Politica

Trump, l'errore di Renzi sugli Usa. Ora il premier deve cambiare sui migranti

Di Giuseppe Vatinno

Renzi e un’allegra brigata che comprendeva guitti come Benigni si era fatta qualche tempo fa un viaggetto a Washington e una cenetta alla Casa Bianca il luogo del Potere ideale per un ex contestatore del potere stesso (eterogenesi dei fini) come il comico della “Costituzione più bella del mondo” divenutone poi acerrimo nemico in virtù di qualche probabile vantaggio personale (però la multa per andare contromano l’ha dovuta pagare lo stesso e poi nel giorno del suo compleanno).

Renzi ha cenato con Obama, le mogli hanno descato insieme e poi tutti a saltellare contenti tra l’erbetta fresca del prato presidenziale della residenza istituzionale dell’uomo più potente del mondo, mentre la classe media Usa e italiana non ce la fa ad arrivare a fine mese.

Renzi da Obama per sostenere la Clinton in cambio del sostegno al suo referendum istituzionale del 4 dicembre; un discorso a tre, una partita doppia di dare/avere, una passerella per Benigni e Paolo Sorrentino, oscar per la Grande Bellezza che poteva risparmiarsi la marchetta elettorale. Forse quel giorno di ebrezza del potere non ha fatto percepire al gruppetto italiano quello che stava accadendo; forse l’odore acre dell’erbetta presidenziale appena tagliata per l’ “ospite italiano” dal primo Presidente nero della storia americana ha fatto perdere l’attenta bussola dei conti del premier toscano che questa volta non ha fiutato il pericolo e si è compromesso con la più grande débâcle storica del Partito Democratico Usa coinvolgendo, tra l’altro, anche il nostro Paese e appaiono vieppiù tartufesche le dichiarazione del ministro degli Esteri Gentiloni e del Premier sull’elezione del repubblicano Trump.

Ora Renzi deve cambiare rotta; l’aveva già cominciato a fare da qualche tempo per non perdere il referendum costituzionale del 4 dicembre e per avere buoni rapporti con gli “amici americani”. Da qualche tempo Renzi fa la voce grossa con l’Europa e sui migranti ha cominciato a capire che il buonismo integrale non paga e che la gente si è semplicemente stufata di prendersi carico oltre che dei propri rilevantissimi problemi anche di quelli degli altri.

Non è razzismo, è buon senso. La vittoria di Trump e dei suoi valori consiglierà al premier nostrano una sostanziale “inversione ad U” della politica sui flussi migratori pena pagarne un ingente costo elettorale con un rafforzamento immediato di Grillo e Salvini. Renzi queste cose le sa bene e sa che la gente potrebbe clamorosamente voltargli a breve le spalle con la stessa facilità con cui l’acclamò vincitore delle primarie del Pd e poi vincitore con oltre il 40% delle Europee.

Sa anche che con Trump al potere prende il volo il suo asse preferenziale con la Casa Bianca e del suo progetto di sostituire la Gran Bretagna con l’Italia come riferimento europeo. Una giornata triste per Renzi e il suo staff che ieri, a coronamento della sua opera, ha anche fatto una clamorosa gaffe su una foto di un disabile che non doveva comparire a rovinare il quadro idilliaco di una sua uscita pubblica.

Ecco, dottor Renzi, questo è forse il motivo perché la Clinton ha perso. Un buonismo di facciata a cui mai corrisponde una verità di sentimenti. La retorica del diverso purché non rompa le palle alla sua immagine. E poi occorrerebbe che il capo staff Filippo Sensi facesse un po’ più di attenzione a quello che esce sui social perché gli italiani non sono fessi…