convinto Giorgia Meloni che ha lestamente replicato a scanso di equivoci: "In Italia c’è già un grande partito conservatore, è un partito che tutti i sondaggi danno stabilmente sopra il 30 per cento e che alle Europee può ambire ad arrivare al 35-36%. Si chiama Fratelli d’Italia". Una decisa e inequivocabile marcatura di territorio che gela sul nascere le speranze e i sussulti del Cavaliere che sta cercando di recuperare consenso e soprattutto un ruolo nel centro – destra.
Infatti, a causa di quella ironia di cui il destino è ampiamente dotato, è stato proprio lui a sdoganare il Movimento Sociale Italiano, erede del fascismo, quando fece un inaspettato endorsement a Gianfranco Fini nella sfida con Francesco Rutelli per le elezioni del Sindaco di Roma. "Se fossi a Roma voterei per Fini", così disse Berlusconi all’inaugurazione di un supermercato di sua proprietà a Casalecchio di Reno il 23 novembre 1993. La dichiarazione resa ad una giornalista dell’Ansa, Marisa Ostolani, deflagrò immediatamente in Italia e nel mondo facendo riporre nel guardaroba le simpatie che fino allora aveva mostrato Berlusconi per il centrista liberale Mario Segni, in arte “Mariotto”.
Vinse Rutelli ma il dado era stato tratto e la strada segnata. Una epoca storica era definitivamente finita dopo il ventennio nero di Benito Mussolini. Altri tempi. Ere geologiche fa. Ora la situazione è completamente diversa. E il triangolo equilatero storico del centro – destra, composto da FdI, FI e Lega si è progressivamente e topologicamente trasformato, anzi deformato, in un triangolo isoscele composto da un vertice altissimo, la Meloni, e una base ristrettissima, Salvini e Berlusconi.
Antonio Tajani, anche oggi, ha ribadito che “il cantiere è aperto”, strizzando l’occhio a Matteo Renzi e al Terzo Polo che sta seguendo la politica democristiana dei due forni tenendo contemporaneamente contatti anche con via della Scrofa. I numeri però sono quelli snocciolati dal premier con FdI stabilmente sopra il 30% e i due alleati stabilmente sotto il 10% e finché le percentuali sono queste, dice romanamente la bionda politica di Mostacciano: “Nun c’è trippa pe’ gatti”, anche se il senatore toscano tentasse qualche sortita ostile.